“Come ama Dio”, il libro su padre Candido Gallo di Patrizia De Mascellis

Di Anna Maria Noia

Come ama Dio” è il titolo di una pubblicazione, data alle stampe alcuni anni fa – ma ancora fortemente attuale – della giornalista salernitana Patrizia De Mascellis. È di stretta attualità, alla luce dei più recenti casi di cronaca – inerenti al piccolo Enea e alla “culla della vita”. Un progetto in essere, da qualche tempo, anche presso l’ospedale salernitano “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” – meglio noto come “San Leonardo” (dalla località in cui insiste ed è ubicato). Nello specifico, la “culla della vita” è stata fortemente sollecitata – poco tempo fa – da padre Candido Gallo. Al secolo: Angelo (Gallo). Si tratta di una figura molto ieratica, carismatica, di religioso dalla “vera” vocazione – cappellano per tantissimi anni proprio al “San Leonardo”. Deceduto alla veneranda età di 94 anni, il 14 gennaio 2020. Padre Candido, dagli intensi occhi blu (colore di Cielo), è stato direttore spirituale della cronista. Che ne ha intessuto gli intenti e le opere, celebrandolo (opportunamente, dato il grande impegno di tale cappuccino “dalla lunga barba bianca”) nel libro. Il cui sottotitolo declama: “Fra Candido. Uno straordinario padre spirituale”.

L’opera, che si aggiunge ad altri libri della giornalista cattolica – volto familiare e “rassicurante” dell’emittente locale “Telediocesi” – è stata edita per i tipi di “Campania serafica”. Consta di 104 pagine. È un volumetto agile ma intenso e incalzante, comprendente vari scritti di e/o su padre Candido. Soprattutto, esso contiene diverse e toccanti testimonianze di chi ha avuto l’onore e la fortuna di operare al fianco di questo religioso. Chi scrive ricorda che fu proprio tale umile, ma portentoso, Uomo a somministrare gli ultimi sacramenti al padre morente, ricoverato al “Ruggi” per un’emorragia cerebrale. Fu uomo di fede, ma anche attivista: la sua persona potrebbe – sempre secondo la scrivente – essere accostata e raffrontata con un altro (compianto) carismatico frate e… “servo” di Cristo. Stiamo parlando di padre Carmine “Claudio” Luciano. Anch’egli molto fervido. Deceduto nel 2019. Entrambi “vantavano” l’attenzione agli ultimi. Ma erano anche molto incisivi dal punto di vista giornalistico. Torniamo a padre Gallo e al libricino approntato da Patrizia De Mascellis. Madre di quattro figlie, nonna di tre bambini molto vispi e vivaci, la giornalista ha sempre affrontato con coraggio e con grande umanità le tante sfide della vita. Ed ha voluto ricordare il suo caro direttore spirituale. Con cui ha condiviso, dicevamo, grandi battaglie “sociali”. Spesso vinte. Come – appunto – la sollecitudine verso l’istituzione della “culletta termica”. In fieri da anni, ma solo con la costanza di padre Candido divenuto concreta realtà.

Tutto questo è stato spiegato nel corso di un ulteriore appuntamento con la rassegna “Il libro in teatro”, che ha coinvolto proprio la De Mascellis. È una rassegna ideata e fortemente propugnata dal sodalizio “Scriptorium”, che nel 2022 ha “celebrato” i suoi primi dieci anni di attività. La responsabile, la giornalista e scrittrice Luciana Mauro – ardente “penna” de “Il mattino”, nonché organizzatrice di eventi “nel sociale” – ha istituito questa rassegna da pochi mesi. Ed ha subito riscosso un grande successo. La struttura interessata è il teatro “Santa Margherita”, in via D’Allora – nel quartiere Pastena. Qui avvengono gli appuntamenti. E le interviste, a cura della Mauro e di altri referenti. Com’è successo, per l’appunto, in data 13 aprile ultimo scorso. Quando si è parlato di padre Gallo e della pubblicazione della De Mascellis. Il frate ha vissuto – praticamente – tutta la vita in ospedale, al “Ruggi”. Aveva una stanza al terzo piano, presso il reparto di “Infettivologia” – onde poter essere vicino, in ogni momento, ai “cari” malati. Che accudiva con solerzia. Dapprima ha esercitato la funzione di cappellano, poi si è dedicato anima e corpo ai pazienti – che vivevano (e vivono) la sofferenza di Gesù sulla propria pelle.

