Proteine Creative. La didattica a distanza secondo Gabriele classe IV A

Lockdown,
fasi uno, due e tre, D.P.I. FFP1, FFP2 e FFP3, triage, smart working, recovery
fund, D. A. D, task force, in una sola parola Covid – 19.
Con tutti questi termini mi è venuto
il dubbio, negli ultimi quattro mesi, di non vivere più in Italia, ma in un
paese straniero in cui si parla una lingua straniera, si esce in orari stabiliti,
ci si copre la bocca ed il naso, in cui le persone camminano per conto proprio
e in chiesa non ci si scambia più neanche il segno della pace.

Un
“paese straniero” in cui i bambini non si rincorrono felici davanti alla
scuola e, perplessi, chiedono alla mamma se possono accarezzare il cane o
semplicemente sedersi su di una panchina senza il rischio di contrarre qualche
malattia.

Bambini
che studiano nella loro stanza con un solo compagno di nome: “PC” che,
anziché al proprio fianco, è posizionato di fronte.

Gabriele
Gigantino, “bambino” di 10 anni, frequenta la classe IV A della Scuola Elementare
“Alfonso Gatto” di Salerno. Vive da circa quattro mesi, come tanti suoi
coetanei, in questo paese “straniero” ed ha come unico compagno di
scuola e di giochi: “PC” l’amico computer con cui ha svolto la D. A. D. (la Didattica a distanza):

“La scuola è finita e con essa la D.
A. D.: una nuova e strana esperienza di didattica a distanza. È stato in
assoluto il peggior momento scolastico che io abbia mai vissuto, per me che
adoro il contatto reale. Sono stato costretto a nascondermi dietro uno schermo,
a non guardare l’insegnante, a non stare con i miei compagni, a non essere vero
e spontaneo e ad inventarmi un nuovo metodo di studio. Forse all’inizio la D.
A. D. non è sembrata così male: era una cosa nuova, ci faceva compagnia durante
il lockdown, ci permetteva di fare lezione senza alzarci presto ogni mattino e
senza muoverci da casa, i genitori ci hanno reso tutto più facile aiutandoci
spesso e l’uso del cellulare è stato prolungato e senza più sgridate.

Anche
se la didattica a distanza è stata molto importante, perché ci ha permesso di
andare avanti in questa situazione critica causata dalla pandemia, ci ha
cambiati un po’ tutti. Sono contento che la D. A. D. sia terminata, perché
penso che vivere “Un’avventura reale” sia sempre meglio di quella vissuta
“dietro ad uno schermo.”

Questa
è la preziosa testimonianza di un bambino che, suo malgrado, ha vissuto
un’esperienza di “classe virtuale” in un tragico momento storico che
l’umanità ricorderà per sempre.

Una esperienza che Gabriele vorrebbe lasciare chiusa nel suo quaderno per
riprendere a scrivere nuove pagine di vita vissuta all’aperto: apprezzare la
bellezza delle piccole cose, la gioia di correre, allenarsi con i compagni,
giocare in serenità. Vedere i gabbiani volteggiare intorno alla barca del
pescatore, andare in bicicletta col papà, respirare… respirare l’aria fresca
della realtà, bagnarsi di allegria con l’acqua fredda di una doccia
improvvisata perché le vacanze finalmente sono iniziate e perché come dice
Gabriele Gigantino:

 “Vivere è un’avventura reale e non è stare
dietro ad uno schermo”.

Foto
copertina di Daniel Friesenecker da Pixabay 

Lucia Quaranta