Capaccio Paestum tra ethos e pathos. Argomenti sull’identità, la creatività e lo sviluppo territoriale di Glicerio Taurisano

“Immaginiamoci quali emozioni avrà provato,
quest’alto ufficiale nell’osservare per la prima volta i templi di Paestum, «dimenticati
e sconosciuti, ed in solitudine deserta fra spinai sepolti», ma che giudicò di
gran valore e di «gran vantaggio per la repubblica letteraria se delineate con
esattezza, e con precisione incise, si pubblicassero»”

Il saggio di Glicerio Taurisano “Capaccio
Paestum tra ethos e pathos” –
edito
nel 2017 da
Polis Sa Edizioni (Collana
“Sguardi”)
e dedicato a Capaccio Paestum e alla maestosità dei
Templi e dei paesaggi – è una guida alla valorizzazione e gestione di un
territorio che deve costruire un’identità collettiva ed un’immagine della città
che sappia attrarre turisti.

Capaccio Paestum è una città “che racchiude in sé tutte le bellezze artistiche, storiche e religiose che per secoli l’umano abitatore di questo mondo ha sempre cercato, traendone infine argomenti e idee proprie del rinascimento, dell’illuminismo, del modernismo.”

Taurisano analizza la magnificenza dei Templi di
Paestum, Pesto, Poseidonia, Capaccio Paestum nella sua duplice visione quale territorio
e “posto da vivere”, Ethos,
ed il suo “
valore” con le “emozioni” che suscita nei visitatori, Pathos, “il
pathos, che le cose dell’antica città suscitava nei tanti narratori.”
trala
sciandone la terza visione della città
come
“ragione, logica” (logos).

Paestum –
nel suo ricercare di una città il suo Ethos, e con esso il Pathos. Pesto o
Poseidonia, oppure Paestum prima e Calpatium o Caput Aquem, oppure Capaccio Capaccio
Paestum comunica, e sa farlo bene. Lo fa attraverso il suo ambiente, la sua storia,
la sua arte.”

L’autore analizza,
altresì, i diversi ambiti dell’identità territoriale coesiva, socioculturale e
geografica di Paestum,
territorioche “va infatti
interpretato come fonte di creazione di valori che può essere alimentata solo
innescando meccanismi d’identificazione degli attori locali. Esso, inteso come
spazio di appartenenza, diventa così un prodotto affettivo, sociale, unico e
simbolico, a partire dal quale si edificano le identità locali retrospettive
(beni esistenti) e prospettive (che sarà possibile costruire, sia in termini
progettuali, sulla pianificazione dello sviluppo, che per mezzo dell’identità
territoriale).”

Secondo Taurisano “Per valorizzare
Capaccio Paestum ci occorrono due distinti parametri, seppur interconnessi tra
loro, quello prettamente culturale, che prevede il sentirsi parte del
territorio a tutti gli effetti, il trovarsi dunque nell’insieme universale
dell’identità della città, e quello tecnico, operativo, sotto il profilo della
costruzione del progetto di valorizzazione, il quale non può aver luogo se non
dal risultato del primo.”

Il fattore turismo deve ovviamente assicurare lo sviluppo
locale consentendo la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali,
oltre che permettere alla cittadinanza una partecipazione attiva
e
d’identità collettiva.

Il turismo culturale, ambientale, religioso, artistico e di qualsiasi altra tipologia, deve necessariamente occupare gli spazi strategici e attivi in una gestione territoriale che preveda la risolutezza nell’individuare, ristrutturare e perfezionare i contenuti della propria città. Polis Politeia, anima della città.

La qualità
della vita, l’ambiente, l’estetica e la fruibilità dei luoghi sono fondamentali
per la sostenibilità della valorizzazione, la quale deve essere intesa come
un’azione culturale e comunicativa «che avviene all’interno di una comunità che
si riconosce in un sistema di valori» e contribuisce attraverso le immagini
ambientali, geografiche, sociali, e non da ultimo istituzionali, a definire il
territorio come modello, esempio e luogo da vivere, l’Ethos.

L’autore
analizza Paestum come luogo di memoria correlata
alla storia dell’area archeologica, amata nel corso dei secoli, ricca di magia
e di cultura ove si odono i respiri degli antichi passati, ma ne approfondisce
soprattutto le prospettive di sviluppo in una terra dormiente che deve
realizzare una valida capacità attrattiva turistica per il Parco Archeologico,
i Templi ed il Museo.

“In effetti la città, situata in larga pianura
oltre il fiume Silaro
laddove la
sua curvatura si piega, e che Plinio diede prima il nome di Pesto poi di
Posidonia, ha avuto nel tempo la sua acclamazione. Pare altresì che il clima e
le coltivazioni di Pesto erano ben esaltate a fronte di altre pianure
d’Italia”.

Nicoletta Lamberti