Politica, linguaggio e conseguenze

E’, il nostro, un periodo di disperati, incerti, precari (di
lavoro e di metodi civili) e con pochi mezzi culturali, dunque con scarsa
capacità di analisi.

E’ un periodo caratterizzato da persone che usano i social
per nascondersi e non rischiare il confronto de visu, scagliandosi contro chi,
nella percezione generale, si presume stia peggio di loro.

Sì, proprio così! Perché loro, gli ultimi, non reagiranno
mai a un torto subito da chi “presumono” sia più forte, agiato e che potrebbe
offrire “qualcosina in cambio”.

Disperati, è una guerra di disperati e tra disperati, senza
risparmiarsi questo continuo linguaggio violento e senza porsi il problema
dell’ignavia che ne è diretta conseguenza, senza capire e quindi
impossibilitati a immaginare tutto ciò a dove porterà la società. E’ un momento
che dovrà finire, il problema è: come?

Tutto ciò fa venir fuori in maniera prepotente tutte le
colpe e le incapacità delle organizzazioni democratiche (i sindacati, i
partiti, le organizzazioni in genere) nel corso degli ultimi decenni, le quali
individuano i problemi (e tutti ne siamo capaci) ma sfuggono le soluzioni, per
opportunismo, per mancanza di “tensione” etica e morale, per comodità delle
proprie posizioni. Insomma il “finchè dura”, o citando la Berti, « finchè la barca
va lasciala andare».

Questo, in sintesi, ha provocato prima una deframmentazione
(voluta) e adesso un tentativo di presunta, inutile ricomposizione: della
precarietà, della vita civile, della struttura complessiva della nostra
società.

Ha prodotto quello che possiamo definire il governo della
paura, la “fobocrazia”.

Manca cultura politica, una vera organizzazione delle classi
dirigenti, una chiara leadership. E’ questo che mi induce a pensare che basti
una proposta politica degna per ridare fiato e speranza al Paese, che peraltro
non si intravede. Proposta politica che ci dica in maniera chiara cosa pensa di
farne del mondo del lavoro, che tipo di sviluppo pensa di prospettare, che politiche
sociali pensa di mettere in campo, che ci dica quanto intenda investire in
cultura e istruzione, che peso dare ai temi ambientali.

Concentratevi e concentriamoci su questo!

L’argentino Federico Finchelstein (*) afferma che Salvini
prospetta una massiccia operazione di pulizia “strada per strada” , con il suo
populismo xenofobo prepara il terreno alla violenza, senza esserne direttamente
coinvolto. Insomma aizza gli altri per fare il lavoro sporco e il caso “Italia”
sta diventando esemplare.

Il senso di responsabilità di chi governa impone di essere
più moderati dei governati, per adesso è l’unica soluzione plausibile.

  • Dai fascismi ai populismi – Federico Finchelstein – Donzelli

Mimmo Oliva