Il Ponentino – n° 5

Questo numero del PONENTINO esce a ridosso delle feste per antonomasia: Il Natale e l’inizio del nuovo anno. Tralasciamo tutte le valutazioni sul momento storico che stiamo attraversando, ne leggiamo già forse troppe e spesso, troppo spesso, non del tutto “politicamente corrette”. Vorremmo invece parlare di noi, redazione e lettori del PONENTINO. Ecco, in un periodo dell’anno in cui si tirano somme e si mettono obiettivi, noi vorremo che la nostra Lanterna, che abbiamo adottato come immagine di apertura della nostra prima pagina, oltre che come logo della rubrica di Marco Maltesu, possa essere quel raggio di luce che si fa strada nel buio di una informazione troppo distratta, persa dietro titoli che spesso nulla hanno a che fare con gli articoli e che in tantissimi casi crea confusione laddove dovrebbe invece tentare di fare chiarezza. Una informazione di servizio e a servizio del territorio, che dal Ponente si allarga a tutta le nostra splendida Liguria e non solo. E come quel raggio di luce si fa strada nel buio, come la “Lanterna” di Genova ricorda la sua storia e grandezza, noi auguriamo che l’anno che sta per venire ci porti un po’ di consapevolezza. La nostra consapevolezza è che siete tutti importanti e che per noi è meraviglioso potervi raccontare, poter accogliere le vostre esperienze e condividere con voi questo percorso. La Redazione del PONENTINO vi augura un Sereno Natale e un Felice Anno Nuovo…ricordando però che questo dipende sempre, ed esclusivamente, da ognuno di noi!


Di Marco Maltesu

uello che è successo qualche giorno fa nella riunione fra Sindaco e i cittadini di Sanpierdarena sullo spostamento delle aziende chimiche, è l’ennesima dimostrazione che qualcosa si è rotto nel rapporto fra cittadini ed istituzioni. Due sono gli elementi importanti che lasciano pensare, da una parte che le istituzioni non sono più in grado di garantire gli impegni che vengono presi in progetti come questo, insufficienza dei controlli, mancanza di un serio confronto pubblico durante l’iter progettuale, scelte non calibrate sulle situazioni reali ed inoltre un sistema giudiziario incapace di una giustizia vera avulsa dalle pressioni economiche, di un’equità che possa essere garanzia per tutte le fasce sociali. Dall’altra invece diventa ogni giorno più evidente un grandissimo problema dei giorni nostri, l’espulsione del chimico dalle nostre società, in tutte le società occidentali, lasciando praticamente l’intera produzione chimica al Far Est Asiatico, in poche parole l’intera produzione di plastiche e tutti i materiali che compongono ad esempio le parti dei nostri elettrodomestici, i nostri computer e soprattutto i nostri amatissimi telefonini arriva dal lontano Est Asiatico, Cina, Giappone, Corea del sud , ecc

uindi ricapitolando, visto che non siamo in grado di costruire delle aziende pulite (ad impatto zero come saremmo in grado di fare) perché costerebbero di più delle attuali, visto che non siamo in grado di fare dei controlli seri in grado di mantenere la sicurezza al massimo livello, visto che non siamo in grado di far rispettare seriamente alle aziende le norme di sicurezza e di fargli mantenere tutto il personale necessario, visto che non siamo in grado di premettere ad ogni progetto tutti quegli oneri urbanistici necessari affinchè ogni progetto diventi una modificazione positiva della società e dell’ambiente, visto che non siamo in grado di iniziare per ognuno di questi progetti un monitoraggio serio della salute delle persone, dell’aria, dell’ambiente ecc, per tutto questo, preferiamo far produrre, far inquinare, far sfruttare i lavoratori, il più possibile lontano da noi e poi farci portare comodamente  i pezzi che ci servono, oppure gli interi prodotti, dall’altra parte del mondo dopo aver inquinato  il nostro mondo non solo con produzioni non controllate ma anche con viaggi lunghissimi. E senza neanche creare una carbon tax, figuriamoci una Uman Tax…


L’importanza di tutelare e valorizzare i giardini storici “tratto distintivo della nostra civiltà”

Di Roberto Bordi
“Ville e parchi storici di Genova, tra un passato aulico e la decadenza attuale” è il titolo dell’incontro andato in scena venerdì 10 dicembre alla Sala Solimena di Villa Bombrini, a Cornigliano. L’evento, organizzato dall’associazione femminile Change X Chance, patrocinato dal Municipio VI Medio Ponente e moderato dalla giornalista di Radio Babboleo, Giorgia Fabiocchi, ha visto l’intervento di alcune delle massime autorità locali e nazionali in materia di parchi e ville storiche, in particolare di quelle genovesi….Continua a leggere (pag 4)

Riflessioni del prof. Antonio Melone
È già passato un anno ed è di nuovo Natale. Il Santo Natale. Sembra strano ma il tempo corre più veloce quando si è raggiunta una certa età .Oggi che i capelli cambiano colore e i segni del tempo cominciano a bussare alla porta, diversamente da qualche anno fa pensiamo e facciamo progetti per l’indomani: a un mese … se esageriamo … a un anno.
Apprezziamo gli episodi felici, a volte anche se felici del tutto non sono.
Ancora oggi il male ci sfida ed è sempre sulla nostra strada. La televisione, i giornali, non parlano d’altro. Siamo tempestati da notizie non richieste e gli stessi personaggi che ci parlano, rubandosi la scena, non temono di contraddirsi ad ogni istante. Anche in questo momento che dovremmo essere tutti uniti, ci infervoriamo e ci dividiamo, non si capisce il perché. Non sarebbe male ascoltare meno chi parla e di più chi tace. Non sarebbe male saper discernere e ragionare con la propria testa, vivere per quel che ci è dato, essere felici per quel che, nonostante tutto, noi abbiamo. Guardiamo il cielo, quando è sereno, il sole quando ci guarda: tutto vive per noi. Cerchiamo di vivere serenamente l’atmosfera del Natale, anche quest’anno ci saprà parlare.
Auguri sinceri.

Antonio

In questo numero

  • Camilleri e la Genova dì “Montalbano”
  • Le Ville ed i Parchi storici dì Genova, la Meraviglia dì un Patrimonio dì Genova che stiamo facendo decadere
  • Genova Prà: Finalmente il ponte sulla foce del Branega
  • La vittoria di Genova nella Regata Storica delle Repubbliche Marinare
  • Buon Natale in musica dalla Filarmonica Pegliese Marco Chiusamonti di Pegli e dal Coro Monti Liguri
  • La storia della Scuola musicale Giuseppe Conte dal proprio centenario (1997) all’operatività nella nuova sede (2010)
  • La terza lettera del Comitato una Piazza per Pegli al Comune di Genova
  • Continua il recupero e riqualificazione del Belvedere “Padre Guglielmo Salvi” di Pegli.
  • L’importanza delle radici:Il Progetto Raixe-spazi digitali per la cultura tabarchina.
  • il professor Fiorenzo Toso ci racconta le origini della parola genovese “imbösâ”
  • In un articolo corale l’origine del “Cappon Magro” e la sua ricetta
  • Da chi an po’ semmu a Natale” è la poesia che abbiamo scelto per questo nostro numero Natalizio
  • Prosegue l’avvincente romanzo a puntate “La forma della felicità”:
    Nicola Parte da Pegli, Carolina gli svelerà prima il suo segreto?
  • Anche il PONENTINO ha il suo presepe, quello vivente, in abiti medievali, di Genova Voltri. Il fotoracconto

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Sommario

pag 3. TERZA PAGINA-Cultura & Spettacolo

Camilleri: la “genovesità” di Montalbano


Di Antonello Rivano

In uno scritto del 2009 lo scrittore racconta del suo amore per il capoluogo ligure, e del perché il personaggio di Livia, eterna fidanzata di Montalbano, sia proprio di Boccadasse.


pag 4. IN PRIMO PIANO

L’importanza di tutelare e valorizzare i giardini storici “tratto distintivo della nostra civiltà”


Di Roberto Bordi

Il report dell’incontro Ville e parchi storici di Genova, tra un passato aulico e la decadenza attuale  andato in scena venerdì 10 dicembre alla Sala Solimena di Villa Bombrini, a Cornigliano.


pag 5. ATTUALITA’

Genova Prà: Inaugurato il ponte sulla foce del Branega


di Giuseppe Bruzzone 

Nella mattina del 18 Dicembre alla foce del torrente Branega con vento forte è stato inaugurato il ponte in acciaio che collega le due sponde del canale di calma


Pag 6. EVENTI

Genova vince la sessantacinquesima Regata Storica delle Repubbliche Marinare

Genova Prà 18 dicembre 2021- Il Galeone bianco di Genova ha vinto la sessantacinquesima Regata Storica delle Repubbliche Marinare e porta a casa il trofeo in oro e argento: la fotocronaca della vittoria (foto di Nino Durante)


pag 7. VIDEO

Il nostro Buon Natale in musica, con la Filarmonica Pegliese Marco Chiusamonti e il Coro Monti Liguri


