Dirigente ASL affama cerebroleso

Questo potrebbe essere il titolo di un articolo di prima pagina, se a scrivere fosse un
giornalista di qualche testata nazionale. Non mi piacciono le frasi scioccanti e ho sempre
rifiutato il giornalismo dei titoloni ma la vita, a volte, ti impone cambiamenti di rotta.

Mi chiamo Alessia e ho una splendida madre per cui la vita è stata una tempesta di sentimenti, impegni e lotte tale da farle desiderare, almeno inconsciamente, un po’ di riposo. Probabilmente con la vita, si sono capite male. Circa due anni e mezzo fa, è stata colpita da un terribile ictus che le ha affogato mezzo cervello facendole perdere deglutizione, parola e mobilità. Mia madre nonostante tutto c’è!

Mia madre è una vera guerriera, con le sue giornate no, le sue cadute e i momenti in
cui, probabilmente, avrebbe preferito non svegliarsi, ma apre gli occhi tutte le mattine e
le sue sopracciglia raccontano emozioni ancora vive e forti.

Dettagli tecnici. Mia mamma ha una PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea),
per chi non ha idea di cosa si tratti, vi dico che è un tubicino che permette a chi non riesce
più a deglutire, di alimentarsi adeguatamente. Può passare solo cibo in forma liquida/
cremosa. Nel caso specifico, mia madre necessita di una alimentazione particolare che
permetta al suo corpo di recuperare peso e rimarginare le piaghe che le attente cure e i
meravigliosi supporti forniti dalla struttura sanitaria le hanno fatto venire.

Il piano alimentare è stato prescritto, quattordici mesi fa, da un diabetologo dell’ospedale di competenza, approvato dalla nutrizionista del territorio di competenza e ordinato dalla infermiera. Negli ultimi cinque mesi questa nutrizione viene fornita in quantità molto inferiori rispetto al piano terapeutico previsto, approvato e richiesto. Effetti? Mal di stomaco, pressione alta e ansie dell’infermiera, della caposala e mie che, ogni volta, devono battersi contro l’idiozia, la microcefalia e la mala fede delle persone che sono preposte alla gestione delle nutrizioni.

E quindi? Io sono una libraia di un paesino fra le colline umbre. Non sono un manager di alto livello, ma nella mia piccola esperienza so che se ho una richiesta mensile di dieci penne rosse, nel mio magazzino devo tenerne almeno quindici, in modo che posso far fronte all’eventuale incremento di richiesta, evitando di far mancare penne a chi quotidianamente ne fa uso. Inoltre, se il mio fornitore impiega due settimane a farmi arrivare le penne rosse, devo ordinarle con adeguato anticipo in modo che nel mio magazzino ci siano sempre (almeno) quindici penne rosse cosicché, a partire dal primo del mese successivo, io possa far fronte a ogni richiesta.

Com’è possibile che persone scelte in base a dei titoli e delle competenze (almeno sulla
carta) non tengano presente la piccola, insignificante regola della gestione delle risorse?
Soprattutto quando non si parla di penne, ma di cibo indispensabile per la vita di persone
che non possono provvedere diversamente!?

Essendo una nutrizione particolare, per evitare che scada, se ne hanno in magazzino
pochi pezzi! Mi è stato detto: inaccettabile!

Forse quando insegnavano la rotazione delle scorte, questo dirigente era malato? Distratto oppure in calo glicemico?

Non è mai capitato prima d’ora che mia madre debba essere affamata da un burocrate
che non è capace a fare il suo mestiere! Nel 2017, una persona non deve lottare ancora
per avere il cibo che le spetta e che le è stato riconosciuto!

Sono impotente.

Ogni giorno ti senti Davide contro Golia, ma senza fionda e con un Golia fatto di
gomma!

Comincio a sospettare che le aziende sanitarie non forniscano medicine, presidi e perfino cibo in maniera adeguata perché un paziente morto è un costo in meno e il pareggio di bilancio si avvicina. Esagero? Chiunque si sia trovato, in questa situazione sa ciò di cui parlo, di come ci si senta sconfitti ed esausti a combattere contro queste persone ottuse, incompetenti e inette, che non hanno un briciolo di professionalità.

È importante che la macchina funzioni per mia madre e gli altri pazienti con particolari
necessità nutrizionali, la cui sopravvivenza dipende da loro. Loro sono pagati da noi che
continuamente paghiamo tasse per servizi, come in questo caso, fantasma.

E parlo di professionalità e non di umanità scientemente, perché, sebbene la professione medica dovrebbe richiedere una base di umanità, in questo articolo voglio evidenziare la mancanza della capacità di fare bene il lavoro per cui si è pagati.

Alessia Giuliani