LA MORTIFERA PESTILENZA

Secondo me non siamo diventati ciechi,
secondo me siamo ciechi che, pur vedendo, non vedono

(Josè Saramago,
Cecità, ed. it. 1996)

In un mondo
anonimo, si diffonde un’epidemia singolare che conduce alla cecità. Al pari di
un’influenza, questa cecità “virale” passa da una persona all’altra molto
velocemente, non ci sono  sintomi
riconoscibili. I contagiati si ritrovano a non vedere più nulla all’improvviso,
lasciandosi alle spalle  l’ultima
immagine che hanno avuto davanti gli occhi. A niente servono le misure prese
dal Governo, al fine di limitare la diffusione della malattia, tutti sono
destinati a perdere la vista. Tutti eccetto la moglie di uno dei primi
contagiati, una donna che mette a disposizione i propri occhi per aiutare
alcuni ciechi a sopravvivere in una società distrutta. Dunque, l’unico
personaggio vedente è un donna che non si è lasciata sopraffare dall’egoismo.
La gravità della situazione esigerebbe la condivisione e la collaborazione di
tutti, invece il territorio, prima familiare e rassicurante, si trasforma in
terreno di caccia, di violenza, di stupri e di sopraffazione. La letteratura
mondiale è ricca di spunti simili, legati, probabilmente, ai nostri ancestrali
terrori, mai completamente sopiti.

Manzoni nei
‘Promessi Sposi’ descrive la follia, la psicosi e le teorie assurde sulla sua
origine, sui suoi rimedi. “(…) dicono che
fu un soldato italiano al servizio di Spagna, (…) un Pietro Antonio Lodato, di
quartiere nel territorio di Lecco. (…) Sia come si sia, entrò questo fante
sventurato e portator di sventura, con un gran fagotto di vesti comprate o
rubate a soldati alemanni
.”. 

Antonio Pietro
Lodato si ammala a Milano e muore; i suoi vestiti ed il suo letto furono
bruciati, ma ciò non valse a fermare il morbo. Manzoni cita altri episodi di
caccia all’untore; racconta di un vecchio scoperto in Duomo a spolverare una
panca, il furore popolare lo taccia di unzione e lo trascina fuori a suon di
percosse. Il vecchio morirà in carcere per i maltrattamenti subiti.  A Milano si diffonde la diceria dell’untore,
la folla monta contro questi fantomatici personaggi una furia cieca e bestiale.
Anche Renzo, come sappiamo, ne sarà vittima.

Tucidide ci
fornisce un’attenta analisi delle conseguenze morali dell’epidemia di peste che
colpì Atene nel  430 a.C., evidenziando
come il morbo dissolva i patti di collaborazione e di condivisione che sono
alla base del progresso del genere umano.

La narrazione
di Lucrezio nel ‘De Rerum natura’ è
un susseguirsi di immagini lugubri a cui si aggiunge la ‘naturale’
considerazione sul decadimento dei valori morali e dei costumi: i defunti non
ricevevano il rito funebre, chiaro segno di degradazione sociale.

Anche per
Boccaccio ‘ pervenne la mortifera
pestilenza la quale (…) miseramente si era ampliata’
. L’uomo non è più in
grado di rispettare la legge, si abbandonano i parenti moribondi per strada,
nascono ‘cose contrarie a’ primi costumi
de’ cittadini’

Ad Orano la
peste mette in evidenza la fragilità della condizione umana.  Nel più bel libro di Camus, ‘La peste’,  vi è, però, l’individuazione della
solidarietà come unica via di scampo alla tragedia del morbo. La rivoluzione
spetta ai sopravvissuti nel segno della condivisione e della partecipazione.

Daniel Defoe
nel ‘Diario dell’anno della peste’ si
sofferma sul comportamento morale dei cittadini: incuranti dei moribondi  e preoccupati soltanto di sfuggire al
contagio.

La peste ‘può esser castigo, può essere misericordia’,
può essere l’inferno in terra, l’azzeramento dei valori della socialità e della
civiltà.

Uno dei rischi
più grandi è l’imbarbarimento dei rapporti umani, le vicende di questi ultimi
giorni ne sono un esempio. Ci sentiamo minacciati nei nostri affetti, nel
nostro territorio che prima sentivano confortevole e rassicurante.

Boccaccio,
Manzoni, Lucrezio e Tucidide lo hanno scritto e, per fortuna nostra, la loro
testimonianza è giunta fino a noi.

Rispetto al
passato abbiamo compiuto progressi nella medicina, ma, prima di tutto, nel
pensiero razionale.

Usiamolo, altrimenti davvero la ‘mortifera pestilenza‘  avrà ragione di noi.

Maria Rosaria Anna Onorato