Dal concerto “Aspettando Natale”, di domenica 12 dicembre,
un augurio musicale


ASSOCIAZIONI & COMITATI


pag 8. SCUOLA MUSICALE GIUSEPPE CONTE

Storia della Conte: dal centenario ( 1997) alla nuova sede (2010)


Pag 9. COMITATO UNA PIAZZA PER PEGLI

Il Comitato Una Piazza Per Pegli scrive alla Civica Amministrazione, parte 3

la terza lettera di proposte inviata dal comitato la Comune di Genova


Pag 10. COMITATO PEGLI BENE COMUNE

Nuova targa al Belvedere

Continuano i lavori di recupero e riqualificazione del Belvedere “Padre Guglielmo Salvi” di Pegli…


RUBRICHE


Pag 11. PONENTE D’OLTREMARE

“Raixe”-Un progetto per la tabarchinità


di Antonello Rivano

“Raixe” , in tabarchino significa radice. La comunità “tabarchina”  è come  una pianta con più ramificazioni ma con un’unica origine, alcuni rami magari più pronunciati di altri. Una pianta da tutelare, proteggere, valorizzare…


Pag 12. E PÒULE/LE PAROLE

Imbösâ


di Fiorenzo Toso

Discorrendo di “lerfe imböse”, mi hanno chiesto se so qualcosa in merito all’origine del verbo “imbösâ” (con [o] lunga), che significa ‘capovolgere, rovesciare’…


pag 13. IL CIBO: CUCINA, TRADIZIONE, TERRITORIO

Il “cappon magro”, le origini del nome e la ricetta di un piatto povero diventato piatto nobile

In origine consumato dai pescatori, direttamente sulle barche, o dalla servitù dei nobili che riutilizzava gli avanzi dei banchetti, oggi è considerato un piatto molto ricercatodestinato principalmente alle festività natalizie.


Pag 14. L’ANGOLO DELLA POESIA

Da chi an po’ semmu a Natale

Una poesia della nostra tradizione…per augurarci “Bun Natale!”


Pag 15. ROMANZO A PUNTATE

La forma della felicità


3. Partenza

In questo capitolo: Pegli 1790-Nicola sta partendo, Caterina gli confiderà il suo segreto?

La terza puntata della storia di due destini separati, un cerchio che si apre e che si chiuderà solo moltissimi anni dopo, attraversando generazioni e altre storie. Un racconto d’amore ma anche di radici, di partenze e ritorni. Dal 1790 ai giorni nostri, da Pegli a Carloforte e viceversa.


Pag 16. FOTORACCONTO

Presepe vivente di Voltri

Il presepe vivente itinerante di Genova Voltri 2021, in abiti medievali, di sabato 11 dicembre

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Terza pagina-Cultura & Spettacolo

Camilleri: la “genovesità” in Montalbano

Boccadasse
In uno scritto del 2009 lo scrittore racconta del suo amore per il capoluogo ligure, e del perché il personaggio di Livia, eterna fidanzata di Montalbano, sia proprio di Boccadasse.

Di Antonello Rivano

Da lettore prima, e da spettatore poi, mi sono sempre chiesto come mai Camilleri abbia voluto che Livia Burlando fosse una genovese di Boccadasse. La mia curiosità non è di certo diminuita dopo che a Boccadasse sono stato e me ne sono innamorato.

Boccadasse (Bocadâze in genovese) è un antico borgo marinaro del comune di Genova, che fa parte del quartiere di Albaro, caratterizzato da case a tinte pastello con persiane verdi. La piccola spiaggia di ciottoli e la zona del porto sono fiancheggiate da gelaterie, bar informali e trattorie con tavoli all’aperto che servono specialità di pesce e della cucina genovese. Dalla terrazza accanto alla Chiesa di Sant’Antonio di Boccadasse è possibile ammirare il panorama sul mare e sul borgo.

Tralascio di descrivervi la piccola chiesa di Sant’Antonio, nota anche come “chiesa delle barche”, con i suoi ex-voto marinari, la bellezza delle case color pastello. La barca da pesca, tirata a secco sulla minuscola spiaggia bella e affascinante anche in inverno. I tavolini dei ristoranti, praticamente in riva al mare.

Tralascio perché nelle righe che seguono Andrea Cammileri lo fa certamente meglio di me. Righe che ho scoperto poco tempo fa, hanno soddisfatto la mia curiosità e confermato il fascino che Genova, e i suoi borghi marinari, hanno da sempre esercitato su artisti e gente di cultura.

-Sonia Bergamasco è Livia Burlasco nel Commissario Montalbano televisivo –

La ragazza di Boccadasse”.

*Testimonianza autografa del grande scrittore siciliano del suo amore e legame con Genova.

“Ho avuto un colpo di fulmine per Genova a 25 anni, grazie a un premio di poesia. Ecco perché la fidanzata di Montalbano vive in questa città dei mille incontri. Un siciliano una volta mi disse che “pensava in genovese”: così ho scritto “La mossa del cavallo”.

Ho ripensato alla bellezza di Genova.
Andai per la prima volta a Genova nel 1950, a venticinque anni, perchè avevo vinto ex aequo il premio di poesia indetto dalle Olimpiadi culturali della gioventù. Vissi una settimana incantata a contatto con personaggi come Sibilla Aleramo, Giacomo De Benedetti, Galvano Della Volpe, Massimo Bontempelli e altri che facevano parte delle varie giurie.
Ma, appena terminavano gli incontri, mi mettevo a girare per la città da solo. Perchè già nel tratto dalla stazione all’albergo, il primo giorno, mi ero subito reso conto che tra me e quella città era scattato un colpo di fulmine.
Perché? Perché era una città di mare come di mare era il mio paese?

No, ero stato in tante città portuali e non avevo mai provato la stessa sensazione. Allora cos’era?

E’ assai difficile spiegare perché ci si innamori di una persona, figurarsi di una città. Beh, forse era la perfetta armonia tra gli abitanti e le loro case, tra gli abitanti e il loro cielo, tra gli abitanti e il loro mare, forse era la parlata strascicata e indolente, forse erano i volti che incontravi verso il porto, cotti dalla salsedine ma cosi pronti ad aprirsi in un bonario sorriso.
Tempo prima m’era capitato di leggere un libretto di versi di un giornalista genovese, Tullio Cicciarelli, che poi conobbi, e quel libretto mi servì da guida. Cicciarelli parlava di piazza Di Negro? Ed io via a piazza Di Negro, ripetendo dentro di me le parole del poeta.
Al terzo giorno trovai più che una mia compagna, una guida per il mio vagabondaggio. Una bella ragazza che un pomeriggio mi portò a casa sua, a Boccadasse.

Altro colpo al cuore. Passai qualche ora alla finestra dalla quale si vedeva la discesa che portava alla spiaggetta e il mare che sciabordava pigramente. Sentii mio quel paesaggio, come se mi fossi portato appresso un pezzo della mia Sicilia.
M’è rimasta dentro così a lungo che quando ho cominciato a scrivere di Livia, la fidanzata genovese del commissario Montalbano, m’è parso più che naturale farla abitare a Boccadasse.
La seconda volta ci sono stato molti anni più tardi per dirigere un romanzo sceneggiato radiofonico presso la sede Rai di Genova. Ho voluto avere come interpreti i bravissimi attori del Teatro Stabile di Genova. E anche in quell’occasione, appena finivo di lavorare, me ne andavo in giro.

Fu in una trattoria del porto che incontrai un trentenne siciliano, che da bambino, si era trasferito con i suoi a Genova. Ad un certo punto mi rivelò che, mentre a casa con i suoi parlava in dialetto siciliano, spesso gli capitava di “pensare” in genovese. Ho scritto “La mossa del cavallo” ricordandomi di questa persona. Ma per farlo “pensare” in genovese mi sono fatto una sorta di full immersion nelle poesie di Edoardo Firpo, da ‘O Grillo cantadò a ‘O Fiore in to gotto.

Poi, per la revisione del mio improbabile genovese, la mia cara Gina Lagorio, alla quale sono stato debitore di molte cose, mi segnalò Silvio Rjolfo Marengo che non finirò mai di ringraziare.
E’ stato per presentare proprio questo mio romanzo che sono tornato a Genova.
La presentazione avvenne alle Vele di Piano, gremitissime.
Quella sera ebbi modo di sentire che il mio amore per Genova era ampiamente ricambiato. E l’indomani mattina mi feci portare a Boccadasse. Se non ci fossi andato, avrei fatto uno sgarbo a Livia”. 
Andrea Camilleri

*Articolo scritto nel 2009 da Andrea Camilleri per il primo numero della bimestrale rivista letteraria (oggi non più attiva) Blue Liguria.

