Sal il professore e i desideri infranti

A Puerto Cabello, lì sul porto, a guardare l’Oceano, mi veniva continuamente in mente, e poi più volte durante questi anni, una canzone. Perché proprio quella e non altre, l’ho capito pian piano, mentre gli anni scorrevano inesorabili. Cercavo di capire chi erano gli eroi,, se eroi ci fossero mai stati. Chi sono gli eroi, se ci sono?»*.

La canzone è “Heroes” di David Bowie ma la storia che vi voglio raccontare è un’altra,
quella di Sal il professore.

Quando ho ricevuto la telefonata riguardo Sal era presto e ancora buio pesto ma non
tanto da farmi trovare assonnato, e nemmeno sorpreso. Lo sapevo che prima o poi quello
squillo sarebbe giunto ma non in così poco tempo a dir la verità.

Vi voglio raccontare di Sal il professore perché la sua era la vita, classica e ordinaria dei lavoratori di oggi, di questo maledetto mondo del lavoro che ci avvolge tutti, stretti stretti. Lui, precario in una fabbrica conserviera, incarnava quello che è il tipico lavoratore dell’era contemporanea: laureato, a tempo determinato e con famiglia. E poi Sal aveva un sogno, quello di uscire dalla fabbrica e fare quello che più desiderava, insegnare. E poi aveva un desiderio di riserva, al ribasso, essere assunto a tempo indeterminato in quella stessa azienda conserviera.

Non pensiate che coltivava solo sogni e desideri, anzi. Sal, insieme a me e a tanti altri ha lottato, tra alti e bassi, con ansie e paure, tipiche di chi vive quella condizione, di migliorare la condizione sua e della sua famiglia e quella degli altri suoi colleghi. Volevamo togliere la gestione anomala di quel mercato delle vacche ridando dignità a quei lavoratori, norme e quindi legalità. Contro chi pratica il mercato del lavoro nelle aziende, contro chi non vuol far passare gli accordi per la stabilizzazione di qui lavoratori, contro chi cerca di annullarti a tutti i costi e non ci riesce, e non ci è riuscito. Avevamo però un nemico chiaro e ben visibile, quel sindacato, il nostro.

Non pensate stia impazzendo, ma in questo caso l’azienda non c’entra nulla, l’accordo
lo aveva firmato quindi si era presa le proprie responsabilità. Coloro che hanno fatto di
tutto per farlo saltare sono stati altri (e ci sono riusciti), quel sindacato, quegli uomini e
quelle donne che hanno la responsabilità di aver distrutto i sogni, i desideri e le speranze
di coloro che tanto ci avevano sperato. Ma questa è una storia che abbiamo cominciato
già a raccontare.

* L’incipit è stato preso dal libro “Mi chiamo Thiago” di Oliva e Sorrentino.

Mimmo Oliva