Ernesto Mahieux : “Per un attore interpretare i cattivi significa mettersi alla prova”

Picentia Short Film Festival, a Ernesto Mahieux il “Picentia Award alla carriera 2020”

Grazie Ernesto per essere entrato nella storia del Picentia Short Film Festival”! Con queste parole, la Direzione artistica del Picentia Short Film Festival saluta con soddisfazione una delle parti più emozionanti del Festival conclusosi domenica scorsa 13 settembre; Il premio alla carriera ad Ernesto Mahieux, attore versatile e popolare, celebre volto di fortunate pellicole e che vanta un numero consistente di registi che lo hanno diretto in oltre quarant’anni di carriera

Ernesto Mahieux sul “red carpet” del Picentia Festival con i direttori artistici
Luca Capacchione, Antonio Palo ed Erica De Lisio

Maestro, Lei
appartiene ad una generazione di attori napoletani che hanno tracciato una
strada alle nuove generazioni di registi ed attori con le Sue memorabili
interpretazioni. Quali sono stati i Suoi modelli?

Ernesto Mahieux con Stefano Pignataro

Lavorare con Ettore Scola è stato un vero onore. Scola è stato un regista
che ho molto ammirato e da cui ho imparato tanto, anche per la molteplice
varietà dei temi da lui trattati nel corso delle sue opere. Ho apprezzato ed
apprezzo anche i più giovani come ad esempio Matteo Garrone. Garrone mi scelse
per interpretare la parte di Domenico Semeraro ne “l’Imbalsamatore”. Semeraro
era un personaggio spaventoso, un vero criminale. Un giorno, mentre stavo
girando un film in Puglia, mi venne incontro un nugolo di agenti della Polizia,
tanto che mi spaventai. Mi si avvicinò una poliziotta e si presentò: era Maria
Semeraro, la nipote. Ci tenne a ringraziarmi per “l’interpretazione umana che
avevo dato allo zio”. Mi disse che, quando fu fatto il sopralluogo in casa sua,
trovarono di tutto, dalla droga agli oggetti sadomaso. Quell’interpretazione,
per me, fu molto importante.

Interpretare un personaggio così violento ha anche un qualcosa di catartico
per un attore?

Io penso che in ogni essere umano, anche nel criminale più efferato e più spietato,
vi sia un briciolo di umanità. Non so, però, se questa regola valga anche per
quegli energumeni che pochi giorni fa hanno ucciso il povero Willy Monteiro.
Questa scintilla di umanità è ciò che ci distingue dalla bestia, anche se a
volte dovremmo imparare proprio dalle bestie l’umanità stessa

A giorni cadrà il trentacinquennale della morte violenta del giornalista
Giancarlo Siani. Lei ebbe modo di recitare nel film a lui dedicato “Fortapasc”
diretto da Marco Risi

Fortapasc è un bellissimo film, uno dei più belli da me girati. Il mio
personaggio, il suo direttore di giornale Sarà, direttore de “Il Mattino” di
Napoli, è forse un po’ vigliacco, ma è una vigliaccheria dettata dall’età,
dall’esperienza. Egli sa come “vanno le cose”, per cui, mi riferisco alla scena
della spiaggia, ammonisce il giovane giornalista.

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Siani è stato un vero giornalista, un vero esempio da seguire e un vero
ero, assieme a Roberto Saviano. Un giornalista che avrebbe potuto fare una
grande carriera e la Camorra e l’Italia non gliel’hanno permesso. Ho avuto modo
di conoscere anche il fratello di Marco Siani, Paolo, pediatra, una degna
persona come il fratello.

A quel film sono anche legato da un aneddoto storico: all’inizio della mia
carriera mi capitava anche di fare i Matrimoni ed un giorno capitai, a mia
insaputa, ad un matrimonio legato al clan di Valentino Gionta,il boss che volle
la morte di Giancarlo. Fu un’esperienza, seppur breve, che mi fortificò, mi
fece vivere da vicino quelle brutte situazioni popolate da loschi figuri.
Trent’anni dopo Marco Risi, un bravissimo regista ed una bella persona, mi
chiamò a lavorare a Fortapasc”.

Ricordo che proprio
in quel periodo perse il padre Dino (stavamo presentando il film ad un Festival
di Castel Volturno)

Lei interpretò anche un usurario, Kappadue, nel film
di Ale e Franz “Mi fido di te” di Massimo Venier..

Si, anche quello fu un personaggio totalmente negativo che aveva un suo ruolo preciso nell’economia del film. Interpretare i cattivi mi ha sempre affascinato perché significa mettersi davvero alla prova e dimostrare il proprio talento come attore. E’ molto facile, secondo il mio parere, interpretare te stesso. La bravura emerge quando devi portare sul set e sullo schermo un personaggio totalmente diverso dalla tua natura. Lavorare con Ale e Franz, poi, è stata davvero bello. Quando si ha la possibilità di lavorare con bravi attori si costruisce insieme, sempre. Tra i cattivi che ho interpretato c’è anche Erode, in “Chiami Salomè” di Claudio Sestrieri.

Stefano Pignataro

Le foto di copertina e nell’articolo sono di Simone Punzi
Copertina: elaborazione grafica AR per PSAM.