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In Primo Piano

L’importanza di tutelare e valorizzare i giardini storici “tratto distintivo della nostra civiltà”

Di Roberto Bordi

Ville e parchi storici di Genova, tra un passato aulico e la decadenza attuale è il titolo dell’incontro andato in scena venerdì 10 dicembre alla Sala Solimena di Villa Bombrini, a Cornigliano. L’evento, organizzato dall’associazione femminile Change X Chance, patrocinato dal Municipio VI Medio Ponente e moderato dalla giornalista di Radio Babboleo, Giorgia Fabiocchi, ha visto l’intervento di alcune delle massime autorità locali e nazionali in materia di parchi e ville storiche, in particolare di quelle genovesi.

Dopo i saluti iniziali di Micaela Alessio, vice coordinatrice di Change X Chance che ha raccontato brevemente la mission e le attività dell’associazione, e Maria Luisa Centofanti, tra le animatrici di Acovill-Associazione delle Ville di Cornigliano – una realtà attiva da alcuni anni nelle attività di promozione e divulgazione del patrimonio storico, artistico ed architettonico di Cornigliano -, a prendere la parola è stata Alberta Campitelli. Presidente del Consiglio superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici presso il Ministero della Cultura e vice presidente nazionale dell’Associazione Parchi e Giardini d’Italia, nel suo intervento intitolato “Considerazioni su Il giardino storico d’Italia” la professoressa Campitelli ha sottolineato l’importanza di tutelare e valorizzare i giardini storici, da lei definiti “un tratto distintivo della nostra civiltà”, tanto che l’Italia, un tempo, era nota nel Vecchio Continente come “il giardino d’Europa”. Ricollegandosi al Bonus Verde lanciato dal Governo per favorire la cura e risistemazione degli spazi verdi privati, ed evidenziandone i benefici per i contesti condominiali e tutta quanta la collettività, la professoressa Campitelli ha raccontato la grande opportunità rappresentata dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che mette a disposizione dell’Italia fondi per 209 miliardi di euro con cui rilanciare il tessuto economico e sociale del Paese dopo la tragedia della pandemia. Ebbene, tra i settori toccati dal PNRR ci sono anche i giardini storici pubblici e privati, a cui l’Unione Europea destina una cifra complessiva di 300 milioni di euro. Una “buona opportunità – ha detto Campitelli – per dare valore ai nostri giardini riconosciuti come beni culturali primari”. Un altro tasto importante toccato dalla professoressa, il “giardiniere d’arte”, una figura professionale che lavora sul verde dei parchi e giardini storici, rispetto alla quale il Ministero della Cultura ha in programma di lanciare dei corsi di formazione specifici nell’ottica di migliorare e manutenere in maniera adeguata il nostro eccezionale patrimonio botanico e paesaggistico. Infine, Campitelli ha citato alcuni modelli “vincenti e virtuosi” di gestione dei parchi storici italiani, uno su tutti il parco di Villa Durazzo Pallavicini di Genova-Pegli, premiato nel 2017 come “parco più bello d’Italia” e oggetto negli ultimi anni, grazie alla direttrice Silvana Ghigino, di una straordinaria riqualificazione.

“Il giardino storico genovese tra il ‘500 e il ‘700” il titolo dell’appassionata relazione di Adriana Ghersi, professoressa di architettura del paesaggio presso l’Università di Genova. La professoressa Ghersi, dopo un breve excursus sul corso di studio in architettura del paesaggio sostenibile lanciato negli ultimi anni da Unige, ha spiegato come il paesaggio di Genova e del Genovesato sia stato profondamente segnato, a partire dal Rinascimento, dalle ville storiche. Merito delle famiglie aristocratiche genovesi, che destinavano una parte delle loro ricchezze derivanti dalle attività mercantili e di prestito di denaro alle più importanti casate regnanti europee, alla realizzazione di magnificenti ville attorniate da splendidi giardini ed orti. Una straordinaria “ricchezza di biodiversità” era presente in tutto il nostro territorio. Solo ad Albaro, ha spiegato Ghersi, erano coltivate decine di varietà di pero, un patrimonio che a causa dell’urbanizzazione selvaggia dei secoli successivi, in particolare dall’800, si sarebbe perso per sempre. Dal ‘500 al ‘700, Genova e il Genovesato hanno visto una “gara” tra le famiglie gentilizie a chi edificava i parchi e le ville più belle, che ospitavano, attraverso il sistema dei Rolli, i signori di allora: sovrani, capi di Stato, nobili e cardinali. Tra le peculiarità delle ville genovesi messe in evidenza dalla prof.ssa Ghersi, la presenza diffusa di elementi difensivi quali le torri, con funzione di fortificazione, e le coltivazioni, che segnavano il paesaggio urbano.

La prof.ssa Ghersi ha poi “passato la mano” alla direttrice del Parco di Villa Durazzo Pallavicini, Silvana Ghigino. Nel suo intervento dedicato a “Il giardino ottocentesco a Genova: lo scempio del ‘900 e gli auspici per il futuro”, l’architetto Ghigino ha ripercorso gli anni in cui i parchi e le ville storiche genovesi hanno vissuto un periodo di declino e in alcuni casi di abbandono a causa di scellerate politiche di sviluppo urbanistico e industriale, depauperando il tessuto sociale, culturale e paesaggistico di Genova e del Genovesato di un patrimonio, in alcuni casi, irrimediabilmente perduto. Grande attenzione è stata data da Ghigino ai cambiamenti di stile dei parchi storici tra il ‘700 e l’800, con l’avvento delle tendenze romantiche che hanno plasmato, tra gli altri, la realizzazione del Parco di Villa Pallavicini a Pegli, progettato dall’architetto Raffaello Canzio ed, ancora oggi, una delle massime espressioni nazionali e internazionali di parco storico in stile romantico. Pur riconoscendo a Canzio l’indubbio talento nella creazione di un luogo che per troppo tempo ha nascosto al pubblico le sue meraviglie, prima dell’ambizioso programma di riqualificazione e recupero messo in atto dall’Ati, Associazione temporanea di imprese che ha assunto la gestione di Villa Pallavicini, la direttrice Ghigino ha sottolineato l’influsso esercitato sul Canzio da un altro grande architetto, il genovese Emanuele Andrea Tagliafichi. Tra i maggiori protagonisti dell’epoca di transizione dal barocco al neoclassico, il Tagliafichi curò tra le altre cose la ristrutturazione della facciata di Villa Rosazza, a Dinegro e la realizzazione di Villa Serra, a Cornigliano, oltre ai giardini di Villa Lomellini-Rostan, a Multedo, “seminando in 10 ville”, ha spiegato Ghigino, i semi poi raccolti dall’architetto Canzio.

A chiudere il convegno è stata la consigliera comunale del Partito Democratico e animatrice dell’associazione Change X Chance, Cristina Lodi, che ringraziando le illustri ospiti per il contributo dato alla serata, che ha visto la partecipazione di un folto pubblico nel rispetto del distanziamento sociale, ha rimarcato quanto sia importante per Genova e per l’Italia, il Paese con più beni patrimonio dell’Unesco al mondo a pari merito con la Cina, tutelare e valorizzare il proprio patrimonio storico, artistico, culturale ed architettonico, di cui le Ville e i parchi genovesi rappresentano una testimonianza di inestimabile valore.

Roberto Bordi

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Attualità

Genova Prà: Inaugurato il ponte sulla foce del Branega

Claudio Chiarotti, presidente del Municipio VII Ponete e l’assessore del Comune di Genova Pietro Piciocchi

di Giuseppe Bruzzone 

Sfidando le interperie in un ventoso sabato , un breve resoconto:
Nella mattina del 18 Dicembre alla foce del torrente Branega con vento forte è stato inaugurato il ponte in acciaio che collega le due sponde del canale di calma.
Presenti l’assessore Pietro Piciocchi, con i tecnici per Comune di Genova , per il Municipio il presidente Claudio Chiarotti ed il consigliere Roberto Ferrando . Alle ore 10 gli stessi Piciocchi e Chiarotti hanno aperto il cancello al pubblico, finalmente tutti  possiamo accedere al parco completo. Una curiosità : i primi ad arrivare al cancello sono stati due ignari pescatori milanesi.

Fonte: https://www.supratutto.it/ su autorizzazione dell’autore

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Eventi

Genova vince la sessantacinquesima Regata Storica delle Repubbliche Marinare: la cronaca fotografica della vittoria

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Genova Prà 18 dicembre 2021- Il Galeone bianco di Genova ha vinto la sessantacinquesima Regata Storica delle Repubbliche Marinare e porta a casa il trofeo in oro e argento.
La vittoria, la decima per la nostra città (l’ultima risale al 2017), è arrivata dopo un impegnativo testa a testa col galeone azzurro di Amalfi, città vincitrice dell’edizione 2018, che per la prima volta si era disputata sui 2.000 metri del campo di regata della fascia di rispetto di Pra’.
In seconda posizione il galeone azzurro di Amalfi, rispettivamente terzo e quarto classificato il galeone verde di Venezia e quello rosso di Pisa.

