Revenge Porn: come difendersi dagli abusi sessuali sui social network

Contro la violenza tecnologica che si manifesta attraverso la divulgazione di immagini e video non consensuali, interviene il Garante della protezione dei Dati che istituisce un canale d’emergenza per le vittime di questo crimine.

Di Alessia Ianniello

Viviamo in un’era in cui i social network sono ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. Infatti, oggi sono 4,54 miliardi le persone connesse ad internet e circa 3,8 miliardi utilizza regolarmente i social network. Ma la quantità di tempo che le persone trascorrono online varia da nazione a nazione. Ad esempio in Italia sono più di 50 milioni le persone che accedono a Internet ogni giorno e 41 milioni sono quelle attive sui social media. Nello specifico gli italiani spendono oltre 6 ore al giorno connesse ad internet e passano quasi due ore al giorno sui social[1].

Tuttavia, lo spazio virtuale, pur offrendo opportunità di scambio sociale, culturale ed economico, rappresenta altresì terreno fertile per nuove tipologie di illeciti come ad esempio il fenomeno del Revenge Porn, che letteralmente vuol dire “porno vendetta”. Esso si sostanzia nella diffusione, non consensuale, di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo per denigrare pubblicamente la vittima, sottoponendola così ad una gogna mediatica, al sol fine di creare alla stessa un disagio psico-fisico, che in casi estremi, può condurre anche ad azioni estreme come la cronaca ci ha dimostrato.

Revenge Porn come difendersi

Uno dei più recenti (ma se ne contano tantissimi), vergognosi episodi risale a diversi mesi fa ed avviene in provincia di Udine quando un tatuatore non professionista perseguita una donna attraverso i social vendicandosi dell’amore non corrisposto pubblicando foto e video di nudo della vittima senza il suo consenso. Gli specialisti della Polizia Postale, in seguito alla denuncia della donna, hanno identificato e bloccato il criminale. Poco tempo prima, giovanissima la vittima di appena 19 anni: le sue foto intime appaiono sui social. A pubblicarle su Instagram è il suo ex ragazzo (siamo nell’hinterland di Cagliari) fermato, in seguito ad un’attenta indagine, dai militari dell’Arma dei Carabinieri.

Il primo social che ha preso sul serio la lotta contro questo nuovo fenomeno, è stato Facebook che ha attivato in Italia, da oltre un anno, un programma pilota, che attraverso l’intermediazione di una associazione no profit, consente di segnalare e iniziare un’attività di verifica, ricerca e blocco della circolazione di immagini e video di revenge porn. Per maggiori informazioni sul progetto è possibile consultare la pagina al seguente indirizzo https://www.facebook.com/safety/notwithoutmyconsent/pilot.

Altro passo importante è stato compiuto dal legislatore italiano che, con la legge n. 69 del 29 luglio 2019, ha introdotto nel codice penale l’art. 612 ter rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, che punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”.

Non si è fatto attendere l’intervento del Garante della protezione dei dati che dall’8 marzo 2021, data tra l’altro simbolica, ha istituto un canale di emergenza per le persone maggiorenni che temono che le loro foto o i loro video intimi possano essere diffusi senza il loro consenso su Facebook o Instagram. Basta infatti che, le potenziali vittime segnalino tale rischio collegandosi all’indirizzo https://www.garanteprivacy.it/temi/revengeporn e compilando un modulo ad hoc con tutte le informazioni utili a valutare il caso, potranno ottenere che le immagini vengano bloccate. Invero, il Garante, raccolti gli elementi necessari, indicherà alla persona interessata il link per caricare direttamente le immagini di cui essa teme la diffusione proprio al fine di proibirne la diffusione.

Una volta caricate, le immagini verranno cifrate da Facebook tramite un codice, cosiddetto “hash”, in modo da diventare irriconoscibili prima di essere distrutte e, attraverso una tecnologia di comparazione, bloccate da possibili tentativi di una loro pubblicazione sulle due piattaforme.

Ebbene, anche se tale strumento rappresenta una validissima risorsa nella lotta contro questa nuova forma di violenza, non va dimenticato che la prima difesa è comunque sempre la prudenza. Riconoscere, infatti, l’importanza di tutelare i propri dati, attraverso la giusta prevenzione intesa come consapevolezza di poter mantenere sempre il controllo delle informazioni significa determinare le modalità di costruzione della propria sfera privata.

