Schiavi delle nostre libertà: cronaca di una ricaduta annunciata
In “Cronaca di una morte annunciata”, di Gabriel García Márquez, si passa da un clima gioioso a un’attesa preoccupata, ed è proprio quello che è successo a noi, passati da un’estate di disinvolta incoscienza a un autunno di attesa di dati e nuovi DPCM
di Antonello Rivano
“Ve lo avevamo detto”, sarebbe cosa facile rispolverare i vari articoli che, durante la prima ondata, il nostro Magazine aveva pubblicato, specie alcuni editoriali, per testimoniare il fatto che già si pensava alle misure economiche adottate allora come inique e senza lungo respiro e che una nuova, probabilissima, ondata sarebbe stata deleteria.
“Ve lo avevano detto”, vari ed illustri esperti, che ci sarebbe stata la seconda ondata. Ce lo diceva anche la storia, se solo avessimo imparato qualcosa dal passato, con il racconto della pandemia di “Spagnola “del 1918: come oggi si era creduto ad un “liberi tutti”, dopo una prima breve fase nell’estate tutto sembrava finito, ma in autunno l’incubo ricominciò, questa volta più violento, più contagioso, con un’età media dei colpiti più bassa. Certo parliamo di un’altra malattia, di un’altra sanità, eravamo in periodo di guerra e i mezzi di comunicazione erano scarsi e fruibili da pochi, poco si sapeva di cosa succedeva in altri parti del mondo, sicuramente c’erano meno agi e comodità. Ecco, proprio per questo, ora abbiamo meno scuse, meno pretesti, per giustificare ciò che è accaduto, che è maledettamente simile a quanto successe allora, speriamo solo che il numero dei morti resti molto distante da quelli causati da quella “influenza”.
In “Cronaca di una morte annunciata”, di Gabriel García Márquez, si passa da un clima gioioso a un’attesa preoccupata, ed è proprio quello che è successo a noi, passati da un’estate di disinvolta incoscienza a un autunno di attesa di dati e nuovi DPCM. Si è sperato nel miracolo, atteso che qualcuno facesse qualcosa per noi, proprio come nel romanzo di Márquez, dove i potenziali assassini sperano che qualcuno li fermi. Abbiamo forse sperato anche noi che qualcuno ci fermasse, che prendesse per noi la decisione di non farci cadere in una seconda da fase, ma chi doveva fare questo non solo non è stato capace di farlo ma neppure ha pensato alle conseguenze.
Come sempre accade si è voluto credere alle “Cassandre” che ci dicevano che era finita piuttosto che a chi ci metteva in guarda da un virus subdolo e ancora per molti versi sconosciuto.
Si potrebbe analizzare il tutto da un punto di vista sanitario, oppure da quello politico, senza trascurare quello economico, ma la verità è che siamo stati “schiavi delle nostre libertà”, tutti, nessuno escluso.
Al di là delle colpe, accertate, di amministratori di ogni livello e grado, siamo stati tutti complici di questa “ricaduta”, incapaci di rinunciare a un po’ del nostro ego per il bene comune.
Schiavi della nostra libertà, appunto, anche di quella che ci permette di dire e scrivere cose senza il filtro del buonsenso. Molti sono stati complici di una cattiva informazione, della condivisone di tesi assurde su complotti e tirannie. “Negazionismo”, “terrorismo”, “dittatura”: siamo riusciti a svuotare questi termini dei loro veri significati, usandoli e abusandoli, distorcendo spesso la “verità”.
Ci siamo dimenticati dei “supereroi”, spesso dicendo che in fondo hanno fatto solo quello per cui erano pagati, forse non sapendo che molti di loro hanno un contratto fermo da anni. Tanti di quelli che non hanno osservato nessuna norma anti-contagio hanno scritto che fa parte del lavoro degli operatori sanitari salvare vite umane, è vero, anzi lo hanno persino giurato, solo che tra quelle vite ci sono anche quelle di chi mette volontariamente a rischio la sua salute e quella altrui.
Siamo prigionieri delle nostre stesse abitudini, incapaci di rinunciare al superfluo e una intera fascia economica è nata e si basa su questo, rendendo ancora più difficile chiudere i cosiddetti “servizi non essenziali”, probabilmente dovremmo molto riflettere su questo perché sarà difficile ritornare alla “normalità” per lungo tempo.
Quella che si sta profilando è un tutti contro tutti: giovani contro anziani, pubblico contro privato, partite Iva contro stipendiati, ma soprattutto forti contro deboli..
E’ crisi sanitaria ed economica ma anche sociale e culturale, e non si sa bene quale di queste sia più incombente e pericolosa, di sicuro il loro mix è esplosivo e potrebbe avere un punto di non ritorno, i fatti di Napoli, e ultimi quelli di Roma, al di là di ogni considerazione su chi li abbia fomentati , stanno li a farci da monito.
Il titolo, e parte di questo mio scritto, mi sono stati ispirati da un post di Manuele Poggio, “spirito libero” molto seguito su FB. Concludo con le stesse parole usate da lui, parole che faccio mie:
“…io non voglio il lockdown, per me è la morte interiore. Sinceramente devo ancora recuperare dal primo (emotivamente, economicamente non recupererò più un bel nulla). Ma se devo sacrificare parte della mia libertà affinché delle vite possano essere salvate, sono pronto. Proprio perché nessuno è libero quanto me. Sono così libero da non essere schiavo nemmeno della mia libertà”.