L’equipaggio per il Galeone Genovese
Calder Alessandro (Timoniere)
Sanna Simone (Timoniere)
Altemani Riccardo
Bergamo Alan
Bonamoneta Alessandro
Costa Giacomo
Gabbia Cesare
Gaione Lorenzo
Garibaldi Federico
Marchetti Edoardo
Mumolo Davide
Perino Enrico
Perino Paolo

Foto di Nino Durante

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Video

Il nostro Buon Natale in musica, con la Filarmonica Pegliese Marco Chiusamonti e il Coro Monti Liguri

Il brano “Bianco Natale” eseguito dalla Filarmonica Pegliese Marco Chiusamonti di Pegli e dal Coro Monti Liguri, in occasione del concerto “Aspettando Natale” di domenica 12 dicembre.
Un connubio tra canto e musica, vecchie e nuove generazioni, tradizione e calore natalizio.
Ancora Buon Natale da parte della redazione de “il PONENTINO”

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Associazioni, Comitati & C

Scuola musicale Giuseppe Conte, dal centenario alla nuova sede

Molteplicità d’azione e felici collaborazioni

Nucleo centrale dell’Associazione è l’attività didattica, organizzata in corsi annuali di livello amatoriale, professionale e di perfezionamento tenuti da docenti qualificati e da affermati musicisti.

All’attività didattica si affiancano le iniziative organizzate dall’Associazione in campo culturale, artistico ed educativo – concerti, seminari, convegni, workshop, rassegne e stagioni concertistiche, presentazioni editoriali, mostre fotografiche, corsi professionali di formazione – mirate a creare sinergie, eventi e momenti aggregativi dei cittadini, spesso in collaborazione con le Istituzioni Pubbliche.

Punti di forza della Conte sono una struttura amministrativa solida e collaudata e un intenso rapporto di collaborazione con professionisti e artisti qualificati e affermati.

L’Associazione ha, così, da tempo caratterizzato la propria attività di formazione e promozione musicale con diverse iniziative nel corso dell’intero anno, in una molteplicità d’azione e una lunga serie di felici esempi di collaborazione volti alla promozione e alla diffusione di contenuti culturali e di contributo ai processi di rivitalizzazione e promozione culturale e artistica, con particolare attenzione al mondo giovanile, per contrasto e prevenzione della dispersione scolastica e sviluppo di sinergie di gruppo.

I passi salienti che hanno portato la Conte dal proprio centenario (1997) all’operatività nella nuova sede (2010); 

1997 Febbraio – Concerto per pianoforte e orchestra d’archi (Mozart) presso il Salone del Maggior Consiglio, su invito dell’Assessore Meriana e del Sindaco Sansa, a chiusura dei festeggiamenti per il centenario di costituzione dell’associazione (1896-1996), alla presenza di tutte le massime cariche istituzionali cittadine.

1999 Gennaio – Prende avvio la rassegna “Incontri alla Sala Conte”, incontri settimanali concertistici e non, da Gennaio a Marzo, liberamente e gratuitamente aperti al pubblico; divenuti oggi a cadenza quindicinale da Ottobre ad Aprile e arricchitisi di presentazioni editoriali e incontri con figure di rilievo del Territorio e della Città.

2002 Marzo – Prende avvio la rassegna di musica antica e barocca “l’Estro Armonico” in chiese, ville e oratori genovesi; estensione sul territorio della rassegna concertistica “Concerti di Maggio all’Oratorio di San Martino in Pegli”, proposta con successo fino all’anno precedente per sette anni consecutivi in collaborazione con l’associazione Rinascita di Pegli. L’Estro Armonico sarà una delle iniziative ufficiali della Città nell’evento Genova 2004 Capitale Europea della Cultura e sarà proposta per una decina d’anni, portando il pubblico a scoprire pregevoli spazi non usualmente aperti al pubblico.

2003 Luglio – Prende avvio la rassegna “Pegli Jazz”, nell’ambito della tradizionale Festa del Mare pegliese, sulla scia delle rassegne jazz precedentemente organizzate a Pegli dalla Scuola Musicale Giuseppe Conte, a partire da: “Pegli Jazz – Tradizione in Movimento”, nel 1997, e “Pegli & Arenzano Jazz – Jazz sotto le Palme”, nel 1998. La rassegna, proseguita per una decina d’anni, porterà a Pegli nomi importanti del panorama Jazz internazionale, come il tenor-sassofonita statunitense Paul Jeffrey, il grande sassofonista Gianni Basso e l’indimenticato Franco Cerri.

2004 Luglio – Prende avvio la rassegna “Classica Estate a Ponente”, protrattasi per alcuni anni e in collaborazione con il Consorzio Sportivo Pianacci e concerti a Pegli e a Prà, ospiti compagini di eccezione come, fra altri, l’Orchestra d’Archi del Teatro Regio di Torino, diretta dal M.o Marina Ghigino.

2006 Ottobre – Assegnato alla Scuola Musicale Giuseppe Conte, per la sezione “Musica”, il Premio Regionale Ligure, giunto alla trentasettesima edizione.

2006 Novembre – Inizia un gratificante connubio con l’associazione Finlandia-Italia di Helsinki, che per anni porterà la Conte ad essere su invito interprete, con propri artisti, del tradizionale concerto autunnale dell’associazione Finlandia-Italia proposto nella suggestiva Chiesa Tedesca di Helsinki con la partecipazione della comunità italiana presente sul territorio finlandese e autorità italiane e finniche, fra le quali: l’Ambasciatore d’Italia a Helsinki, il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Helsinki e lo staff della Sibelius-Akatemia.

2010 Gennaio – Prende avvio e si protrarrà per diversi anni, presso le prestigiose Sale del Minor e del Maggior Consiglio, la rassegna di incontri LA MUSICA E LA SUA STORIA, proposta da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con la direzione artistica della Scuola Musicale Giuseppe Conte, con relatori affermati esperti, musicisti e musicologi di caratura nazionale e internazionale.

2010 – La nuova sede! La realizzazione di un importante centro integrato della musica

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Associazioni & Comitati

Il Comitato Una Piazza Per Pegli scrive alla Civica Amministrazione, parte 3

Ricordate la lettera che abbiamo scritto qualche tempo fa al Comune di Genova per chiedere piccoli interventi di riqualificazione in piazza Ponchielli, al fine di migliorarne il look ed aumentarne vivibilità e decoro urbano? Le prime due richieste si riferivano: 1️⃣ alle aiuole che ospitano le palme, di cui abbiamo chiesto un abbellimento attraverso la messa a dimora di essenze arbustive; 2️⃣ all’accessibilità al Parco di Villa Durazzo Pallavicini, da migliorare mediante lo spostamento della cabina telefonica e di quella per le fototessere, e l’installazione di una cartellonistica ad hoc per i turisti provenienti dalla stazione ferroviaria

Il terzo punto riguarda invece un argomento molto sentito a Pegli: i cassonetti dei rifiuti. Abbiamo proposto al Comune di coprire i bidoni presenti sul lato mare di piazza Ponchielli con una schermatura in legno od altro materiale sostenibile, allo scopo di nascondere alla vista di cittadini e turisti cassonetti debordanti spazzatura Una soluzione di buon senso, largamente adottata nel resto d’Europa, che però, secondo Amiu Genova Spa, da cui abbiamo ricevuto una risposta la settimana scorsa, potrebbe diventare “una possibile fonte di degrado”, delegando tuttavia la decisione finale al Municipio VII Genova Ponente.

Eppure, la schermatura adottata recentemente dal Comune di Cervia (Ravenna), visibile nella foto sotto dimostra l’esatto contrario!

Chiediamo dunque al Municipio VII Ponente di aiutarci a realizzare questo piccolo intervento di ripristino del decoro urbano, che riteniamo un buon punto di partenza per una più ampia rigenerazione di piazza Ponchielli.

Il Comitato Una Piazza Per Pegli scrive alla Civica Amministrazione, parte 1
Il Comitato Una Piazza Per Pegli scrive alla Civica Amministrazione, parte 2

Fonte: pagina FB del Comitato Una Piazza Per Pegli

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Associazioni & Comitati

Comitato Pegli Bene Comune: Nuova targa al Belvedere…e i pali di sostegno cambiano colore

Il mosaico di interventi di recupero e riqualificazione del Belvedere “Padre Guglielmo Salvi” di Pegli, svolti nell’ultimo anno dal Comitato Pegli Bene Comune, si arricchisce di una nuova, importante tessera.

L’ufficio Toponomastica del Comune di Genova , in coordinamento con il Municipio VII Genova Ponente, ha infatti sostituito la targa rotta e vetusta con una targa nuova di zecca!

I nostri volontari hanno “completato l’opera” carteggiando i pali di sostegno della targa e riverniciandoli dello stesso azzurro dato qualche mese fa alla ringhiera del BelvedereIl risultato? Secondo noi è bellissimo!

