Anna Maria Noia, l’autrice di Barlumi d’infinito: “cercare il bello tra ciò che ci circonda”

Intervista a cura di Antonello Rivano

Anna Maria Noia è quella che si suol dire un’ “autrice poliedrica”. Laureata in Scienze della Comunicazione è giornalista, scrittrice e poetessa. Come giornalista ha collaborato, e collabora, con svariati quotidiani cartacei e on line, tra cui Polis SA Magazine. Appassionata di antropologia; etnografia; storia; linguistica; comunicazione. È incuriosita dalla critica letteraria, teatrale, artistica. Questo l’ha portata alla pubblicazione di opere inerenti all’etnografia (come “Calendario salernitano delle tradizioni popolari” – edizioni Marte, 2011); la storia (“Ovidio Serino, l’angelo della rivoluzione del Cilento”– edizioni Paguro, 2015); la poesia.

E con la poesia si presenta ai lettori con il suo ultimo libro, di recentissima pubblicazione, edito da Polis SA Edizioni, nella collana Passi: “Barlumi d’infinito. Versi tra il sacro e il profano”.

La poesia, probabilmente il genere letterario più soggettivo e più difficile per raggiungere un grande pubblico. Cosa spinge a scrivere e pubblicare una raccolta di poesie?

Secondo me la poesia è un guardarsi internamente, nell’animo. Continuamente. Sgorga da moti del cuore; evoca e produce emozioni incantate. Rendendoci tutti fanciullini, come voleva il poeta Pascoli. Metaforizza la nostra sensibilità, rendendoci inclini a sentimenti e valori altissimi. Senza, poi, farci dimenticare che viviamo in un mondo reale. Forse anche spietato. Un mondo che ha bisogno di una “redenzione”, chiamiamola così: di un ritornare alle radici, dell’essere più lenti – o slow. Gustando, assaporando del tempo (per noi stessi) che mai ritornerà uguale. Come voleva Eraclito, quando – a ragione – proclamava che “tutto scorre”. Nulla – pertanto – è uguale. Dobbiamo dar valore e intensità agli attimi, gocciole di Paradiso per noi e per chi legge le poesie. Certamente, si tratta di un genere letterario abbastanza difficile da categorizzare. Soprattutto nella società odierna, frenetica e frettolosa. Sintetica. Proprio per le implicazioni, numerosissime, che le liriche annoverano tra le loro pagine. In realtà, il poeta (ma io mi ritengo, piuttosto, una verseggiatrice) assurge a profeta ed antesignano della collettività. Comunque, mi rendo conto della difficoltà che in molti hanno – oggigiorno – di approcciarsi alla lettura. Particolarmente alla lettura di liriche. Ma è la passione, sempre, in tutte le cose “umane”, che mi ha spinto a dare alle stampe quest’opuscolo e/o anche altri precedenti (o – perché no? – futuri). Da non sottovalutare – tra tante ragioni, spiegabili o inesplicabili, che mi hanno indotto alla pubblicazione di questi carmi – la voglia di realizzare i miei sogni, nonché di rendere partecipi gli eventuali lettori (sebbene pochi) – che avranno la voglia (e il “coraggio”) di scorrere i versi di tale pubblicazione – dei miei sentimenti nel cercare qualcosa di bello in mezzo a ciò che ci circonda.

La copertina di Barlumi d’infinito

Quanto può essere ancora importante la poesia in una società che spesso va di fretta e poco sembra soffermarsi a riflettere, specie sui sentimenti?

La poesia ha un ruolo fondamentale, nello “svezzare” la società dal “torpore” in cui vive da anni. Tempo privo di valori, in cui un forte vuoto interiore abita la nostra mente. Ma c’è bisogno, diciamo, di una “educazione” alla riscoperta del Bello e del Vero. Tutto deve partire dall’azione sinergica di famiglie e istituzioni scolastiche. Si devono risvegliare l’interesse e l’attenzione dei più giovani – cittadini non solo del futuro, ma già del presente. La riflessione, come pure la speculazione filosofica – tipica delle discipline letterarie – ma anche il rigore storico o storiografico, devono rendere i ragazzi e gli uomini più liberi; più giusti. Più informati, più capaci di intraprendere le vie oblique di un mondo sordido e difficile. In cui il Male sembra, apparentemente, prendere il sopravvento sul Bene. Solo accogliendo – nuovamente – le cose lentamente, ma seriamente, possiamo sperare – davvero – che tante nostre eccellenze e tanti ragazzi volenterosi riusciranno a cambiare; a capovolgere lo stato inerte della società attuale

-“Barlumi d’infinito. Versi tra il sacro e il profano” sembra avere un filo conduttore, che assume aspetti, e obiettivi diversi, l’amore. Cosa è l’amore in queste liriche e cosa è l’amore, inteso nel suo senso più universale, per Anna Maria Noia?

