La distrofia muscolare scapolo-omerale e due storie di riscatto dalla patologia genetica

di Anna Maria Noia

“Sulle prime è stata una vera tragedia”; “Confesso di essere stata angosciata, mi è caduto il mondo addosso” – con queste parole si esprime la docente Silvana Robustelli – classe 1963. Cinquantanove anni portati benissimo; insegnante di Storia e Filosofia con ben trentatré anni di carriera – di cui quindici “solamente” al liceo “Bonaventura Rescigno” di Roccapiemonte (Salerno). Una donna coraggiosa, tale “prof”. L’insegnante – che vive tra Mercato San Severino (sempre nel Salernitano) e, appunto, Roccapiemonte – pronuncia questo discorso parlando di un “inquilino” piuttosto “scomodo”, annidato nel suo organismo dalla nascita, ma “conclamato” (“ufficialmente”) da pochi anni.

Silvana è difatti affetta da una grave patologia degenerativa: la temibile (ma non inesorabile) Fshd. Ovvero: distrofia muscolare scapolo-omerale. Patologia rara, che “colpisce” (se così possiamo affermare) circa un soggetto su 20mila. Si tratta di una “sottocategoria” – diciamo così; di una “variante” della più nota distrofia muscolare. Invalidante e progressiva. Esistono studi specifici e approfonditi, all’estero e in Italia; tuttavia il “traguardo” della cura “definitiva” è ancora un po’ lontano – sebbene la ricerca prosegua con costanza e i ricercatori stessi abbiano messo a punto diverse tecniche diagnostiche e/o laboratoriali che – si spera a breve – possano dar sollievo ai pazienti portatori di questa malattia. Grave, certamente, ma non tanto da farle rinunciare a una vita dignitosa, decente e piena di lotte; di tanta speranza. Anche se – inizialmente – dopo tante analisi ed indagini diagnostiche, il “responso” della scienza abbia prodotto in lei comprensibili momenti di abbattimento – sopra riportati. Adesso, invece, la dinamica Silvana è decisa a combattere tutte le sue battaglie affinché vi sia una capillare “campagna” di sensibilizzazione e di informazione inerenti a queste alterazioni genetiche che affliggono tanti pazienti. Per portar loro speranza, certamente non rassegnazione!

Le strade di Silvana, di cui intendiamo narrare la storia – un racconto di speranza, appunto – si incrociano con quelle di un volitivo e determinato ragazzo, che ha il volto e il carattere di Aniello “Nello” Capuano. Anch’egli affetto da Fshd, ma ancora più coraggioso e guerriero della 59enne. Anche di lui intendiamo occuparci, per far risaltare la sua esistenza… “vittoriosa” su questo male oscuro e ancora in gran parte “misterioso”. Proprio grazie al rapporto, affettuoso e solido, tra queste due persone eccezionali – con alle spalle un passato “simile” ma con esperienze alquanto diverse – nasce la speranza e la voglia di non mollare mai di entrambi. Quest’amicizia ha rafforzato la determinazione di Silvana. Credente, piena di valori, Silvana Robustelli ha scoperto solo da tre anni di “soffrire” di quest’affezione. Anche se i problemi da lei riscontrati la affliggevano da molti anni. Invece non è stato così per Nello: addirittura la sua patologia è ancora più rara. I sintomi cominciano – per lui – già dalla nascita ma in particolare verso i sei mesi di vita. È proprio in questo periodo della sua esistenza che i genitori percepiscono un problema agli occhi: cambiamento di colore, poca visibilità. Tutto a causa della Fshd. Per farla breve, quando Nello aveva 5 anni (adesso ne ha 17) ha cominciato ad essere cieco. Per di più è subentrato un deficit uditivo, cui ha sopperito con un impianto cocleare, inserito qualche anno fa.

Aniello – figlio di Marcello Bengasi Capuano, 47enne che vive tra Castel San Giorgio e Siano, e di Patrizia Scala (anch’ella vive, naturalmente, con tale nucleo familiare), ha anche una sorella più piccola: Maria Pia, 10 anni. È il più “coraggioso” della famiglia e della classe; molto autonomo e indipendente. La coincidenza dell’incontro tra la prof e questo allegro ragazzone, iscritto al liceo di Roccapiemonte con profitto, ha reso anche la docente maggiormente fiduciosa nei confronti della distrofia scapolo-omerale. Tutto è accaduto per caso, l’insegnante ha appreso la gioia di vivere – seppure con tale “spada di Damocle” che dà fiato sul collo – da Nello. Da un paio di anni suo alunno. Raccontiamo pertanto le loro storie, che si intersecano positivamente. Parliamo dapprima di Nello. Poi di Silvana. Insieme – ma non soltanto – hanno partecipato a molti eventi (convegni, tavole rotonde e quant’altro) in nome della conoscenza di questa patologia.

