QUARTA, IL VIOLINO DEL PASSATO CHE TORNA DAL FUTURO.
Mi è apparso sotto le vesti
di un alieno dotato di un terzo arto: un violino napoletano che ostenta con
fierezza 3 secoli di eccezionale essenza lignea tenuta insieme da ottima colla
di pesce.
Il prodigioso mutante, con
due braccia e un violino, incanta predicando il valore assoluto e fondamentale
della musica classica. Sviluppa la sua missione attraverso un innovativo
percorso interpretativo che mescola ed enfatizza senza mezze misure,
stravolgendo l’assioma delle etichette di genere musicale a cui per assunto siamo
abituati, ne amplia percettivamente i confini in una inaspettata facilità
d’ascolto.
Il prodotto che ne risulta è
sbalorditivo, al di là del funanbolico rapporto con lo strumento, anche perchè non
sempre chi è tecnicamente dotato riesce a trasferire emozioni così profonde.
Il progetto ha tutte le
caratteristiche di una mission impossible.
La time line contemporanea è dominata dal fast consumer musicale, umiliata,
così com’è, a scavare nei pantani di improbabili talent televisivi che
producono meteore grondanti di ingannevoli promesse e prive di un anima che
lasci segni riconoscibili nel divenire.
Il ragionamento non fa una
piega «Non so per quanto ancora abbia
senso praticare i piccoli club ridotti a ristretti presidi fini a se stessi, dove
è sempre più difficile trovare pubblico sotto i 40 anni» dice «Le responsabilità del servizio pubblico sono
evidenti. Basterebbe produrre cultura musicale in prima serata, anche 10
minuti, per riabituare all’ascolto riproponendo il meglio della musica classica
che nel tempo è stata punto di riferimento per jazz, blues, rock e pop
essendone essa stessa madre naturale e riconosciuta fonte d’ispirazione »
Questo è il mantra che
Alessandro Quarta recita con cocciuta convinzione da qualche anno, in fondo è
uno dei pochi artisti che denuncia il piattismo culturale che attanaglia le
nuove generazioni, ostacolo duro da superare, gravato ancor più da una generale
pigrizia creativa, talvolta oscena, che punta a stupire in qualunque modo pur
di impossessarsi di una notorietà fragile, repentina ma del tutto effimera.
Lo spiega con dovizia di
particolari «Stiamo uccidendo la musica,
spingendo verso l’oblio una preziosa cultura secolare» sostenendo la tesi
che l’imbarbarimento è nell’involuzione creativa per conoscenza non pervenuta.
Quanto sia ancora più
importante, aggiungo io, riscoprire il piacere del bello, quell’abitudine a
godere dell’arte senza pregiudizi, sensibilità che si forma prima di tutto in
famiglia.
Non esiste un dualismo tra
musica colta e popolare ma una netta e precisa divisione tra musica bella e
brutta, a prescindere dal genere di appartenenza.
Alessandro Quarta e il suo navigator Giuseppe Magagnino arrivano dal futuro per dirci che non tutto è perduto, una speranza c’è.
Francesco Paciello