Stop Global Warming, una petizione alla Commissione Europea di Marco Cappato e Monica Frassoni

L’attuale pandemia da Covid-19 in corso sul nostro pianeta,
anche se non strettamente legata all’eterno ed atavico problema dello
sfruttamento ambientale, ci costringe ad una radicale e definitiva presa di
posizione per far fronte ad una scottante (mai termine è più appropriato) questione
contemporanea. Il riscaldamento globale, “Global
Warming
” in termini anglosassoni, oltre ad essere generati dalle emissioni
di Gas Serra nell’atmosfera terrestre, già ridotto grazie allo storico
Protocollo firmato a Kyoto nel 1997 e giunto, nel novembre 2009 ad oltre
centottanta paesi che vi avevano aderito, rischia di essere vanificato per via
di ulteriori errori e sbagli da parte della comunità che ostinatamente
persevera a non considerare l’innalzamento delle temperature terrestri come un
pericolo imminente e non da sottovalutare.

Marco Cappato (foto Wikipedia)

Da sempre impegnati in importanti lotte per i diritti umani, l’attivista e politico Marco Cappato, assieme alla collega Monica Frassoni, sono impegnati da non molto tempo in una nuova ed attuale petizione sul tema denominata “Stop Global Warming”.

Monica Fassoni (foto Twittter)

“Stop Global Warming”, spiegano l’ex Eurodeputato e Presidente dell’Associazione Luca Coscioni e la Presidente del Consiglio di amministrazione del Centro europeo di Assistenza elettorale (Ecses), è una petizione in cui ciò che si chiede alla Commissione Europea è una proposta di una normativa che scoraggi il consumo di combustibili fossili ed, al contrario, incoraggi il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili.

L’obiettivo principale, come viene ben
spiegato nella petizione stessa, è essenzialmente quello di introdurre un
prezzo minimo per le emissioni di Co2 partendo, dall’anno corrente, al prezzo
minimo di cinquanta euro per tonnellata sino ad arrivare ad una cifra di cento
euro da raggiungere entro il 2025.

Ancora, la petizione punta a “ad abolire l’attuale sistema di quote di
emissione gratuite per coloro che inquinano nell’UE e introdurre un meccanismo
di adeguamento alla frontiera per le importazioni da paesi terzi, in modo da
compensare i prezzi più bassi delle emissioni di CO2 nel paese esportatore.”

Gentilissimi, la vostra proposta,
estremamente interessante, si pone sulla scia di una tematica molto delicata ed
a volte quasi usurpata nello scottante dibattito contemporaneo. Leggendo con
attenzione la vostra proposta, si nota, oltre una costante attenzione per
l’abbassamento dei prezzi minimi per le emissioni di co2,​ anche un’attenzione
alle ricadute sociale che il riscaldamento stesso provocherebbe alla società
(mi riferisco, in particolar modo all’incremento delle popolazioni del Su verso
l’Occidente).E’ corretto dire, alla base di ciò, che La vostra iniziativa si
pone come un’ultima speranza?

La Commissione europea ha
da poco annunciato l’intenzione di un grande piano per contrastare i
cambiamenti climatici. Se non fosse stato per il coronavirus, il tema era già
salito in cima all’agenda politica e sarebbe stato sempre più centrale. Ora, il
rischio è proprio quello di sprecare una opportunità storica: migliaia di
miliardi di euro di soldi pubblici che saranno spesi per la ripresa, e che
vorremmo fossero destinati a uno sviluppo sostenibile, non alla ripetizione di
modelli inquinanti. Non parlerei di “ultima speranza”, ma solo perché
i cambiamenti climatici sono già in corso e non si fermano con un solo
provvedimento. Certo però che se non rendiamo antieconomico emettere CO2 il
problema continuerà ad aggravarsi.

Il tema del futuro della città è un tema che da anni ha interessato per
decenni gli intellettuali, dagli architetti agli scrittori ai sociologi: quale
pensate possa essere il futuro dei nostri agglomerati urbani senza che essi
inglobino sempre di più gli ecosistemi?
 

La tecnologia può aiutare
le città a consumare molto meno risorse ambientali, ma ciò avverrà solo se le
istituzioni pubbliche opereranno perché ciò accada. Di tutte le trasformazioni,
forse è proprio quella del modo di lavorare che aiuterà a decongestionare le
città. Nel disastro del coronavirus, almeno su questo abbiamo iniziato a
imparare qualcosa. In generale, le tecnologie digitali potrebbero ottimizzare
consumi e trasporti, se si darà valore all’ecosistema anche da un punto di
vista economico.

-Qual è il rapporto tra
l’utilizzo di energie rinnovabili e politiche europee per quando riguarda la
vostra proposta? 

L’Iniziativa dei Cittadini
Europei sulla quale dobbiamo raccogliere un milione di firme entro il 20 luglio
propone di fissare un prezzo minimo per le emissioni di CO2. In questo modo, le
fonti fossili sarebbero disincentivate, e sarebbe invece incentivato sia il
risparmio energetico che le fonti rinnovabili. La forza della proposta è che
non pretende di stabilire in modo dirigista quali fonti rinnovabili saranno
quelle su cui puntare. Gli investitori innovativi sanno scegliere meglio dello
Stato. L’importante, però, è che chi emette CO2 la smetta di poterlo fare
gratis, visto che il bene che consuma ha un enorme valore: la nostra salute e
la nostra vita, insieme a quella dell’ecosistema.

Il supporto del mondo giovanile risulta
indispensabile per far si che il progetto arrivi a smuovere le coscienze della
nuova generazione, spesso troppo consumistica. Come la vostra lodevole
iniziativa può essere rivolta ad essi? 

Le manifestazioni
dei “fridays fo future
nelle settimane precedenti allo scoppio della pandemia avevano dimostrato che
molte coscienze erano già smosse. Quello che mancava, a mio avviso, era una
proposta concreta sulla quale convergere. Basterebbe ora che una piccola parte
del mondo giovanile che si mobilitò allora facesse conoscere il sito www.stopglobalwarming.eu a più amici
possibili, invitando i maggiorenni a firmare e i minorenni a spargere la voce.
Come fare? Su questo, credo che nessuno meglio di chi è giovane possa
inventarsi canali e linguaggi adatti per parlare con i propri coetanei. La
campagna è fatta in modo molto semplice -un logo che contiene il sito e la
chiamata all’azione- proprio per consentire a ciascuno di usarla liberamente e
riadattarla al proprio linguaggio e modo di esprimersi.

Stefano Pignataro