E non è finita qui! A breve, infatti, ci sarà con il Municipio un sopralluogo che servirà a decidere quali e quante piante mettere a dimora sulla terrazza del Belvedere e lungo la spiaggetta sottostante, al fine di colorare e abbellire questo luogo che per noi è magico.

Sarà un’occasione importante anche per programmare e realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria di cui hanno bisogno gli spazi verdi del Belvedere

Fonte pagina FB Comitato Pegli Bene Comune

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Ponente d’oltremare

“Raixe”-Un progetto per la tabarchinità

“Raixe” , in tabarchino significa radice. La comunità “tabarchina”  è come  una pianta con più ramificazioni ma con un’unica origine, alcuni rami magari più pronunciati di altri. Una pianta da tutelare, proteggere, valorizzare, Il progetto persegue tali scopi.

Questa pianta, questo albero secolare, lo possiamo chiamare “tabarchinità”, ed è un termine che contraddistingue una comunità “allargata”. Non a caso abbiamo preso in prestito  un termine che è usato per indicare un tipo di famiglia dei giorni nostri. La comunità tabarchina ha origine con una partenza, quella da Pegli nel 1542, di alcune famiglie di pescatori di corallo per l’isola di Tabarca in Tunisia. Ai corollari si affiancheranno maestri d’ascia, contadini, e altre figure che dovranno rendere autonoma una vera e propria colonia ligure in terra tunisina. Dilungarci sul come e sul perché della partenza, e delle successive vicende storiche, sarebbe cosa lunga e forse anche ripetitiva, sta di fatto che, a partire dalla prima metà del ‘700, i fatti precipitano, la situazione geopolitica si fa complicata.  Nel giro di qualche decennio Tabarca viene del tutto abbandonata e i coloni fonderanno altri paesi: Carloforte e Calasetta a sud ovest della Sardegna ( nelle isole di San Pietro e Sant’ Antioco) e Nueva Tabarca  in Spagna. Tutte queste vicende fanno parte de “l’ epopea tabarchina” e sono oggetto di una richiesta di riconoscimento, presso l’ UNESCO, come patrimonio immateriale dell’umanità.

Delle origini liguri si trova traccia a Carloforte, dove ancora quasi tutti parlano ancora un dialetto, o meglio lingua, molto simile al genovese di ponente, e a Calasetta. In questi due paesi sono ancora vive le tradizioni di origine e i cognomi sono perlopiù quelli degli antichi colonizzatori. Diverso il discorso per l’enclave spagnola, dove si è del tutto perso il dialetto, i cognomi sono stati “spagnolizzati” e il ricordo storico è molto fievole.  A Pegli invece si conserva memoria e si considerano i Carlofortini e i Calasettani  con affetto e rispetto, specie per come hanno conservato lingua e usi meglio del  luogo di origine stesso.

E’ con queste premesse che nasce il progetto “Raixe-spazi digitali per la cultura tabarchina”, che  intende recuperare, salvaguardare, valorizzare e rendere fruibile il patrimonio culturale immateriale della Comunità Tabarchina. Con “Raixe” si vuole rinsaldare la matrice identitaria comune, attraverso il recupero delle antiche e comuni radici ed il confronto delle rispettive tradizioni etnografiche ed antropologiche, anche per riscoprire, valorizzare e facilitare il dialogo interculturale tra le 5 Comunità con la stessa origine culturale Tabarchina: Tabarka (Tunisi), Nueva Tabarca (Alicante –Spagna), Genova Pegli, Carloforte e Calasetta. Inoltre di intende Consentire alle nuove generazioni di riappropriarsi del proprio patrimonio identitario, a rischio di dispersione, per poter generare nuove idee e prospettive di sviluppo sociale ed economico. Finalità del progetto è quella di tutelare, valorizzare e promuovere la cultura tabarchina, rafforzare l’identità locale, la cultura e la memoria dei luoghi attraverso il coinvolgimento della popolazione; favorire la socializzazione e migliorare i rapporti intergenerazionali; fornire ai soggetti coinvolti informazioni e strumenti che facilitino il confronto per lo scambio di ricordi, saperi e di abilità; sviluppare nella cittadinanza il senso di responsabilità e di consapevolezza nei confronti del proprio territorio, rafforzando il senso di appartenenza. A Calasetta è stato realizzato un polo digitale della cultura tabarchina che raccoglie documenti e link alle tracce della documentazione storica e contemporanea dei viaggi, della lingua e delle tradizioni di questo popolo in movimento.

Il progetto

 Il Progetto RÀIXE – Spazi digitali per la Cultura Tabarchina”,  (aggiudicato con Bando Regionale Domos de sa cultura – Determina RAS – Lingua e Cultura Sarda, Editoria e Informazione n. 1448 del 23/11/2017, dalla Cooperativa sociale MILLEPIEDI ) è stato finalizzato alla costituzione di “Sa Domos de Sa Cultura tabarchina” con un polo digitale interattivo che consente la conservazione e riproduzione di documenti di interesse culturale, locale e storico al fine di salvaguardare e tutelare il materiale per migliorarne la fruibilità, la condivisione e la conoscenza, ma soprattutto per valorizzare l’intera cultura tabarchina utilizzando le tecnologie informatiche e la rete internet, un esempio su tutti la creazione di una piattaforma software web e app multilingua la piattaforma web e la app multilingue accessibili, consentono agli utenti di visitare ed esplorare i contenuti documentali tramite il web, accedendo anche a delle aree riservate. La piattaforma consente inoltre la promozione del tessuto economico e delle produzioni del territorio.  

La video presentazione di Ràixe-Spazi digitali per la cultura tabarchina

Al progetto collaborano associazioni e privati appartenenti alle 5 comunità “tabarchine”, fornendo supporto e materiale.

La casa della tabarchinità

“Raixe-Spazi digitali per la cultura tabarchina” è  arrivato al traguardo della sua fase realizzava il 21 settembre 2019, quando si è inaugurata quella che è stata definita “casa della tabarchinità ” e che, di fatto, rappresenta il cuore di “Raixe”. La “casa” è un luogo fisico che ha lo scopo di raccogliere il maggior numero possibile di materiale inerente la cultura tabarchina e renderla fruibile, in forma digitale, ad un pubblico eterogeneo che si è pensato formato da studenti, appassionati, curiosi e  si auspica anche da una nutrita schiera di turisti.

La cerimonia di presentazione tenuta a Calasetta, nell’aula consiliare del comune,  gremita di pubblico, sono intervenuti amministratori comunali e studiosi di lingua e storia tabarchina, doveroso ricordare tra essi: Giovanni Poggeschi, esperto di diritti linguistici dell’università del Salento; Nicolo Capriata e Luigi Pellerano, cultori della storia carlofortina; Maria Cabras e Remigio Scopelliti, cultori della storia di Calasetta.

Inoltre hanno partecipato: Monique Longerstay, l’archeologa belgo-tunisina promotrice di importanti eventi per la cultura tabarchina,  che ha ribadito ancora una volta il suo impegno presso l’ Unesco nella causa per il riconoscimento dell’epopea tabarchina come bene immateriale dell’umanità; Enzo Dagnino in rappresentanza delle comunità liguri e come membro del Circolo Culturale Norberto Sopranzi di Pegli tra i soggetti promotori della richiesta all’UNESCO. Assenti per motivi vari i  tabarchini di Nueva Tabarca (Alicante, Spagna). Interessantissimi tutti gli interventi che hanno rimarcato, sia da parte delle amministrazioni che da associazioni e privati, l’intenzione di continuare sulla strada della tutela e della valorizzazione della cultura tabarchina.

Quella del popolo tabarchino è sicuramente una storia unica e particolare, gente che nonostante la permanenza, per oltre due secoli in terra tunisina, subendo anche momenti di schiavitù, mai ha vacillato e abbandonato fede religiosa e tradizioni, come giustamente ricordato dall’assessore alla cultura del Comune di Carloforte Aureliana Curcio, anch’essa presente, con la vicesindaco del comune di Carloforte Betty DI Bernardo, alla cerimonia di inaugurazione

«I tabarchini hanno saputo essere, nei secoli, modello di modernità intellettuale. Interagendo con popolazioni e culture diverse, sia in terra straniera che nei luoghi eletti a loro stanziamento, integrando e integrandosi, portando con loro, attraverso quella strada immensa che è il mare, quello spirito di accoglienza e tolleranza che ha sempre contraddistinto le loro comunità».