Ecco Aniello “Nello”: il giovane allievo del “Bonaventura Rescigno” – rinomato liceo scientifico di Roccapiemonte (Salerno) – è dunque affetto da questa malattia “adultosomica dominante”. Anche lui, come Silvana, ha effettuato molte e anche costose analisi in molte parti d’Italia – per vedere conclamata la propria affezione. Verona, Bologna… Doveva andare persino in America! Da dodici anni, abbiamo detto, il suo scomodo “inquilino” (cioè la Fshd) ha un nome. Per i suoi genitori – come d’altronde è accaduto alla Robustelli – è stato un colpo basso. Però non si sono arresi: il suo nucleo o “nido” familiare è sempre stato unito e affiatato. “La mia famiglia è semplicemente meravigliosa; mi supporta e mi aiuta in tutto” – esprime il simpatico ragazzo. Stando alle affettuose parole di Silvana, Nello è determinato e capace di tutto. È antonomo e indipendente, insomma non gli manca nulla: si veste da sé; pulisce da solo la propria cameretta – “quando ho voglia di farlo” – asserisce il 17enne. Va in cantina in tranquillità, ha viaggiato per tutta l’Italia. Gli manca solo l’estero, soprattutto la Francia, ma il suo sogno sta per realizzarsi: tempo di Covid permettendo, ha programmato in estate una crociera in giro per il Mediterraneo e/o (non esclude) in altre località internazionali. Ha suonato per qualche anno il violoncello. Ha “strimpellato” (se così possiamo dire) un po’ il piano. Gli piace anche la musica classica, preferibilmente Beethoven. Non dimentica gli altri, anzi aiuta il suo “prossimo” – cioè gli amici e i compagni di scuola. Per giunta ha un’ottima votazione a scuola. Eccelle soprattutto nelle materie logiche e scientifiche, nell’area del ragionamento. Proprio le scienze (Biologia o Geografia Astronomica) e – anche – la matematica sono le discipline preferite. Dopo il diploma, vorrebbe frequentare le facoltà di Ingegneria informatica o proprio Informatica (Scienze dell’Informazione). Ed il mondo si apre sempre più attorno a lui.

Un ragazzo come tanti, della sua età. Con una marcia in più – sicuramente – rispetto ai coetanei, magari più “frivoli” (mai superficiali, però!). A scuola lo rispettano e lo amano, come un vero e proprio leader. Lui – d’altra parte – non teme i pregiudizi altrui. Si sente – ed è realmente – sicuro di sé. Non ha difficoltà architettoniche né teme commenti morali o frecciatine altrui. Per studiare si avvale dei più moderni ritrovati tecnologici: ascolta con profitto le lezioni “orali”, poi ha come dispositivo/device un pc “normale” (di un noto brand informatico) e/o con particolari hardware o software a supportarlo. Ha la tastiera in linguaggio Braille e uno “screen reader” denominato “Jaws”. Il piatto preferito è la lasagna; non disdegna una bella pizza con gli amici più intimi. In particolare ha un amico (appunto) “del cuore”: Riccardo. Con cui coltiva interessi e battute, conoscendolo da circa dodici anni. Gli è stato vicino fin dalle scuole elementari. Dal punto di vista sportivo, possiamo tranquillamente affermare che è un tifoso sfegatato del Napoli. Un fan che ama indossare la tuta della squadra che gli offre gioie (con le vittorie) ma anche dolori – pensando ai match persi.

E come affronta e/o come egli ha affrontato il difficile, delicato periodo della pandemia da Covid 19? “Fortunatamente, in questi due anni, nessuno attorno a me è risultato positivo. Mi sono proprio scocciato di sentir parlare sempre del Coronavirus” – dichiara, senza mezzi termini. “Non ho paura dei contagi – ci confida – combatterò il virus solo quando lo vivrò direttamente, sulla mia pelle”. È appassionato di arte, due anni fa ha visitato una mostra “tattile” – a palazzo Pitti, Firenze. Come accennato più sopra, ha anche criticità dal punto di vista uditivo: nel 2015 gli è stata applicata una protesi cocleare. Per fortuna la distrofia non ha intaccato la mobilità e la muscolatura.

