CONCORSI ED ESAMI, PANORAMICA GENERALE TRA L’ITALIA E LA VITA

“Gli esami non finiscono mai” – affermava il grande drammaturgo
partenopeo Eduardo De Filippo. Ed è sempre tempo di concorsi. Spesso
dal tono altisonante, ma a volte è come se questo vocabolo indicasse una
“competizione” – reale o presunta che sia – che sia “ritagliata” ad hoc su (e “per”,
a giudizio di molti partecipanti… “sfortunati”) alcune categorie che potremmo
chiamare “privilegiate” (se così è concesso affermare, mutatis mutandis). Senza
voler, naturalmente, entrare nel merito.

Sono dicerie che sembrano attestare il vero – tra criticità,
proteste, malumori e tanta amara delusione. Il tutto genera una… “rabbia
sociale” che poi confluisce in migliaia di ricorsi, da parte di singoli o di
gruppi: la cosiddetta “class action” o “azione di massa” che dir si voglia. Consultare
un legale, per vere o presunte “irregolarità” nei suddetti concorsi, scaturisce
dalla mancanza di lavoro. Effettiva. Nella Repubblica che si “fonda” (proprio),
recita il primo articolo della nostra Costituzione, sul lavoro. Manuale o
intellettuale che sia. Senza distinzioni e con la stessa dignità.  Nelle mille sfaccettature: da anni il mercato
del lavoro stesso vede e/o rende un “miraggio” l’accesso al pubblico impiego
e/o anche e soprattutto nella vituperata e mortificatissima classe operaia
(già… “separata”, abbastanza razzisticamente – anche in termini linguistici –
dagli impiegati; o “colletti bianchi” o “travet”).

Dal punto di vista sia morale che “tecnico” o “pratico”, ci si
potrebbe dilungare a lungo. Però concentriamoci almeno “solo”, se possibile, tout
court sulla questione dei concorsi pubblici. Molte persone, pur
partecipandovi, li considerano alla stregua di un mero “fumo negli occhi”.
E si ricorre, qualche volta, a “scorciatoie” come raccomandazioni o
segnalazioni
. Oppure – peggio ancora – come titoli “gonfiati” o addirittura
“inventati”
per partecipare a qualche selezione; a qualche procedura verso
il già citato miraggio del lavoro inteso però quale “posto fisso” (a tempo
indeterminato
– ci si augura).

Le speranze e anche, spesso, le delusioni; le frustrazioni di
tanti giovani – di cultura e/o preparazione davvero e oggettivamente elevata/e –
li inducono talvolta a recarsi all’estero. A rischiare, ad emigrare, a lasciare
il seno delle proprie famiglie – andando incontro all’ignoto, non quali
“bamboccioni”. Per evitare la tanto temuta disoccupazione, per realizzarsi.
Dopo anni intensi di studio, sacrifici – economici ed esistenziali o familiari.

Umiliazioni e tanta competitività “ingiusta”. E poi ciò accade anche
ai meno giovani, di ogni censo; situazione; “categoria” sociale. Ma all’estero
i nostri “cervelli” (parlando, per l’appunto, di “fuga delle intelligenze e
delle competenze”) riescono ad emergere in virtù della meritocrazia. E vengono
rispettati, in funzione delle capacità che immettono nelle diverse professionalità.

E per quanto concerne i concorsi in Italia – e non all’estero?
Il giudizio è sospeso, non si sa cosa affermare. I dubbi, però, sorgono –
almeno quelli. Tante, nel tempo e/o finora, le lamentele; le proteste; i
proclami di ingiustizia da parte dei candidati o partecipanti. E parte la
raffica dei ricorsi. A volte sacrosanti, altre meno. Per allontanare la
“furbizia” (diciamo così) di coloro che – anche per disperazione – sono
“costretti” a sgomitare, comunque, in questa società frenetica e dai ritmi
pressanti improntati al materialismo; al capitalismo; all’utile e al profitto.
Senza (più) umanità o pietà, misericordia, umiltà (dal latino “humus” ed
“humilis”, basso/bassa come la terra). Ingranaggi di un meccanismo “perverso”,
a mo’ di una catena di montaggio – si ricordino la Rivoluzione Industriale e le
sue diverse fasi, nell’Inghilterra dell’800, e il “fordismo” o “taylorismo”
americani.