Il momento dell’apertura ufficiale della “casa della tabarchinità” il cuore multimediale di Raixe-Spazi digitali per la cultura tabarchina

A Calasetta, dopo le relazioni in sala consiliare, ci si è poi avviati in corteo verso la “casa” di Raixe. Ad aprire il corteo formato da Calasettani e Carlofortini, giunti in buon numero, la bandiera che un tempo sventolava sul forte di Tabarca, una croce rossa in campo bianco, quella di Genova detta all’epoca “La Superba”, a seguire il gruppo delle Serenate Calasettane, che ha fatto cantare a tutti le canzoni tradizionali tabarchine

Se vogliamo parlare di metafore e  simboli di  una cultura all’avanguardia da sempre, non possiamo non far  notare che il nastro inaugurale del centro multimediale è stato tagliato all’unisono da tre donne: Marzia Varaldo presidente di Millepiedi, Claudia Mura sindaco di Calasetta, Elisabetta Di Bernardo vice sindaco di Carloforte. La tabarchinità ha da sempre avuto un rispetto e una idea avanzatissima del ruolo femminile nella società, tanto che già nei secoli scorsi ci sono testimonianze di donne protagoniste nella vita delle comunità  e di associazioni di mutuo soccorso composte da sole donne, specie a Carloforte

visitatori all’interno del centro multimediale

Il frutto del lavoro di due anni, tanti ne sono occorsi per arrivare alla realizzazione del progetto, si sono potuti vedere entrando all’interno del centro che si snoda su due piani, uno riservato all’accoglienza del pubblico  con panelli  bilingue in cui è scritta la storia della diaspora e, singolarmente, quella delle cinque comunità, storia che, dobbiamo ricordare, comprende cinque paesi, due regioni, tre nazioni e due continenti. Al piano superiore le sagome stilizzate di figure che rappresentano la società tabarchina e un moderno Touch Screen che, di fatto, è il cuore del progetto: un archivio digitale con interviste, foto, documenti che può essere aggiornato sempre con nuovo materiale. Una saletta, con alcuni posti a sedere e uno schermo, ospita il filmato che è stato creato appositamente per Raixe e che fa una carrellata sulla cultura tabarchina e i suoi molteplici aspetti.

In conclusione, in quella tiepida serata settembrina, oltre alla presentazione del progetto e del centro multimediale di Raixe, abbiamo assistito a una dichiarazione di intenti che coinvolge in particolar modo le due comunità più vicine geograficamente. Tre  miglia di mare separano Calasetta, sull’ Isola di sant’Antioco, da Carloforte, unico centro abitato dell’ Isola Di San Pietro. Poche miglia che a volte sono bastate a separare, soprattutto ideologicamente,  due realtà che avrebbero tutto l’interesse e le possibilità di fare territorio. La volontà espressa è quella di abbattere finalmente i campanilismi e cooperare, in nome delle comuni origini, per recuperare ciò che si è perduto e preservare quello che ancora si ha, in fatto di tradizioni, cultura e lingua.

 Tutto quanto detto sulla unicità della cultura tabarchina, sul fatto di considerare tutti i suoi componenti facenti parti di una unica comunità, mantenendo in ogni caso peculiarità e caratteristiche proprie, fa ben sperare sul prosieguo di una strada che sembra finalmente intrapresa e percorribile. Si è fortemente sottolineato, ancora una volta, che la realizzazione del progetto Raixe non è da considerare come una cosa che finisce qua. Questa è stata l’occasione per risvegliare, nei molti che hanno contribuito alla sua realizzazione, l’orgoglio e la consapevolezza di appartenere a qualcosa di grande. Da questo si deve partire affinché un bene preziosissimo non vada  perduto, coinvolgendo in questa consapevolezza più  tabarchini possibili.

Gli eventi

Numerosi sono stati gli eventi portati avanti dal progetto Raixe nei suoi due anni di vita, anche se attraverso le difficoltà dovute all’emergenza pandemica. Laddove non è stato possibile avere la possibilità della presenza “in persona” si è ricorso al web, con congressi e attività online, a dimostrazione che la Tabarchinità non è parola solo storica ma prosegue anche attraverso i moderni strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico. Un popolo avvezzo a navigare per i mari si è ben abituato a farlo anche in rete.

Il Festival “Cul-Ture d’@mare”

Nel 2021 si è tenuto il festival online Cul-Ture d’@mare, progetto della “Cooperativa Millepiedi onlus” in continuità con il progetto Raixe-Spazi digitali per la cultura tabarchina.

Cosi si legge nella home del sito dedicato al festival:
“Archiviare e proteggere dall’oblio è un sicuro e degno approdo; promuovere e diffondere è l’inizio di una nuova vita, di un nuovo viaggio, di nuove e continue conoscenze. Ed è da questa esigenza che 𝙍𝙖̀𝙞𝙭𝙚 (𝙧𝙖𝙙𝙞𝙘𝙚) si evolve in 𝘾𝙪𝙡-𝙏𝙐𝙍𝙀 𝙙’@𝙢𝙖𝙧𝙚, 𝙥𝙧𝙤𝙜𝙚𝙩𝙩𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙥𝙧𝙤𝙨𝙚𝙜𝙪𝙚 𝙞𝙡 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙧𝙞𝙨𝙘𝙤𝙥𝙚𝙧𝙩𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙘𝙪𝙡𝙩𝙪𝙧𝙖 𝙩𝙖𝙗𝙖𝙧𝙘𝙝𝙞𝙣𝙖.Le 𝙙𝙪𝙚 𝙩𝙤𝙧𝙧𝙞 𝙨𝙖𝙗𝙖𝙪𝙙𝙚 𝙙𝙞 𝘾𝙖𝙧𝙡𝙤𝙛𝙤𝙧𝙩𝙚 𝙚 𝘾𝙖𝙡𝙖𝙨𝙚𝙩𝙩𝙖, ne sono emblema ed espressione, da secoli immobili guardiane a presidio del territorio, da tempo “luoghi” da cui ammirare orizzonti da esplorare… in terra, in cielo ed in mare.Da queste torri, dalla loro valorizzazione, il progetto Cul-TURE d’@mare (“𝑻𝒖𝒓𝒆” significa torre in tabarchino) prende il largo seguendo tre linee, fili, percorsi che tracciano ed intessono le azioni di questa nuova esperienza…. nel 𝙧𝙤𝙨𝙨𝙤 (della 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖 e della 𝙢𝙚𝙢𝙤𝙧𝙞𝙖 )… nell’𝙖𝙯𝙯𝙪𝙧𝙧𝙤 (del 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤 e della 𝙨𝙘𝙤𝙥𝙚𝙧𝙩𝙖)… nel“𝙜𝙞𝙖𝙡𝙡𝙤 𝙡𝙪𝙘𝙚” (della 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙞𝙣𝙪𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙚𝙣𝙯𝙖)”

Dopo una serie di eventi dedicati alla cultura, storia ed enogastronomia tabarchine il percorso del Festival si è concluso giovedì 16 dicembre con un online riassuntivo.

La Tabarchinità, cultura viva e storia che prosegue

Il progetto Raixe, al di là di quanto fatto e di quanto si farà, unitamente ad altri progetti ed attività di cui “il PONENTINO” continuerà ad occuparsi, è testimonianza di quanto l’Epopea Tabarchina e la sua cultura, siano ben vive e feconde. Non mere materie di studio per pochi cultori ma l’evolversi delle conoscenze ed esperienze di una Comunità che comprende cinque centri, tre nazioni e due continenti. Prospettiva che non può che far ben sperare nel riconoscimento UNESCO della “Epopea tabarchina” come “Bene Immateriale dell’ Umanità”

Ràixe

Ai sentu fórti ste ràixe, anche quande sun luntan.
Cumme in’àncua ch’a tégne a borca inte ‘n pórtu següu.
Cumme ‘n erbu che, nunustante l’êtè,u s’aguànte fórte, atacàu au só teren.
Pàssan pe tera, atavèrsan u mò,lìgan uìze e paixi, ómmi e destin.
Ai émmu da bagnò cui nóstri ricórdi, cüò cun tüttu l’amù, pe nu fòiai secò.
Émmu da vésse padruindu tempu che passe, pe nu fòiai ascurdò.
Émmu da tegnise pe man,figiö da stéssa stória, pe nu pèrdise mòi

[poesia in tabarchino di Antonello Rivano. Seconda classificata al Premio Internazionale di poesia e narrativa Carlo Bo- Giovanni Descalzo di Sestri Levante (GE)/sezione poesie nelle parlate liguri]

Radici
Le sento forti queste radici,anche quando sono lontano.
Come un’ ancora che tiene la barcain un posto sicuro.
Come un albero che, nonostante l’ età, si tiene forte, attaccato al suo terreno.
Passano per terra, attraversano il mare, legano isole e paesi,uomini e destini.
Dobbiamo bagnarle con i nostri ricordi, curarle con tutto l’ amore. per non farle seccare.
Dobbiamo essere padroni del tempo del tempo che passa, per non farle dimenticare.
Dobbiamo tenerci per mano, figli della stessa storia, per non perderci mai.