Nello Capuano si reputa fortunato, rispetto a moltissimi altri ragazzi con diverse altre difficoltà. E dà l’esempio a tutti. La sua capacità immaginativa è davvero notevole, a dispetto anche della sua “attesa” di poter esser “dotato” di un cane guida – per il quale la famiglia ha formulato richiesta. Con le mappe mentali e concettuali che crea all’interno del suo cervello, vorrebbe creare dei software per aiutare gli ipovedenti a vivere meglio, senza tante barriere architettoniche e/o “sociali”. Veniamo adesso alla professoressa Robustelli: di lei colpiscono il coraggio e la volitiva combattività nell’affrontare la quotidianità. Eclettica, salda nella fede (come detto prima), da quando ha scoperto ciò che la “anima” nel suo corpo sta mettendo tutto il suo impegno nel sensibilizzare ed informare tutti coloro che non conoscano le malattie genetiche e/o degenerative quali la sclerosi (laterale amiotrofica o non), la distrofia, la Fshd. Combattere “l’ignoranza” su tali sindromi potrebbe aiutare, in primis, la ricerca. E poi sicuramente alleviare i dolori – fisici ma soprattutto morali e “psicologici” – veicolati e/o mutuati dalle patologie come la distrofia. La Fshd e le altre varianti degenerative colpiscono anche cingoli scapolari; pelvi; altri organi. Alcuni sintomi possono ricondurre alla fibromialgia, oppure alla stanchezza cronica (chronic fatigue), ma distrofia e stanchezza non sono la stessa cosa. Per questo è bene essere informati, preparati, sulle malattie invalidanti e/o progressive. Colloquiando con la docente, appare un universo di notizie su queste patologie. La ricerca è sempre costante, sta progredendo grandemente. Non solo Telethon ma anche altri enti stanno mettendo a punto dei medicinali che darebbero anche buoni risultati e non sarebbero troppo costosi ma – afferma la prof – procurerebbero anche troppi effetti collaterali.

Proprio per venire incontro alla necessità di procurare fondi, che andrebbero alla causa della ricerca sulla Fshd, la Robustelli ci parla di alcune iniziative proposte da associazioni e sodalizi sia nazionali che locali. Un esempio potrebbe essere costituito dalla cosiddetta e recente “Calza solidale” – a cura dei club service “Rotaract campus Salerno”; “Leo club Salerno host”; “Rete spesa sospesa poetica”. Questo progetto è stato organizzato nel periodo natalizio, in particolare a ridosso del 6 gennaio (la Befana). In pratica, collegandosi ad un apposito link, è stato possibile acquistare una calza dell’Epifania – ripiena di cioccolata di altissima qualità nonché di omaggi come libri o calendari – sia per i propri figli o nipoti che per donarli ai bambini ricoverati all’ospedale “Ruggi” (“San Leonardo”) di Salerno. il ricavato è stato destinato alla ricerca sulla distrofia facio-scapolo omerale. Questa la denominazione completa della malattia. Con la somma di 15 euro, ecco la calza per tutti e tutte. Con 8 euro di spesa, invece, la calza è andata ad illuminare – si spera – di sorriso i visi dei piccoli pazienti afferenti al reparto pediatrico del nosocomio salernitano. Quanto raccolto è quindi andato alla ricerca per trovare una cura efficace riguardante la Fshd. Rara, invalidante, degenerativa. A determinare una progressiva debolezza e l’atrofia muscolare fin ad arrivare alla perdita dell’autonomia motoria. Si tratta di una delle maggiormente frequenti forme di “miopatia” (dolore muscolare, mialgia) genetica; colpisce 6 o 7 persone su centomila. La trasmissione è di tipo “autosomico dominante”. Attualmente non vi sono cure definitive.

