Deborah, il coraggio di “essere”

Si può parlare del proprio dolore sui social? Mostrare come si cambia, il percorso difficile e faticoso, intrapreso mentre si affronta una malattia? Deborah lo ha fatto e per questo è stata criticata, a volte pesantemente.

Di Antonello Rivano

Mi hanno dato dell’esibizionista. Mi hanno detto che chi ha dignità soffre in silenzio. Mi hanno detto che io ostento un qualcosa che la buona educazione suggerisce di nascondere. Come se ci fosse una classifica sul dolore o un modo giusto e uno sbagliato per esprimerlo” (Deborah Riccelli)

Abbiamo più volte parlato di Deborah Riccelli,
l’abbiamo intervistata e pubblicato suoi scritti. Lo abbiamo fatto raccontandola in veste di scrittrice e di donna impegnata contro la vigliaccheria della violenza di genere. Abbiamo parlato di lotte fatte per proteggere altre donne, oggi parliamo invece di un’altra lotta, quella che sta facendo per lei, per la sua vita, anche perché Deborah lo racconta ogni giorno su Fb, per questo è stata criticata, se non addirittura insultata.

Sul suo profilo FB lei ha sempre parlato del suo impegno sociale e di cultura. Ha postato, come la maggior parte di noi, i suoi momenti felici, i viaggi, gli eventi speciali. Pubblicato foto con i suoi sorrisi, gli splendidi occhi verdi e la sua rossa chioma.

Da qualche tempo Deborah pubblica anche altro: la sua malattia.

283 giorni: cosi inizia il suo post del 17 aprile. Sono i giorni trascorsi dal suo intervento, in piena pandemia. Deborah li conta quei giorni, ce li enumera, ce li rammenta. Forse per dirci quanto sia importante ogni singolo giorno, per lei e per tutti noi, ma anche per “segnare” i suoi passi, mentre percorre un sentiero in salita, irto di ostacoli, senza però mai smettere di essere altro.

Il problema non va dimenticato ne nascosto, non deve però essere “la nostra vita” pur essendo parte indivisibile di essa. Perché si può essere felici “nonostante” e vivere le nostre passioni, i nostri impegni : questo ci racconta ed invita a fare Deborah. Ma bisogna saperlo cogliere, senza pregiudizi o ambizioni da “falsi moralisti”. Occorre riconoscere i motivi, cogliere il prezioso messaggio, di chi, accusata di “apparire”, ha invece semplicemente il coraggio di “essere”!

Se la condizione di chi è affetto da tumore (perché di questo si tratta) è sempre difficile, lo è ancor di più da quando siamo in emergenza sanitaria.
Bombardati da informazioni sul Covid, e sulle sue vittime, ci siamo quasi dimenticati che esistono altre malattie, cattive, difficili da curare e ancor di più da affrontare. Percorsi già difficili si sono ulteriormente complicati da una situazione sanitaria che è stata spesso sull’orlo del collasso: visite e interventi rinviati, ricoveri già programmati saltati ecc…

Deborah ha sempre degli splendidi occhi verdi, un sorriso dolce e contagioso, tanta voglia di vivere, fare cultura e impegnarsi per gli altri. Ha perso però, a causa delle cure, la sua chioma rossa . Ma non se ne fa un problema Deborah, al posto dei capelli ricci ecco delle belle parrucche…oppure la sua testa al naturale.

Lei continua a postare la sue foto, assieme ai suoi stati d’animo, e il suo percorso, fatto anche di dolore. Ecco…”il suo dolore”.

Ed è questo il punto: quanto coraggio ci vuole per mostrare se stessi, cosi come si è, in un mondo in cui tanti, invece, si mostrano più che altro per come vorrebbero essere, o come vorrebbero che gli altri li vedessero?
Quanto è considerato “normale” mostrare, oltre che alle cose belle, anche quelle brutte della propria vita?

Del resto la storia di Deborah, il suo modo di reagire, l’esempio che dà ogni giorno, dovrebbero essere preziosi, un incoraggiamento, per tutti quelli nelle sue condizioni.
Invece sembra che ad alcuni ciò dia fastidio.

Mi sono arrivati messaggi che mi additano come una grande esibizionista, che ci tengo ad essere sempre al centro dell’attenzione, che chi ha dignità soffre in silenzio, che “sfrutto” la mia malattia ( come se qualcuno mi pagasse)“- ci ha raccontato – “mi hanno anche telefonato per dirmelo

Sarebbe bello sapere quanti di questi “signori/e” poi vedono la cosidetta “televisione del dolore” quella si strutturata per sfruttare la morbosità, più che la compassione, degli spettatori, e vendere storie spesso “farlocche” o “pompate”, in molti casi interpretate da attori di pessimo livello al posto dei veri (?) protagonisti (De Filippi e D’urso…docet).

Ma forse è soltanto paura. Vedersi sbattere in faccia quanto siamo fragili, di fronte alla vita, spaventa, intimorisce. Chi frequenta i social preferirebbe sempre vedere altro, anche se spesso è solo finzione, maschere virtuali .

Deborah sa essere coraggiosa nella sua normalità, non “eroina” ma “persona”, che sta affrontando la sua malattia, con dignità, e non la nasconde perché è ora parte del suo di se, della sua quotidianità.

Penso alle tante sconfitte
Alle vittorie
Alle delusioni
Alla forza di credere ancora.
Alla mia difficoltà di reagire agli abbandoni.
Alle rotture.
Alle incomprensioni.
Al terrore che mi provoca chi riesce a manipolare parole e situazioni senza provare vergogna e a quanto io, nonostante tutto, continui a credere che i rapporti vanno preservati perché la vita è fragile.
Perché la vita può finire in un attimo e molte volte non ci concede il tempo per chiarire e credo che il rimorso possa essere un compagno bastardo con cui condividere i giorni.
Sto pensando alle umane debolezze .
Ai nuovi patti di condivisione.
Alla commozione. Agli slanci vitali. Alle anime affini.
Alla forza inaspettata. Quella che, per fortuna, ha deciso di abitarmi dentro.
All’equilibrio nell’esporre i miei sentimenti, che spesso mi manca.
All’amicizia, all’amore, alle opportunità.
Al saperle cogliere, queste opportunità.
Alle tante strade sbagliate che ho percorso e che,
comunque, avevano qualcosa da dire.
Alla fatica di alcuni giorni e alla bellezza di tanti altri.
Sto pensando che da quando ho accettato la consapevolezza che potrei volare via sono, incredibilmente, molto più stabile.
Sto pensando che continuerò ad esserci sempre anche quando farlo significherà sottrarsi.
Penso al mio futuro appeso ad un filo che è ogni giorno assolutamente e disperatamente sempre più mio”

(Dal profilo FB di Deborah Riccelli)

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Deborah parlerà di questo ed altro durante una diretta Instagram il primo maggio alle ore 18.00, per la serie di interviste di "Aperitivo con l'anima" : Si può parlare di Dolore: #Lavitainsospeso - Deborah Riccelli, formatrice esperta in stereotipi del linguaggio, violenza di genere e crimine familiare.
Per registrarsi all'evento il link è: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfRR0BnLaIoubN7TZYJHSdx4VS0c7w2qeNTrVvO39al_uXTgw/viewform

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