Sul punto, il Garante ha stilato una serie di consigli atti a difendersi e prevenire la pornografia non consensuale.

  1. Proteggi sempre i tuoi dati.

Se sui tuoi dispositivi (smartphone, pc o tablet) hai file che contengono foto e filmati che ti ritraggono in scene di nudo oppure in pose o atti esplicitamente sessuali, utilizza adeguate misure di sicurezza: ad esempio, password che proteggono i dispositivi e/o le cartelle in cui conservi i file, sistemi di crittografia per rendere illeggibili i file agli altri, sistemi anti-virus e anti-intrusione per i dispositivi”.

“Se decidi di diffondere le tue immagini, ad esempio tramite messaggi o social network, devi essere pienamente consapevole del fatto che, anche se il tuo profilo è «chiuso» (cioè, visibile ad un numero limitato di persone), i contenuti potrebbero comunque essere ulteriormente condivisi e tu potresti perderne il controllo. L’esperienza insegna che i rapporti cambiano e a volte i comportamenti delle persone sono imprevedibili”.

  1. Fai cancellare i dati che ti riguardano.

“Se hai diffuso immagini esplicite che ti riguardano, oppure hai saputo che qualcuno le ha prodotte a tua insaputa (ad esempio durante momenti intimi), è un tuo diritto chiedere a chi le detiene di cancellarle, in modo da bloccare ogni possibilità di ulteriore diffusione”.

Chiedere la cancellazione di dati che ti riguardano è un diritto fondamentale garantito dalla normativa nazionale ed europea. La diffusione senza consenso di dati personali (anche immagini) è una violazione punibile con sanzioni pecuniarie e, in alcuni casi, anche penali.

  1. Fai attenzione al deepfake.

“L’intelligenza artificiale può facilitare azioni di revenge porn tramite il cosiddetto deepnude. Si tratta di una tecnologia che, partendo da foto o video reali del tutto “normali” che riprendono ad esempio il soggetto in comuni situazioni e attività quotidiana) possono manipolare le immagini “denudando” le persone e/o rappresentandole in pose o azioni esplicitamente sessuali false ma del tutto realistiche”.

  1. Proteggi anche i più piccoli.

“È possibile che fenomeni pericolosi che riguardano la diffusione di nudi o immagini esplicitamente sessuali coinvolgano purtroppo anche i minori, come vittime e come destinatari di contenuti.

Proteggi i più piccoli limitando la loro esposizione ai dispositivi tecnologici se sono da soli. Monitora il loro comportamento online e spiega con chiarezza perché è bene evitare di interagire con sconosciuti e diffondere informazioni personali, soprattutto foto e video, tramite messaggi e social network.

  1. Non aiutare il revenge porn. Denuncia.

“Se sei vittima di revenge porn, o ricevi foto o immagini che potrebbero essere frutto di pornografia non consensuale,  rivolgiti alla Polizia Postale (https://www.commissariatodips.it/) per denunciare il reato e al Titolare del trattamento o al Garante per la protezione dei dati personali per richiedere la cancellazione delle immagini che ti riguardano ( www.gpdp.it)”.


[1] Fonte We Are Social Digital 2021 consultabile all’indirizzo: https://wearesocial.com/it/digital-2021-italia

Alessia Ianniello Avvocato esperta in Data Protection e Cybersecurity,  ha maturato esperienze consulenziali presso studi legali, enti pubblici e realtà aziendali, acquisendo una consolidata esperienza in materia di sicurezza delle informazioni e sicurezza informatica.

Laureata in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, con tesi in Diritto dell’Informatica dal titolo “Le aste on line: il fenomeno eBay”, ha continuato gli studi frequentato la scuola di specializzazione per le professioni legali. Parallelamente ha approfondito gli studi in ambito privacy acquisendo diverse certificazioni in data protection e cybersecurity.
Conseguito il titolo di Avvocato, oltre ad esercitare la professione forense, ha svolto attività consulenziali in materia di protezione dei dati personali e sicurezza informatica per enti pubblici e realtà aziendali che l’hanno portata nel 2018 a intraprendere una collaborazione con IBM, come
 GDPR&Security Consultant, per progetti di compliance in ambito privacy.
Attualmente fa parte dello staff privacy di un ente pubblico.

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