FASCISTI2.0, TUTTO CIÒ DI CU NON AVEVAMO BISOGNO

19 febbraio 2017

Rita Pavone chiedeva che le dessero un martello per darlo
in testa a chi non le andava a genio. Io no. Io vorrei una macchina del tempo.
La voglio perché ci devo infilare dentro, con la forza – per mandarli,
ovviamente, a spasso nel passato – gli appartenenti a un’in­quietante corrente
di “pensiero” (pensiero è esagerato, sappiatelo): i novelli nostalgici del
fascismo e del duce Mussolini. Mi piacerebbe proprio rispedirli nel loro amato
e glorio­so Ventennio, per far scoprire loro i piaceri di una dittatura, della
mancanza di potersi esprimere liberamente, delle discriminazioni, della
sottrazione di tanti diritti di cui oggi godono. Compreso quello di dire
fesserie in libertà, senza che alcuno, oggi – nonostante l’esistenza del reato
di apologia del fascismo –, muova un dito. Anzi, ai neofascisti gli facciamo
fare pure le manifestazioni in piazza.

Sono gli amanti del “quando c’era lui”, del mantra “ha
fatto anche cose buone”, della tiritera della “introduzione dell’Inps e dei
treni in orario”. Insomma, questi scienziati qui che hanno creato una realtà
parallela perché, magari, l’hanno letta su un blog o su una foto che
gira sul web. Appassionati dei (bui) tempi che furono, che scorrazzano qua e là
sulla rete – in particolar modo su Facebook – che altro non fanno che
condividere link e notizie che, nel 99,9% dei casi, sono inventati di sana
piana o palesi distorsioni della real­tà. Per evitare tutto questo, sarebbe
stato sufficiente studiare un po’ di storia. Allo stesso tempo, però, è
sufficiente sentirli esprimersi o leggere uno dei loro deliranti commenti per
rendersi conto che anche il superamento dell’esame di quinta elementare, per
loro, ha rappresentato un arduo scoglio da superare.

Chi, tra questi, ha un po’ di intraprendenza in più,
invece, si lancia in tesi complotti­stiche simili a questa: “La storia che
insegnano a scuola non è quella vera. I libri di storia sono stati scritti dai
comunisti che di certo non potevano parlare bene del grande fasci­smo”.
Insomma, provetti cabarettisti degni di “Colorado cafè”, programma televisivo
noto per non far ridere nessuno.

Giusto per fare un esempio su tutti, così capiamo bene con
chi abbiamo a che fare. I fascisti 2.0 sono tra coloro che, all’epoca del
referendum costituzionale, hanno sostenuto fortemente le ragioni del “No”. I
fascisti. Che difendono la Costituzione. Quella stessa Costituzione, scritta da
gente che gli amanti di Mussolini non dovrebbero prendere ne­anche in
considerazione (ma capisco che non sappiano neanche di chi stiamo parlando),
che nella XII disposizione finale recita: “È vietata la riorganizzazione, sotto
qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.

Quella stessa Costituzione che sancisce pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
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impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese. Concetti che non sono proprio stati cavalli di
battaglia di Mussolini e dei suoi.

Inutile che si appellino alla libertà di pensiero e di
espressione: il fascismo è stato un’a­berrazione del nostro Paese e come tale
va trattato. È vietato riorganizzarlo sotto qualsi­asi forma e discorsi per
difendere o esaltare il fascismo (sì, sto spiegando il significato di
“apologia”) costituiscono un reato. Fatevene una ragione.

Però, giustamente, mi sembra troppo pretendere che
conoscano la Costituzione. Me ne rendo conto.

Pagine Facebook che inneggiano al fascismo (e che secondo
zio Mark rispettano gli standard della comunità) – disseminando odio,
intolleranza e violenza – si moltiplicano giorno dopo giorno e hanno decine di
migliaia di iscritti (senza distinzione tra uomini e donne, eh). Qualche volta,
per farmi del male, sono andata a leggere i loro commenti: si spazia dalla
riapertura dei forni alla pratica dello “sparo a vista” passando per deportazio­ni
e azioni squadriste, con in tasca boccette di olio di ricino. Senza considerare
le panzane sulle “cose buone” e le attestazioni di stima nei confronti di
Mussolini attribuite a perso­naggi storici (tra questi, per dire, Ghandi e
Martin Luther King). Il testone del duce mi appare, di tanto in tanto, sulla
bacheca Facebook, condivisa da qualche mio contatto. La gente si saluta
appellandosi “camerata” e con il sempreverde “a noi”. Inquietanti, sì, ma al
tempo stesso “divertenti”: divertenti perché, credetemi, nella stragrande
maggioranza dei casi sono quelle stesse persone che avrebbero paura della loro
ombra proiettata da un lampione o che, al minimo rumore in casa, sperano che
Batman si catapulti a salvarli.

La domanda che mi pongo è: perché? Risposte complete non
riesco a darmene, perché non riesco a capire come sia possibile auspicare un
ritorno ad una dittatura, idolatrando un personaggio come Benito Mussolini.

Mentre ci penso, vedo se su Amazon hanno una macchina del tempo in offerta e poi inizio anche a proporre i pacchetti vacanza “Ventennio”. Se qualcuno di questi sapiento­ni dovesse riuscire a tornare, sono proprio curiosa di sapere se il Fascismo è davvero così grandioso come credeva che fosse.

Marta Naddei