Lockdown, cosa ci resta?

Alla fine cosa ci resta dei giorni del Lock down?

Restano immagini, come quella dell’infermeria stremata, che
crolla sulla tastiera del Pc. Ci è rimasta negli occhi la carovana di mezzi
militari col loro carico di morti.

Quel che resta sono i suoni, le canzoni cantate dai balconi,
il nostro inno che vola da una casa
all’ altra, illudendoci che ci saremmo “risvegliati” in una Italia
diversa, più unita.

Ci restano gli arcobaleni dei bimbi e la scritta “Andrà tutto bene”. Restano quei carelli
colmi fuori dai market: la “spesa
solidale
“, un’altra illusione, quella che nessuno sarebbe mai più
rimasto indietro.

 Rimangono anche gli
odori, come quello del pane fatto in casa.

Si è vero, ci siamo illusi che una volta che tutto fosse
finito saremmo stati diversi, magari più buoni, forse semplicemente più “umani“. Pensavamo che quello che ci
mancava fossero solo gli abbracci, credevamo che l’importante sarebbe stato
poter tornare a stringerci la mano.

Probabilmente si temeva che la lunga notte fosse più lunga,
invece, almeno in parte, è già finita, ed è stato come se non fossimo ancora
pronti.

 Non ci importa più
tanto degli abbracci, che ancora sono proibiti, o della stretta di mano. Siamo
subito corsi alla Movida, agli aperitivi e alle spiagge. Ci siamo preoccupati
delle vacanze, dimenticando i tanti che non avranno i soldi neppure per
affrontare le spese correnti, le saracinesche che non si rialzeranno più. Facciamo
finta che nulla sia successo, dimenticando gli ospedali colmi, i forni
crematori accesi, le strade vuote, momenti in cui anche il giorno era di notte.

Ciò che resta di quei giorni è una mesta malinconia, sono i
ricordi della paura e della speranza. Sono sapori dolci e amari.

 E ora, che è “quasi” tutto come prima ci accorgiamo che ha ragione il Leopardi, quando, nel suo “Il sabato del villaggio“, ci ricorda che il momento più bello è quando ci si prepara alla festa, sognando e sperando, provandoci il vestito buono…perché poi la festa arriva, finisce e non è mai come ci si aspetta…e i sogni e il vestito buono non servono più.

Antonello Rivano