LETTERE ALL’ ITALIA: FESTE IN ROSSO.

Spett.le
Sig.ra Italia,

anche
questa volta le feste sono andate e tutto ritorna nella norma, anche se è tanto
difficile parlare di normalità in questi tempi bui.

 Nelle sue città, per le sue strade, vengono
spente le luminarie e tolte luci e addobbi dalle vetrine, vetrine che in molti
casi verranno ricoperte da una saracinesca che non si rialzerà. 

Cara
signora, purtroppo come da qualche tempo, alla fine dell’anno fiscale, molti
piccoli negozi chiuderanno perché soffocati dalla grande distribuzione, da
internet, da troppe tasse e cavilli vari, molti non ce la faranno a sostenere i
loro conti in rosso. Già, il rosso, un rosso che ha caratterizzato queste feste
passate da poco, non il rosso bello del Natale, dei fiocchi dei pacchi regalo,
delle palle degli alberi nelle case, non il rosso degli abiti femminili da sera
o dei papillon maschili, dei cenoni di capodanno o quello scaramantico
dell’intimo di fine anno.

No
mia bellissima signora! Il rosso di cui parlo è quello del sangue delle vittime
di assurdi incidenti stradali ma anche quello dei suoi ghiacciai, dove i
detriti hanno preso il posto del ghiaccio, ghiacciai che si sono ritirati
sempre più in alto, come a voler fuggire alla follia autodistruttiva
dell’uomo. 

Rosso
come il cielo inquinato di Taranto, che deve barattare posti di lavoro con la
salute di bambini e adulti, o il rosso dei fanghi industriali di una discarica
vicino al mio paese natale, discarica che è già bomba ecologica ma che vogliono
ampliare, per far ripartire un’industria che tanti danni ha fatto, anche qua “per
non perdere ulteriori posti di lavoro” in una delle provincie più povere del
suo territorio…mia cara Signora.

Rosso
come il disavanzo di Alitalia che non si sa ancora che destino avrà e in quanti
perderanno il posto di lavoro.

Intanto
piovono bombe al di là di suoi confini, ma non tanto lontano, e allora ecco
altro rosso, altro sangue che probabilmente ne richiamerà altro.

Rosso
è il cielo dell’Australia, rosso fuoco questa volta, distante ma parte di
questo martoriato pianeta.

Ma
siamo un popolo gioioso, il suo popolo mia magnifica Signora, perciò non ci
disperiamo, facciamo finta che tutto vada bene, che tutto questo “rosso” non ci
riguardi, e discutiamo sul fatto che l’ultimo film di Zalone sia politicamente
corretto e faccia ridere oppure no. Ci interroghiamo su chi sia giusto vada al
Festival di San Remo e se sia ancora il “Festival della canzone Italiana”. E
intanto cantiamo una canzone del passato, senza renderci conto che il passato
non esiste più e il futuro potrebbe non esserci mai.

Con rispetto e infinito affetto Suo

ANTONELLO.

Antonello Rivano