Riflessioni estive. Leggera come una piuma – Lettera ad un’adolescente

Sfilano,
al di là della cattedra, una serie di maglioni blu arrotolati in vita, di giubbini
lunghi neri informi dai quali escono, a stento, le gambe, ben tornite, troppo.

Una
fila di giorni neri ruotano intorno a questi corpi floridi, primi ricordi di
estati marine passate a nascondersi, a guardarsi di striscio nello specchio di
casa, da lontano, a darsi pizzicotti sulle gambe (chissà che sparisca quel
rotolino).

Gli
anni ’60 senza pareo, vestiti per una magrezza inquietante mi tornano in mente
mentre osservo questa ragazza che mi chiede, insistentemente, di uscire. Prima
di alzarsi dalla sedia ha provveduto ad arrotolarsi il maglione blu scuro in
vita, badando bene che nemmeno una curva esca da quella prigione che la fascia
e la fa sembrare più goffa, più informe, più tozza.

Ebbenesì,
fu liberazione! Così acconciata sembrava che tutto si potesse…ballare, dire,
fare, baciare. Senza mai perdere di vista il maglione blu, segno disturbante
del tuo corpo. Nessuno potrà ripagarci delle torture (alle quali ci
sottoponevamo malvolentieri) nei negozi di abbigliamento, in cerca di un
pantalone che stringa, ma non troppo, di un pullover lungo e largo, dal quale
uscire a stento, di un completo per la festa della compagna di banco,
originale, carino e che vesta. ‘Eppoi’ ripiegare sul peggiore, per colore e per
modello, per stanchezza, per non ascoltare oltre i fendenti della commessa che
continua a ripetere che proprio non si può dar via un completo di due taglie
diverse, che avrebbe provato a chiedere, ma poi, magari in sartoria…fanno
miracoli.

Fanno
miracoli le sedie del Lido nelle quali ti nascondi, sembrano profonde e molto
accoglienti, in grado di contenerti, e poi c’è l’asciugamano (in mancanza del
pareo, che non era ancora stato inventato).

Ne
avevo uno blu, a nido d’ape, bello grosso, nel quale nascondere l’imbarazzo, mi
trascinavo quasi in ginocchio, fin sulla riva, e lo abbandonavo un attimo,
giusto il tempo di tuffarmi.

Che
invidia per quelle giovani donne sottili che correvano sull’arenile, lievemente
in discesa, per planare nell’acqua tra mille spruzzi blu. Guardavo il mare, ma
non mi alzavo, per non mostrare un corpo che non accettavo. Spesso, con la
scusa del malumore, mi nascondevo accanto al juke box ad ascoltare le canzoni
del momento. Seguendo il ritmo. Correvano le estati, e si rovinavano,
inevitabilmente, davanti all’ennesimo caffè con sigaretta. Così non imparai a
nuotare, non imparai a tuffarmi, sport estremi che avrebbero preteso il corpo
libero che pensavo di non avere.

Quando
finalmente giovane e libera, con gli scarponcini estivi scamosciati, i jeans
doverosamente scuciti sul fondoschiena, la canottiera grigia aderente,
l’abbronzatura di una stagione in campeggio mi sono ripresentata al Lido ho
trovato ad accogliermi il mio vecchio asciugamano blu.

Osservo
insistentemente la ragazza che ho di fronte, vorrei dirle che sta rovinando la sua
stagione più bella, vorrei dirle che la sua mente è forte e libera, ed è più
potente di qualsiasi maglione arrotolato sui fianchi.

La
vita di una donna non sta arrotolata e nascosta in un vecchio maglione blu da
marinaio.

Maria Rosaria Onorato