Emergenza Sanitaria: Il trattamento dei dati sanitari nel contesto lavorativo
Il trattamento dei dati sanitari, nel periodo di emergenza epidemiologica che stiamo affrontando, ha sollevato innumerevoli interrogativi soprattutto con riferimento all’ambito lavorativo
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Nel tempo della pandemia di Covid 19 è quanto mai necessaria la conciliazione tra diritti individuali ed interessi collettivi. Alessia Ianniello, avvocato ed esperta in Data protection e Cybersecurity ci illustra una sintesi sugli assetti normativi che regolano la protezione dei dati personali dei cittadini.
Il trattamento dei dati sanitari nel contesto lavorativo.
Di Alessia ianniello
Il trattamento dei dati sanitari, nel periodo di emergenza epidemiologica che stiamo affrontando, ha sollevato innumerevoli interrogativi soprattutto con riferimento all’ambito lavorativo. In particolare, un tema che ricorre di frequente in questi mesi, è se il datore di lavoro è legittimato a chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid per accedere ai luoghi di lavoro e per svolgere determinate mansioni.
A dirimere la questione è stata l’Autorità Garante che, il 17 febbraio 2021, ha pubblicato sul sito www.gpdp.it le FAQ, fornendo, così, ogni utile indicazione circa la corretta applicazione della disciplina in materia di privacy nel contesto emergenziale, al fine di prevenire possibili trattamenti illeciti di dati personali da parte del datore di lavoro.
- Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
No. Il datore di lavoro non può acquisire, neppure con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, informazioni riguardanti lo stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l’avvenuta vaccinazione dei propri dipendenti.Non lo consente né la disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.lgs. 81/08), né altra disposizione sull’emergenza sanitaria. Inoltre, il datore di lavoro, non può neppure legittimare tale trattamento a seguito del rilascio del consenso del dipendente/interessato, in quanto il consenso non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato così come disciplinato dal Considerando n. 43 del GDPR.
- Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
No. Solo il medico competente può trattare i dati sanitari dei lavoratori, e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, in quanto figura di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione ai sensi del D.lgs. 81/08 artt. 25, 39 co. 5 e 41. Pertanto, il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente.
3. La vaccinazione anti Covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?
Sul punto il Garante ha chiarito che – in attesa di un intervento del legislatore nazionale che eventualmente imponga la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni – nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario, si applicano le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del d.lgs. n. 81/2008).
Pertanto, sulla base del riparto di competenze normativamente sancito tra medico del lavoro e datore, spetta al primo e non al secondo trattare i dati sanitari dei lavoratori, verificandone l’idoneità alla “mansione specifica” e, se necessario, segnalare al datore di lavoro casi specifici che impongono misure ad hoc come ad esempio il temporaneo cambio di mansione.
È chiaro, quindi l’intento del Garante, che attraverso la pubblicazione delle sopracitate FAQ, ha voluto ricordare la “particolarità” rivestita dai dati relativi allo stato vaccinale, che in quanto dati idonei a rivelare lo stato di salute di una persona, devono essere trattati in conformità alla disciplina in materia di protezione dei dati, anche in un contesto emergenziale come quello attuale. A maggior ragione perché un loro illecito trattamento può determinare discriminazioni, violazioni e compressioni delle libertà garantite dalla Carta Costituzionale. Si auspica, dunque, in un celere intervento del legislatore che, con l’emanazione di una legge specifica che rispetti i principi vigenti in materia di protezione dei dati personali, consentirà di prevenire illeciti trattamenti e allo stesso tempo contemperare il corretto bilanciamento degli interessi in gioco: quello pubblico di tutela alla salute e quello individuale di tutela alla riservatezza.
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