Amante della vita, dono del Padre, il santo cappuccino (proprio fra Candido) ha smosso mari e monti affinché la culletta fosse non solo attiva, a Salerno, ma anche ben “visibile”. Con motivi e colori che – come ha spiegato la De Mascellis – dovevano, intenzionalmente, orientare; “guidare” le donne verso questa culla calda. Premendo un tasto, scatta una sorta di “allarme” – che poi viene recepito dal reparto di Ginecologia, al sesto piano. Ci vuole comunque un po’ di tempo – prima dell’allarme – in modo che le donne, che temono di essere riconosciute nel lasciare il loro “fagottino” in ospedale (al sicuro e nell’anonimato), possano allontanarsi. La culletta riprende, storicamente, la “tradizione” (chiamiamola così) della “ruota degli esposti”. Un espediente, soprattutto verso i conventi dell’Annunziata, che dal medioevo a pochi secoli fa permetteva di affidare (non di “abbandonare”, “lasciare”) ai religiosi e alle religiose l’eventuale “frutto del peccato”. Così veniva denominato, spesso, un bambino, frutto di relazioni illegittime; di violenze e così via. I “figli della Madonna” o “della ruota” hanno dato origine ai cognomi Esposito (essendo “esposti”), Proietti (dal latino: “gettati”), De Angelis o Soglia – così diffuso nel Sangiorgese, cioè a Castel San Giorgio (Salerno). Dunque, nella serata del 13 aprile scorso si è parlato di questo progetto – voluto dal frate succitato – e della relativa pubblicazione. Che è stata – poi – donata al pubblico presente in sala, previa una piccola offerta libera – destinata alla “culla della vita”.

Tutto magistralmente organizzato, a cura dell’alacre staff del teatro “Santa Margherita” – con Lello Casella; Enzo Citro (scenografo) e Barbara Frusciante – docente e attrice. Sul palco, oltre alla Mauro e a Patrizia De Mascellis – anche Angela Di Domenico, amica declamatrice di Patrizia, che ha recitato in maniera stupenda una poesia dell’autrice De Mascellis. Concernente l’amore di una migrante, che si strugge per dover lasciare il proprio figlio – carne delle proprie viscere – ad altri, che non l’hanno concepito. Sembrerebbe – al riguardo – che siano più le donne di colore o più povere; ignoranti, a lasciare i figli. Invece no: la De Mascellis cita delle ricerche; degli studi in cui emerge e da cui si evince che circa il 30% delle donne che abbandonano i neonati sono italiane, sposate e con altri figli. La soirée è stata molto piacevole, in un clima familiare. Luci soffuse e scenografia minimale, ma non scarna. Tutto frutto dell’ingegno di Enzo Citro e dello stesso Lello Casella. Che si è alternato – assieme all’attrice Barbara Frusciante e a Valentina D’Ambrosio (figlia della cronista) – ad interpretare alcuni brani del volume. Scenografia quindi accogliente, atmosfera soft; intima; domestica; “calda”. Armoniosa, casalinga. Certo, essenziale e minimale – ma non spoglia.

Tre sedie, ad ospitare la De Mascellis; Luciana Mauro e l’anima di padre Candido – presente sul palco, come fosse in vita. Presenti illustri ospiti, intellettuali e amici delle due croniste. Tra gli avventori: il poeta e scrittore (autodidatta) Vittorio Pesca; i medici ed appassionati d’arte e/o drammaturgia Vicente Barra e Bruno Giustiniani. Sul proscenio si è snodata una piacevole e interessante “chiacchierata”, tra il formale e l’informale, che ha visto protagoniste la Mauro e la De Mascellis. Con storie di vita ed aneddoti sul frate e sulla culla termica, in cui la De Mascellis ha confidato il suo rapporto con il serafico cappuccino. Da lei conosciuto alla fine degli anni ’90. Ben settanta, gli anni in cui Candido Gallo ha officiato quale cappellano ospedaliero – nei locali del “San Leonardo”. Il nosocomio, nel passato, era allocato in via Vernieri. La De Mascellis ha ricordato molto della (forte) tempra dello scomparso. Pur essendo sollecito verso i malati, tuttavia non forzava nessuno a pregare od ad abbracciare la fede cristiana e cattolica.

