Autonomia regionale differenziata. Cerchiamo di capire e agire.

Da oltre un
anno si parla di “autonomia  regionale differenziata”. Cerchiamo di
capire di cosa si tratta e soprattutto, cosa comporta per le Regioni del Sud.
Nel febbraio 2018, la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, hanno
sottoscritto tre distinti accordi preliminari con il Governo per il riconoscimento
di maggiori forme di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della
Costituzione. Questo comma, prevede la possibilità di attribuire ad altre
Regioni (quattro regioni e due province hanno già forme
speciali di autonomia)
ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia concernenti le materie previste dall’articolo 117,
della Costituzione; ciò può essere concesso, su iniziativa della Regione
interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi costituzionali
di cui all’articolo 119, con legge dello Stato che le Camere, a maggioranza
assoluta dei componenti, approvano sulla base di intesa fra lo Stato e la
Regione richiedente.  L’articolo 117, al
primo comma, prescrive: “La potestà legislativa è esercitata
dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali
”. Al secondo
comma, attribuisce allo Stato la legislazione
esclusiva
di diciassette materie, debitamente elencate dalla lettera
a), alla lett. s); ad eccezione delle materie indicate sotto le lettere l), n),
s), che possono essere attribuite alle regioni. Al terzo comma, elenca le venti
materie di legislazione concorrente: 1.
rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; 2. commercio con
l’estero; 3. tutela e sicurezza del lavoro; 4. istruzione, salva la autonomia
delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale; 5. professioni; 6. ricerca scientifica e tecnologica
e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; 7. tutela della salute; 8.
alimentazione; 9. ordinamento sportivo; 10. protezione civile; 11. governo del
territorio; 12. porti e aeroporti civili; 13. grandi reti di trasporto e di
navigazione; 14. ordinamento della comunicazione; 15. produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia; 16. previdenza complementare e
integrativa; 17. armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario; 18. valorizzazione dei beni
culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; 19.
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; 20.
enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; più le tre lettere
della richiamata legislazione esclusiva: l. limitatamente alla organizzazione
della giustizia di pace; n. norme generali sull’istruzione; s. tutela
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Per queste
ventitré materie le Regioni, che chiedono ed ottengono l’autonomia, possono
legiferare, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,
riservata alla legislazione dello Stato. Alle Regioni, spetta anche la potestà
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato.

Come
prima detto, Lombardia
e Veneto il 12 giugno 2018, hanno sottoscritto una distinta intesa col Governo
per avere la competenza esclusiva delle
ventitré materie, nei limiti previsti dall’art. 119 della Costituzione. L’attribuzione
delle risorse finanziarie, umane e strumentali trasferite o assegnate dallo
Stato, saranno determinate, per ogni regione, da una Commissione paritetica
Stato-Regione che, deciderà in termini di: A) spesa sostenuta dallo Stato nelle
due distinte regioni; B) fabbisogni standard, da determinare entro un anno
dalla concessa autonomia.

Il parametro di riferimento sarà
in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi erariali
maturati nei rispettivi territori regionali. Il finanziamento è garantito dalle scelte della Commissione paritetica e
con una compartecipazione al gettito maturato, nel territorio regionale,
dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) e di eventuali altri
tributi erariali e dalle aliquote riservate sui tributi riferiti al territorio
regionale e di competenza delle due regioni.

Ogni due anni la Commissione
paritetica Stato-Regione verifica la congruità
della compartecipazione per la copertura
dei fabbisogni standard in termini di gettito prodotto.

Capitolo a parte per gli INVESTIMENTI.

Le due Regioni
e lo Stato, “al fine di consentire una
programmazione certa dello sviluppo degli investimenti, determinano
congiuntamente modalità per assegnare una compartecipazione al gettito, o
aliquote riservate relativamente all’Irpef o ad altri tributi erariali, in
riferimento al fabbisogno per investimenti pubblici ovvero anche mediante forme
di crediti di imposta con riferimento agli investimenti privati, risorse da
attribuire dai
fondi finalizzati allo sviluppo infrastrutturale del paese
”. L’intesa
sottoscritta dall’Emilia-Romagna il 12 giugno 2018, riassume il medesimo
intendimento, con l’articolo 5: “Le risorse messe a disposizione della
Regione nel quadro della presente legge possono essere utilizzate per le
destinazioni autonomamente definite con legge regionale nell’ambito della
materia assegnata nel quadro delle regole generali di contabilità pubblica
”.

Ricapitolando,
le tre Regioni, con le richieste di autonomia, hanno
invocato gli articoli 116, 117, 119 della Costituzione (sostituiti con la legge di riforma
costituzionale votata dalle Camere nel marzo 2001 e sottoposta a referendum
confermativo il 7 ottobre 2001
); i primi due, prevedono una
determinata forma di autonomia sulle ventitré materie sopra elencate. L’art. 119, invece,
si occupa di “entrate” e di “spese”, sintetizzo: “autonomia
finanziaria di entrata e di spesa; risorse autonome; … stabiliscono e applicano
tributi ed entrate proprie; … dispongono di compartecipazioni al gettito di
tributi erariali riferibile al loro territorio; lo Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità
fiscale per abitante
(questo
regalo, si fa per dire, è
dedicato
a noi terroni. Purtroppo, è una beffa).
Infatti,
con quell’aggiunta “senza
vincoli di destinazione
” è stato lasciato campo libero
ed infatti nelle intese raggiunte hanno già messo le mani avanti.