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E pòule/le parole

“Imbösâ”

Discorrendo di “lerfe imböse”, mi hanno chiesto se so qualcosa in merito all’origine del verbo “imbösâ” (con [o] lunga), che significa ‘capovolgere, rovesciare’. In effetti me ne sono occupato qualche anno fa: le attestazioni più antiche, della prima metà del Seicento (Giuliano Rossi), fanno riferimento al significato di base moderno: “ro vascello intrò, piggià ra votta / squexi che d’ato à basso ò s’imbosà”; “ri boccoin ch’a me porze / … / m’imbosan o figgaetto e re corè”.

La seconda, con l’immagine figurata delle viscere che si rovesciano per la nausea o il ribrezzo, spiega bene anche l’evoluzione nell’altro significato d’uso corrente, documentato dalla fine del sec. XVII attraverso il corrispondente aggettivo verbale “imböso”, che vuol dire anche ‘in cattiva salute’, da cui ‘arrabbiato, mal disposto’: “così imbosa mi no ghe l’ho moæ vista” ‘così arrabbiata non l’ho mai vista’ (1698, Pollinari). Analogo è l’utilizzo del verbo nel secolo successivo: “m’han fæto un po’ imbosâ” (1772, De Franchi). L’origine della voce, che trova riscontro anche in piemontese e nell’area emiliana occidentale, è incerta: certamente però non ha nulla a che vedere col latino popolare *INVERSARE (come proposto da Plomteux e dalla Petracco Sicardi) che è molto distante foneticamente e che oltre tutto trova in Liguria il suo diretto continuatore in “inversâ”, di analogo significato, e nel suo derivato “inverso”.

La forma rivierasca “imbausà”, “imbousà” ci viene però in aiuto. Infatti le forme ponentine presuppongono una forma caratterizzata da un antico dittongo -au- destinato a conservarsi a Ponente e a chiudersi in genovese, come succede ad esempio per “cousa / cösa”, “couru / cöo”, “pousà / pösâ”, “ouru / öo” ecc. Questo, considerando che dal gruppo latino -ALT- si attua il precoce passaggio ad -aut- (come nel ponentino autu, sautu ecc.), consente di riconoscere un probabile legame della nostra voce col latino popolare IN- + *BALTEARE > *imbautiare > imbösâ, a sua volta derivato da BALTEA ‘dirupo’, da cui anche il ligure occidentale “bàusu” ‘dirupo’ e per traslato ‘sasso’. Si tratta insomma della stessa etimologia dell’italiano “balzare”, il che non è privo di logica: da un dirupo, in effetti, può capitare sia di fare un “balzo” (e di qui gli sviluppi italiani), sia di caderci, rovesciarcisi, “imbösâseghe” dentro (e di qui l’evoluzione del termine in area ligure).

fonte https://www.facebook.com/fiorenzo.toso

Prof.Fiorenzo Toso, linguista, accademico di linguistica e dialettologo italiano. Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Fiorenzo_Toso

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Il cibo: Cucina. tradizione, territorio

Il “cappon magro”, le origini del nome, e la ricetta, di un piatto povero diventato piatto nobile

In origine consumato dai pescatori, direttamente sulle barche, o dalla servitù dei nobili che riutilizzava gli avanzi dei banchetti, oggi è considerato un piatto molto ricercato, destinato principalmente alle festività natalizie.

Casaccia descrive nel 1876 il “cappon magro” come ‘formato da biscotto, pesce tagliato a rocchi, arigusta, funghi sott’olio, uova a fette, scorzonera, mosciame, ostriche, gamberi ed altro, ogni cosa disposta suolo per suolo, quindi condita con salsa

di Fiorenzo Toso

Le motivazioni di questo nome appaiono poco chiare, ed è evidente che non vi è alcuna relazione diretta col nome del “cappon“, il ‘gallo castrato‘, che compare peraltro in genovese già alla fine del sec. XIII nelle rime dell’Anonimo.

Bisogna pensare piuttosto all’estensione di tale nome, in Liguria destinato almeno a partire dal sec. XVII (G. Rossi) a designare lo ‘scorfano rosso’, la cui polpa particolarmente delicata veniva assimilata per bontà al cappone terrestre: forse in origine il “cappon magro” era costituito proprio dalle carni di questo pesce condite con verdure, e la designazione come ‘magro’ serviva a distinguerlo dai vari tipi di preparazione del gallo castrato.

Non bisogna comunque dimenticare l’assonanza di questa voce col nome della “capponadda” o ‘panzanella’, altro piatto di pesce a base di galletta bagnata, con aggiunta di pomodoro, vari tipi di tonno conservato, olio, aceto, pepe, sale e basilico.

La capponadda ligure

La “capponadda” così descritta da Casaccia nel 1851 è però un piatto presente, con lo stesso nome, anche in Sardegna, in Sicilia (dal sec. XVII) e in altre regioni del Meridione italiano: il nome si considera in genere derivato dal catalano “caponada”, che non compare tuttavia prima del 1803. Anche in questo caso non è quindi da escludere che il nome del pesce “cappone” (noto come tale, oltre che in Liguria, in diversi dialetti meridionali) abbia contribuito alla denominazione di un piatto nato piuttosto sulle rive del Tirreno o del Mar Ligure, e di qui esportato solo successivamente nella Penisola Iberica.

Prof.Fiorenzo Toso, linguista, accademico di linguistica e dialettologo italiano. Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Fiorenzo_Toso

La ricetta (da http://www.cucinaligure.info)

La versione più semplice del cappon magro è nata come piatto povero, o dai pescatori sulle barche, o dai marinai sulle navi o nelle cucine dei ricchi dove la servitù riutilizzava gli avanzi dei banchetti e in questo caso, il pesce (normalmente il cappone) avanzato della zuppa, aggiungendovi poi delle verdure. La ricetta, che si consumava in Quaresima, venne arricchita coreograficamente nel periodo Barocco decorandola con salse, gamberi, uova ecc.
Il cappon magro unisce con sapiente maestria i prodotti della terra (verdure) con quelli del mare (pesci e crostacei) in un connubio dove regna l’armonia di gusto e colore, creando quello che potrebbe essere il simbolo di questa non generosa terra stretta tra monti e mare. Oggi è considerato un piatto molto ricercato, di difficile preparazione, destinato principalmente alle festività natalizie

Capon magro (Cappone magro)
Foto di Sergio Rossi

Ingredienti

Ingredienti per 6 persone:
4 gallette da marinaio,
800 g di pesce cappone (oppure nasello, ombrina, branzino),
1 aragosta,
12 gamberi,
6 ostriche,
50 g di mosciamme di tonno,
200 g di frutti di mare a scelta,
1 limone,
aceto, olio extra vergine d’oliva, sale,
1 cavolfiore piccolo,
1 barbabietola,
4 carciofi,
3 radici di scorzonera,
1 sedano bianco,
2 carote,
300 g di fagiolini,
2 o 3 patate,
ravanelli,
1 cucchiaio di funghetti sott’olio,
2 uova.
Per la salsa:
una manciata di capperi,
20 g di pinoli,
2 acciughe salate,
2 spicchi d’aglio,
2 tuorli d’uovo sodi,
1 mazzo di prezzemolo,
1 panino (solo la mollica),
1 cucchiaio di olive di Spagna verdi,
1 bicchiere d’olio extravergine d’oliva, sale q.b.

Istruzioni

Pulire tutti gli ortaggi e farli bollire separatamente.
Una volta cotti, sbucciare e tagliare a fette sottili le patate, le barbabietole, le carote, i fondi dei carciofi.
Le restanti verdure andranno tagliate in pezzi.
Condire il tutto con olio, aceto e sale e tenere separato.

Nel frattempo pulire e bollire il cappone in acqua e aromi, privatelo della pelle e delle lische, tagliatelo in pezzi e conditelo con olio, limone ed un pizzico di sale.
Fare lo stesso con l’aragosta, cercando di mantenere il più possibile la sua forma originaria.
Lessare i gamberi e teneteli interi.
Esiste una versione che prevede i gamberi fritti.
Aprire le ostriche e gli altri frutti di mare.
Cuocere le uova fino a che non saranno sode.
Disporre in piatti differenti, per agevolare il lavoro, il mosciamme tagliato a fettine sottili, le acciughe private del sale e delle lische, le olive, i capperi e i funghi. In un mortaio porre il prezzemolo, l’aglio, i pinoli, i capperi, le acciughe e 2 rossi d’uovo, la mollica di pane bagnata d’aceto, la polpa delle olive, un pizzico di sale.
Pestare (oppure frullare) sino ad ottenere una salsa cremosa, setacciare e diluire con 1 bicchiere d’olio e mezzo d’aceto.
Porre in piatto da portata le gallette del marinaio strofinate con l’aglio, bagnarle con un goccio d’acqua ed aceto ed un pizzico di sale, ungere d’olio.
Cominciare a porre sulle gallette, a strati alterni, le verdure ed il pesce alternando il tutto con la salsa.
Non esiste un ordine preciso in cui disporre gli ingredienti ma solo la capacità di sovrapporli creando una policromia di gusti e colori che formeranno una torre dalla base più larga e sulla cui sommità verrà posta l’aragosta nella sua bella forma, circondata dai gamberi magari posti su degli stecchi.
Tutto intorno al cappon magro si disporranno, per allietare l’occhio, le uova tagliate a fette, i frutti di mare e le olive e i funghetti rimasti.