Un’idea davvero meritoria – quella della “Calza sospesa”, allora. La ricerca è al centro anche di associazioni “specifiche”, come la “Fshd Italia Onlus”. Che ha un proprio sito web, una sede principale a Roma. Questo sodalizio si occupa da tempo di ricerca e risultati per garantire terapie efficaci, atte a “domare” queste alterazioni geniche che attanagliano tanti utenti nel mondo. Per una migliore qualità della vita. Sempre la ricerca si focalizza sui cosiddetti biomarcatori, indicatori delle patologie inerenti e coinvolgenti i muscoli “malati” – nei pazienti Fshd. Grazie a specifici ed approfonditi studi, si stanno mettendo a punto delle cure – che però presentano ancora criticità, dal momento che i medicinali sperimentali evidenziano ancora troppi effetti collaterali. Si punta dunque al perfezionamento mirato verso nuove tecniche farmaceutiche. L’alterazione genetica è dovuta al cosiddetto “braccio lungo” (dilatazione) del cromosoma “4”. Che determina una produzione eccessiva di una proteina detta “Dux”. Sappiamo che la specie umana reca quarantasei cromosomi (corpi colorati, in cui si annida il Dna), per quanto riguarda il “numero diploide”. Siccome le cellule sessuali (o gameti) si riproducono per meiosi (fusione) – e non per mitosi (riproduzione), come accade invece per le altre cellule del corpo – ecco che i cromosomi divengono ventitré nel cosiddetto numero “aploide”. A volte accadono delle errate trascrizioni – appunto geniche – sulla doppia elica del Dna (acido deossiribonucleico – con le basi azotate; puriniche e piramidiniche. Timina, adenina, citosina e guanina – complementari). Ad esempio, la sindrome di Down o mongolismo dipende da un gene in più (trisomia) sul cromosoma “21” (trisomia 21). Il bambino nasce pertanto con caratteristiche fenotipiche (e naturalmente anche genotipiche) simili ai tratti somatici della Mongolia. Così va anche per le altre patologie degenerative appunto genetiche. Ma non dilunghiamoci oltre sulla questione. Basti far sapere che i ricercatori ci sono e si impegnano con costanza, caparbietà, coerenza.

Tornando alle realtà associative per la Fshd, molteplici sono le iniziative e le campagne di informazione, divulgazione e/o sensibilizzazione operate – in questi anni – dalle onlus preposte. Che sono poi state fatte proprie dalla Robustelli e da Capuano. “Non sei mai piccolo, se hai un grande sogno”: è il messaggio che campeggia sul portale dell’associazione “Fshd Italia onlus”. Il sogno è quello della sconfitta definitiva del male. All’interno, ecco varie altre “finestre”: in una di queste, l’esimio dottor Enzo Ricci – tra i responsabili della onlus – spiega cos’è tale patologia e come poter sostenere gli scopi, gli obiettivi del sodalizio. Tante le manifestazioni attuate. Tra queste, per esempio, “Natale al Gemelli”. Il presidio ospedaliero “Agostino Gemelli”, a Roma, è un importante centro della capitale (e non solo). Anche in questo caso, presente la solidarietà – anche per gli affetti da distrofia. La Robustelli è entrata a far parte di tale associazione da un anno. Con Nello sprigiona tanta forza e carattere. I due sono supportati dall’istituto “Rescigno” di Roccapiemonte, grazie all’infaticabile opera di sostegno della dirigente scolastica Rossella De Luca. Sempre attenta, umanamente, e partecipe verso la lotta al “mostro”. All’inquilino, così scomodo, della distrofia. Presente a molti incontri e/o a convegni on line. Che hanno interessato, anche durante i mesi di lockdown, varie personalità istituzionali del comprensorio: tra Nocera Inferiore e Superiore, Siano, Mercato San Severino. Diversi sindaci e/o assessori del territorio hanno aderito alla campagna di divulgazione – con competenza e autorevolezza. Il messaggio, per concludere, è questo: mai arrendersi o scoraggiarsi. Bisogna vivere anche con la Fshd, scoprendo e utilizzando le tantissime opportunità di un’esistenza che può (e deve) essere serena e tranquilla. Senza farsi prendere da uno “sterile” sconforto. Ciascun individuo – sebbene affetto da patologie similari – ha un posto unico e “speciale” in seno alla collettività o comunità. Ognuno ha qualcosa da dire e/o da fare.

Per cui, bando alla malinconia e forza; coraggio! Intanto la prof dichiara di voler coinvolgere ulteriori istituzioni. Per parlare sempre più di queste affezioni genetiche. Magari il nostro “ausilio” – in forma di articolo; di servizio giornalistico e/o quant’altro – può essere utile a propagare e a meglio far conoscere la distrofia muscolare scapolo omerale. Una goccia di informazione, sia pure in un oceano di dubbi e perplessità. Prossimo obiettivo della “coppia” Capuano-Robustelli: interessare le parrocchie e le chiese, le associazioni cattoliche – oltre che le laiche. Anche, magari, per un supporto psicologico (oltre che materiale) da parte dei sacerdoti più attenti, attivi, sensibili. Dunque, scienza e Dio. La Robustelli – infine – invoca dei simposi (tra Mercato San Severino, Castel San Giorgio, Roccapiemonte, Siano e comuni limitrofi) con i medici delle nostre località e soprattutto con l’apporto fattivo di specialisti e neurologi o neurochirurghi.