(Domanda, nel 2001 cosa facevano tutti i rappresentanti del Sud eletti al Parlamento)? In questi ultimi mesi altre regioni, compresa la Campania, hanno avviato, in tale quadro, un confronto con il Governo. A mio avviso, a livello politico, si continua a sbagliare: è un argomento che richiede un sostanziale coinvolgimento degli enti locali nonché, delle forze sociali, produttive, professionali, dell’associazionismo e delle Università. Sono convinto che se le Regioni del Sud vogliono chiedere l’autonomia, devono andare unite e documentate al tavolo delle trattative: studiare e stilare una unica e condivisa intesa da concordare col Governo. Le sei Regioni del Sud (Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo) se raggiungono singole intese, sono perdenti; non si può, da sole, reggere il confronto con le “egoiste” Regioni del Nord. Il Sud ha le risorse necessarie che, se sapute portare sui tavoli decisori, hanno il loro peso. Mi riferisco, ad esempio, alle fonti energetiche (solari, minerarie, idriche, eoliche), all’agricoltura, al turismo archeologico e paesaggistico; alla naturale e vasta “piattaforma” che le nostre Regioni formano nel Mediterraneo; all’arma del grosso “debito pubblico” che ciascuna Regione si deve accollare (nelle intese sottoscritte è assolutamente IGNORATO) in proporzione alla ricchezza posseduta anche negli anni passati. Smettiamola di lamentarci, agiamo uniti e con la necessaria forza morale e culturale. È una occasione, se saputa cogliere. Prima, però, sono necessari sostanziosi investimenti per eliminare i grossi svantaggi infrastrutturali che il Sud ha accumulato in oltre 150 anni di “mascherato” colonialismo. Se le sei Regioni del Sud impongono una politica incisiva ed unitaria è possibile avere una rinascita; in caso contrario sarà, comunque vada, una grossa sconfitta per i Popoli meridionali. L’autonomia regionale differenziata, così come preparata, è una polpetta avvelenata ed una TRUFFA;  segnerà un ulteriore decadimento di tutto il sud. È molto più vantaggiosa la secessione, ci toglieremo queste sanguisughe del Nord dai …, e certamente ritroveremo il nostro orgoglio e la forza del riscatto, dopo oltre un secolo e mezzo di imposto e subdolo colonialismo. Quanto appena detto trova fondamento nei seguenti numeri (fonte: Elaborazioni EURES Ricerche Economiche e Sociali su dati MEF- Dipartimento delle Finanze) che prendono in esame il gettito totale dell’Irpef, introitato dallo Stato nel 2017 e diviso per regione di riferimento, di € 156.037.000.000,00 (156 miliardi e 37 milioni di euro); per economia di spazio e migliore comprensione viene raggruppato in quattro punti: a) € 18.109.000.000,00 (18 miliardi e 109 milioni di euro) prodotti dalle cinque Regioni con autonomia speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta); b) € 81.845.000.000,00 (81 miliardi e 845 milioni di euro) prodotti da cinque Regioni del Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Liguria); c) € 34.112.000.000,00 (34 miliardi e 112 milioni di euro) prodotti dalle quattro Regioni del Centro (Lazio, Toscana, Marche, Umbria); d) € 21.971.000.000,00 (21 miliardi e 971 milioni di euro) prodotti dalle sei Regioni del Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata Calabria). Il totale dei tre gruppi (b,c,d), è di  € 137.928.000.000,00 ed è prodotto: per il 59,34% dalle cinque regioni del Nord; per il 24,73% dalle quattro regioni del Centro e per il 15,93% dalle sei regioni del Sud. Se si considerano anche le altre imposte IVA, IRES, IRAP, Accise ecc. il divario è molto più grande. Queste percentuali, però, aiutano a spiegare il piano, fortemente, voluto dalla “Lega Nord” e, sino ad ora, dalle predette tre Regioni del Nord: trattenere presso le loro casse il 59,34% dell’IRPEF; lasciare il grosso debito pubblico allo Stato, cioè a noi del Sud (è il metodo che i Savoia hanno adottato dopo il 1861, depredando, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, per coprire il grosso debito che avevano accumulato con la partecipazione alla guerra di Crimea, che gli ha aperto i “portoni” del Sud). Con questi numeri e queste intenzioni, per le sei Regioni del Sud è necessario avere una Politica Unitaria, per agire con forza e determinazione sia nei confronti del Governo che delle Regioni del Nord e del Centro. Così come pensata e come si vuole realizzare, l’Autonomia Differenziata è una cattiva ed egoista legge, che aumenterà le già pesanti ed insopportabili differenze socio-economiche esistenti fra le regioni. Quanto già sottoscritto da questo governo dovrà essere approvato dalle Camere; tutti quei deputati e senatori, di qualsiasi colore, eletti con i voti del Sud e che voteranno questa legge truffa ne dovranno assumere ogni responsabilità davanti alle popolazioni meridionali. L’autonomia differenziata è l’ennesima truffa a danno delle sei Regioni del Sud.

Giovanni Minardi