C’ERA UNA VOLTA… LA FESTA. Sant’Alfonso, l’occasione sprecata. Di PATRIZIA SERENO

“Un
tempo era talmente importante che venivano finanche incrementate le corse di
treni e tram. Un tempo era talmente importante che ostelli, siti di accoglienza
e case private non riuscivano ad ospitare l’esercito di fedeli che, tra la fine
di luglio e l’inizio d’agosto, arrivava a Pagani, cittadina in provincia di
Salerno, ad un tiro di schioppo dall’hinterland vesuviano tanto da guardare
negli occhi, ogni mattina al sorgere del sole, lo sterminatore Monte Vesevo che
aveva soggiogato Giacomo Leopardi.”

“C’era una volta … La festa. Sant’Alfonso, l’occasione
sprecata”
, di Patrizia Sereno, edito nel 2017 da Polis Sa Edizioni, con
prefazione di Davide Speranza, è un libro sulla famosa Festa di Sant’Alfonso a
Pagani nel quale l’autrice ha
“realizzato un mix di riflessione antropologica, studio storico – religioso,
analisi statistica, reportage giornalistico, manifesto di denuncia culturale,
inedito book fotografico.”

Patrizia Sereno – nel suo racconto, frutto del suo impegno dettato
dall’amore per la sua terra, dal legame ad essa, dalla passione per una
professione quale è  il giornalismo di
servizio –  “ripercorre la storia della festa e del santo,
intervista esperti, spiega come la presenza di questo vescovo e compositore di
Marianella (Sant’Alfonso fu, tra le altre cose, anche autore di “Quanno
nascette Ninno”, canto da cui ebbe origine “Tu scendi dalla stelle”) possa
tutt’oggi influire positivamente sul territorio di Pagani.”

La terra dell’Agro, della stessa Pagani, sconosciuta a molti, anch’essa parte della Magna
Grecia –
che
nasconde una “miriade di tesori nascosti, a volte ignorati dai più, che
rappresentano una vera sorpresa, non solo per il fortunato pellegrino che li
“scopre”, ma anche per l’abitante del luogo” –
 ha puntato inizialmente sul blasone di
“città del Natale”, “non essendo riuscita a fare decollare la festa in onore di
Sant’Alfonso.”

La giornalista illustra, però, anche le aspettative deluse nei
confronti della città di Pagani dove riposano le
“spoglie mortali” di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
(visitate nel 1990 da papa Giovanni Paolo II), nonché l’”incapacità di creare le giuste congiunture perché questa città si trasformi
in un punto di riferimento per il turismo storico-religioso, fino ad auspicarne
la elezione a città del Natale.”
Una città (con una forte
attrattiva sia per la Santità del Dottore della Chiesa che per la ultrasecolare
tradizione della Madonna delle Galline) che avrebbe potuto sfruttare
l’opportunità del “filone alfonsiano” e della geografia del turismo
religioso che “sempre più spesso unisce fede, storia e cultura in una nuova
forma che nasce dall’intersezione tra spiritualità”
edivenire come San
Giovanni Rotondo dove “il vero miracolo di Padre Pio” è stato
trasformare “un misero paesino in un’attrazione turistica con magliette,
immaginette e tutto il merchandising possibile.”

La “profonda stima e venerazione per Sant’Alfonso” emerge già dalla documentazione risalente ad oltre duecento anni fa (custodita presso l’archivio annesso alla Basilica, al Convento ed al museo alfonsiano, a Pagani – rif. anni 1886, 1887) ed in cui viene confermata l’autorevolezza delle “feste centenarie di S. Alfonso M. De Liguori”. Negli anni Cinquanta e Sessanta – per la Festa del Santo – arrivavano folle di pellegrini (nel 1957 circa trentamila persone) con presenze di autorità istituzionali e religiose con concerti bandistici, performance di orchestre lirico – sinfoniche, la fiera del bestiame.

“Anno
dopo anno la festa si perpetua. Uguale a se stessa. Motivo, questo, nel quale abbiamo
individuato una delle cause che ne hanno impedito il decollo.” “Manca, dunque,
la parabola evolutiva.” “E la festa? La festa è diventata un “rito”, che si
ripete in maniera uguale e monotona.”
Pur essendoci “evidenti
tentativi di rilancio e re – vitalizzazione attraverso l’inserimento nel
cartellone degli eventi di nomi di spicco soprattutto della musica leggera”

“Nonostante tutto, il canovaccio si ripete. Immutato.”

Un patrimonio mondiale che
giace inutilizzato in quanto in 170 anni non è “decollato” perché la
città di Pagani – “schiacciata” tra Pompei, Napoli, Caserta, le costiere
amalfitana e cilentana – non è richiesta dal turista medio. “Il turismo
religioso, poi, è indirizzato verso grandi mete: Padova, Loreto, Assisi, Pompei
(con due milioni e mezzo di pellegrini). Seguono quelle importanti ma “minori”:
Cascia, Paola, San Giovanni Rotondo.”

“Nell’Ottocento
e fino alla metà del XX secolo e fino agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso
il Cardinale di Napoli veniva sempre il 2 agosto Pagani con una folta
rappresentanza del clero napoletano al suo seguito, per rendere omaggio ad un
santo napoletano famoso in tutto il mondo. Questa bella e pia usanza si è
interrotta, senza preavviso, agli inizi degli anni Novanta.”

Pietro Paolo Califano,
docente, giornalista, responsabile della festa dal 1984 al 1987 rivela come “la
festa di Sant’Alfonso abbia raggiunto il suo massimo splendore nel 1987 con il
meeting dei giovani.” “Già nell’88 – continua, sollecitato nella riflessione –
si spensero le luci della ribalta. Nessuno ebbe più realmente a cuore la festa
e la popolazione si mostrò sempre più restia a contribuire con oboli, offerte,
contributi.”

“Una
partecipazione speciale quella di Pagani alla Bit”
nel
2009, in particolare, al Workshop Bit Itinera – Workshop dei Percorsi
Religiosi, organizzato in collaborazione con Aurea – Borsa del Turismo
Religioso e Spazio Eventi, dedicato ai “viaggiatori per fede”
(evoluzione
in chiave contemporanea dell’antica figura del pellegrino) ed ai percorsi della
fede “al fine di supportare le realtà del turismo religioso per un nuovo
approccio al viaggio religioso, che integra la visita alle mete di
pellegrinaggio con il desiderio di ampliare e approfondire la conoscenza dei
territori e della loro natura, cultura e arte.”

“La
festa di Sant’Alfonso ha una storia bicentenaria che avrebbe potuto farne il
centro catalizzatore di un’economia in cerca della canonica seconda occasione.
Un impareggiabile ed incomparabile motivo di attrattiva di matrice
religioso-culturale-architettonico. Non solo in concomitanza con anniversari e
simili, ma per le sue caratteristiche intrinseche più uniche che rare. Una
festa che avrebbe potuto veicolare anche l’icona di “città del Natale” che
Pagani ha vagheggiato, accarezzato, assaporato, ma che non è riuscita a
trasformare in uno status.

Un’occasione sprecata?
Si!”

Nicoletta Lamberti