Tornando alla tematica dei concorsi, ecco un’esperienza “personale” –
se così si può dire: chi scrive ha tentato di inserire la propria candidatura
su una piattaforma on line, digitale, di una procedura – molto “generica”,
peraltro – scaduta da pochi giorni, dopo una proroga. Dovuta,
quest’ultima, al cattivo funzionamento del web e/o all’intasamento della
piattaforma stessa
; ciò in quanto moltissimi utenti si sono collegati nello
stesso momento (sempre lo stesso, atavico, problema – è quello dell’eccessivo
“lavoro” del sistema informatico).

È da evidenziare che la sottoscritta non si è mai, in genere,
“ridotta all’ultimo momento” per quanto concerne altre procedure selettive o
concorsuali (e qui ci sarebbe anche da discutere sulle “solite” raccomandazioni
– di cui parlavamo più sopra; ma anche sull’opportunità e soprattutto utilità di
tanti bandi “omnicomprensivi”). Solamente in questi giorni di estate calda e
umida (nella località dove viviamo), la scrivente ha lasciato passare pochi
giorni per iscriversi al bando oggetto della discussione. Dopo esser stata
attentissima a inserire tutti i dati possibili e immaginabili, ecco che – a un
certo punto – il sistema non le ha consentito di proseguire oltre. Come mai? Premettiamo
che vi è stata una corsa contro il tempo per pagare una cifra, irrisoria – è da
dire – mediante bollettino postale, a ridosso della scadenza (prima della
dilazione, della proroga). Nel prosieguo dei giorni, la sottoscritta ha
ritentato più e più volte (con il gentile e prezioso ausilio di una collega) di
comprendere perché server e/o browser non permettessero l’accesso al
“completamento” della domanda.

Perciò, chi parla si è rivolta all’assistenza tecnica disponibile per
risolvere eventuali problematiche – mediante un apposito schema, o modulo,
sempre on line; da inoltrare a “chi di dovere”, a degli esperti. Ebbene, la
“risposta” al problema – purtroppo – è giunta solo dopo due giorni, rispetto
alla data in cui avevamo chiesto assistenza, appunto, “tecnica”. Nulla di male,
se non fosse che poi il concorso è scaduto e – per una sciocchezza, dovuta al
mancato riempimento dello schema on line (nell’item relativo alla Posta
Elettronica
Certificata o Pec, che andava “spuntato” – anche
se non abbiamo la Pec
) – non è stato possibile essere “ammessi” al
bando.

Da questo esempio, sia pure “personale”, emerge la necessità di
rafforzare la masterizzazione dei supporti elettronici o comunque di
migliorarne le “prestazioni”. Oggi, per fortuna, iscriversi ai bandi è più
semplice – grazie alla digitalizzazione, alla larga banda, ai device di ogni
sorta. Forse, però, alcuni dispositivi (e/o interfacce) andrebbero potenziati
ulteriormente, in previsione di un enorme affluenza da parte di bacini di
utenza interessati a prendere parte a selezioni e quant’altro.

Tra i concorsi, da tempi immemori, emergono criticità e ricorsi soprattutto
per la mortificata e vituperata categoria degli insegnanti; dei docenti.
Come
mai, ci chiediamo, con innumerevoli precari che da anni attendono
l’immissione in ruolo (tra “Graduatorie ad esaurimento” o “Gae”; tra fasce di
insegnamento; tra mille e mille incarichi o contrattini e altro ancora –
racimolando stipendi abbastanza bassi) nella scuola; nelle pubbliche
amministrazioni; a livello dell’Istruzione
ancora il Ministero indice
nuovi concorsi?