Molto incisivo con i media, è apparso il cappellano nelle parole di questa giornalista cattolica. Che ha messo in luce, in risalto, il suo sorriso mentre attraversava le corsie. Ed il suo impegno nella promozione della nuova “ruota”. Che, in principio, era stata ideata dalla benemerita associazione “Inner wheel”. La culletta – quindi – è stata volutamente dipinta a tinte “squillanti”. Proprio – come detto sopra – per orientare le madri in questa che, comunque, è ed è stata una scelta difficile: privarsi della gioia del coccolare una propria creatura che vagisce. I colori vivaci, le tinte forti lungo i muri del presidio – nonché nei corridoi – sono opera di artisti come Pier Francesco Mastroberti e Andrea Guarino. Più di trenta pubblicazioni, ha ricordato De Mascellis, sono state edite da questo religioso. Un’autentica vocazione, pertanto, la sua. Occhi cerulei, ardenti. È entrato in seminario ad 11 anni, secondo quanto è affiorato dalla presentazione, ed ha vissuto perennemente al servizio dei più deboli: gli ammalati. Con una buona parola per ciascuno di essi. Per ognuno di noi. E così a favore di tutti gli uomini, combattendo per la vita. Il dialogo tra le croniste e le loro ospiti si è intrecciato molto intimamente, quasi in una confessione. Si è discusso di fede, di ricerca – anche (ma non soltanto) giornalistica. La De Mascellis ha rivelato come a lei è sembrato di scrivere tale opera “sotto dettatura”. Di Dio e del frate pro esistenza. Come – ha affermato – la stella presente in copertina è stata da lei osservata ogni giorno in cui ha battuto a macchina (al pc) il testo. Dopo è sparita. Al termine, l’attento uditorio ha avuto la possibilità di ricevere delle domande, da rivolgere alla protagonista della pubblicazione.

Abbiamo – già preventivamente all’happening teatrale – rivolto alcune domande; curiosità all’autrice. Sin da quando era bambina, De Mascellis ha avvertito – dentro di sé – la presenza del Signore. Che è felicità e grazia. E Dio la ha ricolmato di bei doni. Tanti carismi. Che l’hanno portata a vincere alcune battaglie cruciali della sua esistenza. “Si impara nel e con il dolore” – è una frase della giornalista che più ci ha impressionate. E che, nelle note finali, ha ricordato anche una sua ricerca storiografica – di fonti di archivio – sull’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, sorto secoli fa. San Giovanni di Dio, pare, è il capostipite/il fondatore dell’ospedale “moderno”. Com’è inteso nella contemporaneità.

Ecco alcune risposte della scrittrice, “pungolata” (amabilmente) dai nostri quesiti. “Ho pubblicato tale libro – ci rivela (e “si” rivela) – perché amo scrivere, raccontando la vita nella sua bellezza e anche nella tristezza. Da vincere, con la fede nel Signore”. È la sua quinta “fatica letteraria”, ma già ha in mente il progetto di altre opere – usualmente incentrate su figure di religiosi o religiose, oppure su argomenti teologici. “Abbiamo necessità di testimoni di speranza – dichiara, interrogata sull’opportunità di scrivere il libro adesso. Come padre Candido, padre spirituale della cronista per ben vent’anni. “Una forza interiore incredibile – racconta Patrizia. “Ha pianto, pregato e gioito con me e con la mia famiglia. Tante persone sono state da lui accompagnate nella via del bene”. Non c’è un perché all’amore di questa donna, coraggiosa e lottatrice, verso Dio. “Cristo è per me la vita stessa – dice – nutro per Lui un amore grande fin da piccola. E questo è un dono. Non so il motivo per il quale ciò accada”. Ma com’è nata la “vocazione” per il giornalismo – soprattutto quello… “religioso”? “Sin da bambina – risponde – leggevo tanto e scrivevo poesie. Nei temi scolastici notavo di possedere uno stile giornalistico molto naturale. Alle scuole medie, la mia professoressa di Lettere mi affidò la stesura del giornalino di classe. Fu proprio in quest’occasione che iniziai a effettuare le prime interviste e a vergare i primi miei articoli”. “La società odierna – chiosa – vive spasmi di dolore. Il senso religioso è venuto meno. Eppure la fede, testimoniata in parole ed opere, è l’unico modo di seminare felicità”. Ed è l’insegnamento di vita, sia di questa piccola grande (forte, non “fragile”) che di fra Candido.

Per tutti coloro che vorranno impegnarsi nei confronti del prossimo. Il Signore si rivolge particolarmente a noi giornalisti, che abbiamo l’immensa e bella responsabilità di comunicare agli altri la bellezza del messaggio evangelico. Cristiano. Cattolico. E non solo! Concludiamo con il ricordare le tantissime iniziative, oltre a “Il libro in teatro”, del sodalizio “Scriptorium” e della vulcanica “presidente” – Luciana Mauro. Impegnata anche in progetti, di natura solidale e di promozione civica. Come il recente cartellone di “Caffè letterario” (o “Caffè Noir”), all’interno del carcere di Fuorni – Salerno. Kermesse di grande profilo e ad ampio respiro. Rivolte a tutti/a tutte. In tema di inclusione ed empatia.