Ven. Apr 19th, 2024

Il giorno assassino

“Il giorno assassino”, che parte da quel 23 novembre del 1980 e giunge sino ai nostri giorni, è attualissimo.

 di Maria Rosaria Anna Onorato

Quel giorno l’autunno ci fece un regalo, il sole era caldo e forte e si poté passeggiare in maniche corte. La sera la terra tremò, mostrando il suo volto assassino

Tremila morti. Novemila feriti. Trecentomila sfollati. Quella sera aggrappata al balcone che sfuggiva tra le mani vidi i palazzi toccarsi, i lampioni della strada fuggire al vento, poi più nulla.

Il nuovo giorno sorse vittorioso, cadeva neve e silenzio, le piazze riempite di bare, non più bambini a rincorrersi e vociare nel meriggio gelido. La povera gente del Sud imparò presto un dialetto (altrettanto incomprensibile): lesioni, sisma, onde, Mercalli, Richter, distacchi, solai, travi, pilastri, agibilità. E non c’erano altre parole nei dialetti dei semplici che significassero quei vocaboli sconosciuti. Eppure di terremoti, nel Sud, ce ne erano stati, in passato, ma le parole che portano guai si dimenticano subito.

Quaranta anni fa lo Stato incapace di muoversi, per giorni accorrono solo i volontari, mentre sotto le macerie si muore. Fammi andare, voglio partire (Lioni, Santomenna, Sant’ Andrea di Conza), resto qui ad aspettare gli amici con la minestra in tavola. Colonne di aiuti partiti dal Nord attraversano la città, corro al casello che divide in due l’Italia, non qui, mi sbraccio, non qui, faccio cenno ai monti laggiù dove si muore sotto la calce.

23 novembre 1980-Irpinia
23 novembre 1980-Irpinia

I terremoti, come la pandemia, fanno paura solo quando scoppiano, poi tornano le parole di sempre: l’interesse, la fretta, il risparmio.

E dopo? Dopo la catastrofe naturale più ‘assistita’ della storia portò nel Sud sessanta miliardi per la ricostruzione, che arricchirono tutti (presenti ed assenti), intorno a quei soldi banchettò un’intera generazione di architetti, ingegneri,  sindaci e imprese. Ieri come oggi una maledizione tormenta il Sud, nulla è cambiato pur avendo cambiato tutto, 40 anni nel paese dei gattopardi.

Nel 2020 il virus del pipistrello fa decine di migliaia di morti, ospedali stracolmi, nessuna medicina. L’uomo che sfida lo spazio, l’uomo che inventa le armi, l’uomo che succhia l’anima della terra, l’uomo che non ha paura di niente e distrugge le foreste, il mare, i ghiacciai, gli equilibri planetari, l’uomo è sconfitto, giorno dopo giorno, da un pipistrello. Un nemico invisibile, il virus, che ci ha tappato la bocca, ci ha strappato i sorrisi e ha conquistato le scuole.

Dopo il terremoto di quaranta anni fa, in Irpinia e in tutto il Meridione, furono chiuse le scuole per molte settimane. Ma potevamo sentire il crepitare  delle pietre assassine nelle pareti di casa, avevamo nei polmoni la polvere dei calcinacci, nelle orecchie il pianto dei vivi sottoterra. Da un anno la maggior parte dei nostri studenti non ha più nulla. Solo lo schermo anonimo di un computer senza anima. Da un anno un nemico invisibile, senza boati eclatanti, senza distruzione e senza eserciti, ha ucciso ovunque nel mondo e in Italia più di cinquantamila persone e ha conquistato anche le scuole. Quell’orrendo nemico tiene prigionieri, da un anno, i nostri studenti.

 Anche stavolta impariamo parole nuove: spillover, droplets, lockdown, pandemia, contagio, distanziamento sociale, immunità di gregge, smart working, ventilatore Ventilatore: nell’immaginario comune il ‘ventilatore’ indica l’elettrodomestico che viene solitamente utilizzato in estate per rimanere al fresco. Tuttavia la ventilazione assistita rappresenta una delle poche armi a disposizione degli ospedali per aiutare i malati a sopravvivere. In questi mesi il suo significante mortifero ha preso il sopravvento  rispetto a quello più comune. Per ora il ventilatore a cui pensiamo non è quello a cui eravamo abituati per trovare refrigerio.

Perché refrigerio non c’è.

Maria Rosaria Anna Onorato

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