Perché non scorrere, semplicemente, le infinite graduatorie? Il
livello dell’educazione e dell’istruzione in Italia dipende anche (se non
soprattutto) nella valorizzazione delle “risorse umane”: i professori. Sfatando
i luoghi comuni che vedono i prof a lavorare “seduti” (apparentemente senza
sforzo, contrariamente alla classe operaia) e con “ben” tre mesi di ferie. Che
poi, a rifletterci, gli insegnanti si recano a scuola anche in estate (per
collegi e riunioni varie) e, poi, la loro professione non si “ferma” alle
lezioni mattutine: dopo pranzo, attesi i servizi domestici, ci sono sempre
compiti in classe, test, verifiche da correggere; lezioni da preparare per il
giorno dopo; registri da redigere… E molti docenti (maschi e femmine) hanno una
famiglia a cui badare; figli da seguire – e altro.

Insomma, non si dia retta più a tali, falsi, stereotipi. Ma si
pensi alla “dignitosa esistenza” – avallata dalle norme in materia di lavoro
e/o di contratti pubblici – di cui ogni cittadino (italiano e non) “lavoratore”
(sia operaio che “professionista”; impiegato pubblico) ha pienamente diritto. Molti
prof si sacrificano per questo lavoro, magari divenendo pendolari verso
località a volte lontane dalla zona di residenza. Ben vengano i concorsi per
insegnanti, allora. Come per il 2012; per il 2016 (riguardo alla “Buona
Scuola”) e per quest’anno (tutto è scaduto da poco). Ben vengano i 24 Crediti
Formativi Universitari o Cfu. Ben vengano (ancora) corsi di formazione, master
o scuole di specializzazione per l’abilitazione. Ma, contemporaneamente, si
pensi anche a recepire (da parte dei due ministeri – Istruzione ed Università,
da pochi mesi distinti tra loro) le giuste e sacrosante istanze di chi vuole
fortemente entrare nel mondo della Scuola.

Nella maggioranza dei casi non per il fatidico “posto fisso” o per
lo stipendio, per ripiego; bensì per una vera mission e per passione. Non
umiliamo quindi, ulteriormente, i docenti. Che anzi andrebbero incentivati e
valorizzati; anche con premialità di “meritocrazia”. Anche innalzando gli
stipendi. Sembra – a nostro modesto avviso – che le ultime riforme in materia
di Istruzione siano fortemente inficiate dalla “solita” (dichiarano in molti) mancanza
di fondi. Da destinare – appunto – all’istruzione e alla ricerca.

Back to school – blackboard with pencil-box and school equipment on table

È pur vero che le riforme più recenti mostrano un grande sforzo,
una forte intenzione nel dare maggiore dignità ai professori e/o a tutto il
personale scolastico istituzionale. Compresi assistenti e/o collaboratori
amministrativi; Ata e anche dirigenti scolastici (i presidi). Ed è vero che la
legge 107/2015 – nota come “La Buona Scuola” – ha dato, insieme ad altre
normative anche precedenti e (soprattutto) successive, forte impulso a un
interessante potenziamento/ripensamento del concetto stesso di Educazione,
Istruzione, Pedagogia in Italia – per ogni indirizzo. Però si può fare,
certamente, di meglio allo scopo di ottimizzare anche l’immissione tra le aule
dei succitati precari. Che compongono fila lunghissime e, ovviamente e
giustamente, combattono per i propri diritti. E sono anni ed anni, che
rimangono in graduatoria.

Perché, davvero, gli esami e i concorsi non finiscono mai. Anche nel corso dell’esistenza (life long learning – LLL). Lo sapeva bene Luigi Pirandello, che parlava di “maschere” e di “giudizi” continui – per misurare sé stessi in rapporto agli altri; all’altro. Ognuno, infatti, sostiene durante tutta la vita una serie di prove, da considerarsi quali veri e propri esami/concorsi. Lo stesso “cambio di registro” nel rapportarsi con una persona o un gruppo e l’altra/altro può essere visto come un esame, come un test – una prova. È materia per i sociologi ed antropologi etnometodologi. Per questo, il genere umano deve sempre allenarsi; essere preparato alle sfide della società. Sin da bambini, da giovanissimi. Per superare, in serenità, i concorsi. Anche quelli che potrebbero sembrare la classica “nuvola” di “fumo negli occhi”, quali alcuni regionali dello scorso anno. Ma questo è un altro discorso – pur accennato, in questo nostro umile servizio giornalistico – da affrontarsi anche altrove. In altre e più opportune sedi.

Anna Maria Noia