Fonte della ricetta http://www.cucinaligure.info/2019/01/17/cappun-magro-cappon-magro/



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L’angolo della poesia

Da chi an po’ semmu a Natale

Da chi an po’ semmu a Natale,
tutti dixian “menu male”,
tutti menu che i bibìn
che faian na brùtta fin.

E gallin-e fan e èuve
nun se sa se neia o ciòve
Ma fa freidu e g’ho na fammme
che mangiè pan e salamme.

Pe scàdame ghe a braxèia
e pe luxe na candeia,
pe a cuxin-a gh’e u runfou
e n’erbuettu in tu balou.

Preparemuse na simma
de sei èuve bella pin-a,
dui pansòti e dui raieu
pe tiase in po’ sciù u cheu.

E cu in gottu de vin bun
u panduse cu- u turrun
tutti insemme e in allegria:

Bun Natale…e così sia.

(Autore sconosciuto)

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Romanzo a puntate

La forma della felicità

3.Partenza

 L’ora della partenza è arrivata, l’equipaggio sta controllando le ultime cose da imbarcare, perché nulla di utile sia dimenticato. Mai equipaggio fu più eterogeneo: un comandante dal viso segnato dalla vita e dal mare, un gigante dai capelli bianchi, e due ragazzi dai capelli rossi. Nicola e Jolanda se avessero avuto la stessa età avrebbero potuto sembrare gemelli: stessi capelli ricci color di carota, qualche lentiggine che impreziosiva un viso delicato, profondi occhi color castagno e carnagione chiara, tutte caratteristiche prese dalla madre.

   I ruoli a bordo sono già decisi: un comandante, due marinai e un mozzo. Jolanda ha voluto assolutamente che pure a lei fosse dato un incarico durante la traversata, Tonio l’ha nominata mozzo e addetta alle provviste di bordo. La ragazzina è felice e orgogliosa di avere una parte attiva in quella avventura, ha preso con gran serietà il suo compito e sta ricontrollando per l’ennesima volta le provviste che devono essere caricate sulla Speranza.

  Nicola si muove con lentezza, quasi a voler tardare il momento in cui salperanno. Non ha preso di buon grado la decisione di Tonio: lasciare Pegli per Carloforte, lasciare una casa che tanto significa per lui per una in un posto sconosciuto; soprattutto dover lasciare Caterina. La scelta che il padre ha fatto non ammette repliche né discussioni, i timidi accenni di protesta da parte di Nicola non hanno minimamente scalfito il lupo di mare che desidera, finalmente, fermarsi sulla terraferma. Il pensiero del giovane è tutto rivolto al futuro, a Caterina, al loro matrimonio.

   Pietro, invece, lavora con allegria, si può quasi leggere in lui il desiderio della partenza, sta facendo ritorno all’isola e questa volta non ripartirà, ha un motivo per restare: una famiglia. Il carlofortino si è affezionato a quei ragazzi, sono i figli di quello che considera un fratello. Assieme ripareranno e ingrandiranno la vecchia casa, rimetteranno l’orto in condizione di dare i suoi frutti. Può dare vita al suo sogno di disboscare il terreno incolto che circonda l’abitazione, impiantare viti e ulivi. Lui comprerà una piccola  barca da pesca e, quando non andrà per mare, si riposerà all’ombra  del grande fico antico.  Con Jolanda a cavalluccio sulle grandi spalle condurrà lei e il fratello sulle scogliere a vedere il volo dei falchi della regina, quelli che, con il nome di sparvieri, hanno dato origine al nome dell’isola. E, quando il suo viaggio sarà finito, tutto andrà ai ragazzi, per questo ha voluto già depositare il suo testamento da un notaio di Genova.

  Tonio osserva i tre, sente un grande senso di responsabilità, soprattutto verso i suoi figli, in cuor suo sa che la sua scelta è quella giusta anche per loro, ma non può non considerare ciò che prova Nicola. Sa della sua storia d’amore, comprende il suo malumore e la sua ostilità,  ma è conscio della difficoltà che i due giovani incontrerebbero restando a Pegli. La differenza di ceto sociale, la diversità di condizioni economiche, se pur non costituiscano, come in passato, un divieto al loro matrimonio, di certo non avrebbero la benedizione della piccola comunità. Le chiacchiere e i pettegolezzi si stanno già facendo incalzanti, come la voce che Caterina mirerebbe più ai soldi di Tonio che alle virtù di Nicola. A Carloforte i due innamorati non avranno nessun ostacolo alla loro unione. Lui li aiuterà a costruirsi una casa e una nuova vita.

 Un carretto a mano sta aspettando fuori dalla porta, su di esso i partenti caricano le cose che saranno necessarie per il viaggio e gli oggetti dai quali non si sono voluti separare.

Ora gli zoccoli di legno risuonano sul selciato antico, dopo aver disceso le scale esterne della casa hanno richiuso il cancello di ferro battuto per l’ultima volta.

   Ancora uno sguardo. A Nicola sembra di vedere sua madre che lo saluta sulla soglia, il suo eterno sorriso e i rossi capelli raccolti sul capo; socchiude gli occhi quasi a voler conservare per sempre quella visione, quando li riapre non vi è più nulla, tranne la vecchia porta di rovere, chiusa. Non si è mai reso conto prima di come quel carrugiu sia parte di lui: anche se è ancora presto la tripperia lì accanto sta iniziando a preparare le sue specialità, l’odore inconfondibile si spande nell’aria, un odore che a Nicola non è mai piaciuto un granché – non avrei mai creduto mi sarebbe dispiaciuto lasciare anche questo profumino –  e sorride, mesto, al suo stesso pensiero.

 -Andiamo, si fa tardi- le parole secche del padre lo riscuotono dal suo torpore, una mano cerca la sua, una piccola mano: Jolanda che cerca la sua àncora. La sorellina che cerca in lui la sicurezza, la coraggiosa piccola donna non sarebbe nulla senza il suo eroe, il suo idolo, quello che le è fratello e amico, Nicola che in questi anni ha svolto il ruolo di  quella madre che lei non ha mai conosciuto.

-Vanno, partono- il passa parola si fa eco tra i carruggi del porticciolo, la gente, la loro gente, si affaccia dagli usci per salutarli. Sono abituati alle partenze i Pegliesi oramai, partenze di marinai per lunghi viaggi o di intere famiglie per nuove terre, come quelli che oltre due secoli prima erano partiti per la pesca di corallo nella lontana Tabarca, in terra tunisina. Famiglie che avevano lasciato a Pegli parenti e ricordi. Come quelli che più recentemente avevano raggiunto i discendenti dei primi per fondare, assieme, un nuovo paese, questa volta nelle terre del re di Sardegna.

  Tutto si ripete ancora: il carrettino con le poche cose che possono stare su una barca, passi lenti quasi a voler tardare il più possibile il distacco dalla terra natia, sguardi che guardano quei passi per non incrociare lo sguardo amico e famigliare: sguardi che potrebbero fare più male che bene.

Caterina, che sta scendendo verso la zona del porticciolo, ode quelle parole che rimbalzano da carruggiu a carruggiu, non può rinunciare a vederlo ancora una volta, è pentita di averlo trattato con tanta freddezza la sera prima. Con un unico gesto calcia via gli zoccoli per meglio correre sul lastricato reso umido e scivoloso dalla rugiada notturna.

 A Nicola spetta il compito di slegare la cima dall’anello del molo che si protende oltre la piccola spiaggia, anche fisicamente è l’ultimo legame con la terra ligure quel cerchio di ferro. Quando già la barca è distante da terra sente urlare il suo nome – Nicolaaaa– alza lo sguardo e la vede: una figura di donna vestita di bianco, uno scialle gettato sulle spalle, lunghi capelli biondi sciolti, liberi di  seguire l’impeto della corsa. La vede correre a piedi nudi, lasciare la grossa sabbia scura e proseguire ancora un poco sin dentro al mare, l’acqua sino alle ginocchia. Lui si aggrappa alle sartie, si protende oltre la poppa della barca, a voler ridurre la distanza fra di loro, distanza che invece aumenta sempre di più.

  Caterina resta ancora un attimo così, ansante, l’acqua che le bagna la gonna sino ad inzupparla, una mano alzata come ultimo saluto.

CONTINUA…
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leggi i capitoli già pubblicati:
1.La promessa
2.Il figlio del mare

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Presepe vivente di Voltri

Il presepe vivente itinerante di Genova Voltri 2021, in abiti medievali, di sabato 11 dicembre. Foto concesse da Mariella Garbero, presidente del Gruppo Storico di Voltri.

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