L’amore è il motore e la vera emozione essenziale, anche in un mondo o in una società come la presente ed attuale. Nella mia poetica, in generale ma soprattutto in quest’opera, coniugo l’amore di Dio a quello – incerto ed incostante – dell’umanità. Da eros, attraverso il philein (o filia) e l’agape si arriva alla Caritas – ossia al sacrificio di Gesù Cristo. L’amore oblativo, che tutto perdona e tutti ci nasconde in sé. Ma è passione; è amore anche il pur piccolo e fragile sentimento che i bambini e gli adulti provano; nella meschinità di una società “esclusiva” e fredda. Tutto ciò che vibra di calore è amore, oggigiorno come in altri tempi. In altre società. A proposito di odio e freddo, riflettevo su quanto esposto in un libro da me letto di recente: Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore, parlava – in una pubblicazione incentrata sulla Divina Commedia – del fatto che l’Inferno non può che essere glaciale. Infatti, l’ultima male-bolgia di Dante (quella dei traditori) è resa ghiacciata dallo sventolare delle ali di Lucifero-Satana. Che fan spirare un vento freddissimo, tale da raffreddare anche il lago Cocito. Allora, diceva Cazzullo, ecco che il Male rende freddi e assenti. Mentre l’amore brucia, divora, corrode. La passione e le emozioni sono – dunque – caldissime e raggianti. L’odio rende indifferenti e apatici. Ma disgraziati, infelici. Quindi, per me, l’amore è un sogno bellissimo. Da poter, volendo, essere realizzato. Quello che c’incanta fin da piccoli. Un messaggio struggente e poetico da valutare e valorizzare sempre. Con tutti sé stessi. Da bambini, con poco verso il molto. Verso il Signore Iddio, che ha tanto amato il mondo da donare letteralmente (sulla croce e con non poche sofferenze) suo figlio Gesù. Vero e proprio atto di amore. Dall’indoeuropeo: “Ahum” od “Om” induista e/o buddista. A significare: “Immortale”. L’amore ci salva e sempre salverà il mondo. Come la bellezza, anch’essa sintomo e prodromo d’amore. Anche per i cosiddetti “brutti”. Cioè per le persone meno belle, non soltanto (o non tanto) esteriormente. Bensì dentro. Di carattere o mood.

Nella parte del libro riservate alla dedica hai scritto ”Alla carissima mia famiglia fonte privilegiata della mia serenità; a mio padre Gino, che mi ha insegnato a trasmettere cultura, valori, idee;” potresti raccontarci qualcosa di più, specie sulla trasmissione di questo insieme di cose così preziose e sempre più rare?

La famiglia è, per me ma – immagino – per tutti, il luogo del cuore e dell’anima più importante e fondamentale del mondo intero. Dell’universo. Un luogo di baci, abbracci ed emozioni vere e reali. Sgorganti, appunto, dal cuore e dall’animo. La mia famiglia, in particolare, non mi ha mai fatto mancare nulla. Neanche adesso, con tutto che il mio intelligentissimo e unico, umile, simpatico papà Gino (sebbene, in apparenza, burbero e severo) è purtroppo scomparso – nell’ottobre di 12 anni fa. Davvero è una fortuna avere alle spalle un nucleo solido e amichevole, amoroso, pieno di cure ai problemi e alle questioni che ci attanagliano nelle nostre case. Nella quotidianità. In famiglia mi rilasso, mi confronto con il mio paziente e onesto fratellino Gianfranco di quasi 44 anni (ha tre anni e mezzo meno di me). Prendo in giro la mia determinata, volitiva e tuttofare mamma Elvira. Che, a scapito dei suoi quasi 84 anni, conduce ancora la famiglia. Il ménage di tutti i giorni. Energicamente e con dedizione; abnegazione. Mi sento amata, coccolata, viziata – quasi. E sento, realmente, di non meritare tutte le loro care attenzioni. Sono beata e invidiata, in quanto ho sempre avuto una famiglia meravigliosa. Ed anche molto moderna, sicuramente. I miei genitori mi hanno lasciata libera, senza discussioni. Ed io ho cercato di restituire loro qualcosa indietro dell’immenso che mi hanno sempre dato. Spesso penso di non meritare la loro bontà. Sono davvero insopportabile, la maggior parte delle volte. Ho mille difetti, sono incostante e contraddittoria. Ma loro ci sono sempre stati, ci saranno sempre. Riguardo a mio padre, è stato il miglior padre possibile ed immaginabile. Non sempre lo ho capito, sembrava infatti severo. Ma forse era un timido, che – come S Giuseppe – è rimasto passi indietro, nel silenzio, per darmi l’opportunità di crescere e di poter volare fuori dal nido con le mie ali, finalmente forti. Era un essere sensibile, ma molto intelligente. Un intellettuale della Valle Irno (comprensorio di Mercato San Severino e del Salernitano). Che mancherà a tantissime generazioni, cui ha regalato la “parte migliore di sé” (come cristiano). Da lui e dalla mia famiglia ho ereditato la curiosità e la passione verso le discipline umanistiche, come Italiano; Antropologia; Storia; Arte nonché scientifiche – come Matematica e Disegno Geometrico. Ma, soprattutto, ho ereditato la sua disponibilità a trasmettere la cultura – come valore – a 360 gradi e a tutti. Papà è stato un buon cattolico (praticante), sempre presente per me, per mamma e per mio fratello. Non ci ha mai imposto nulla, ci ha cresciuti nella più piena libertà. Ed io non posso far altro che ringraziarlo. Per quello che ha donato, di valori e di principi; di agiatezza e di bontà. Sono fortunatissima ad avere (avuto) loro. Senza la mia famiglia non farei davvero niente. Loro mi hanno sopportato e/o sopportano così come sono. Non ho bisogno di chiedere, in famiglia. Loro sono vicino a me, nel bene e nel male. Nel dolore e nella malattia. Non nascondo loro nulla. Davvero, avere persone accanto – che ci amano – è una cosa preziosa e rara. Come i punti di riferimento, che tanti ragazzi oggigiorno – purtroppo – non hanno. La famiglia è vita. Per tutta la società.

E faccio di tutto, di tutto!
per respirare odori di Pace.
Aneliti soavi
riempiono l’Animo;
è un attimo: la Luce
mi abbaglia – a fiotti –
e io sorrido!

(Dalla poesia “Nugae”)

Barlumi d’infinito

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