Mer. Mar 26th, 2025

Orizzonti letterari N°2

Spazi aperti alla poesia e alla narrativa

Orizzonti Letterari è una rubrica dedicata alla scoperta e all’esplorazione della narrativa e della poesia. Attraverso racconti e versi, offre, oltre agli autori di Polis SA MAgazine, anche ai lettori uno spazio aperto alla creatività e alla riflessione, dove le parole si intrecciano per evocare emozioni e ispirare nuove prospettive


In questo numero:


Poesia

“La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve” Mario Ruoppolo (Massimo Troisi) in Il postino

L’Amore

L’Amore è il fruscio delle foglie mosse dal vento,
é il muoversi lento del granturco in spighe,
il piegarsi senza contesto. Ecco …
L’Amore è abbandonarsi dolcemente tra le braccia del bisogno.
Sorridergli è un tenero gesto vitale.
L’Amore è ovunque.
Guarda l’orizzonte, il mare, i monti
e fatti rapire dalla breccia dolcemente.
Ti bacia dolcemente l’anima e tu non riesci a vivere senza.
L’Amore è per la Natura, è Natura, è Forza, è Dio, è Universo, è … il
Cielo e la Terra, siamo tutti Noi.
L’Amore è Vita.

Nicoletta Lamberti

POESIA PREMIATA AL PREMIO NAZIONALE BIENNALE DI POESIA CITTA’ DI SOLOFRA NEL 1990

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Narrativa

Va’ là fuori, trova una storia che ami e poi raccontala” Ron Howard

Quelle partite a calcetto

Non era solo “correre dietro a un pallone”, era una scuola di vita. Io, che mi ingegnavo a fare il portiere, ho imparato che dopo ogni scivolone e caduta ci si rialza, magari con le ginocchia sbucciate, e pazienza se ti hanno fatto goal. Almeno hai provato a prenderla quella palla, hai dato tutto per chiudere lo specchio della porta.

Dopo tutti questi anni in cui i guantoni li ho appesi al chiodo, beh, li avevo messi piuttosto in soffitta. Ma… “chissà dove diavolo sono finiti”, così come il borsone con la mia divisa col numero 1 ben in vista. Io, che numero uno forse non lo sono mai stato, tranne per le persone che mi vogliono bene, che poi sono quelle che contano. Quel borsone era sempre pronto: passavi in piazza a vedere se qualcuno organizzava una partita, o andavi direttamente al campo, ché i cellulari mica c’erano ancora.

In quelle partite qualcuno ti falciava, ma poi ti tendeva la mano per rialzarti – mica come nella vita vera, dove spesso se ti stendono ti passano pure sopra. E a volte li rivedi, quelli che erano “la squadra da battere”. Hanno i capelli bianchi e qualche ruga in più, e pensi: “solo un po’”. Speri sia lo stesso pensiero che hanno guardando te, e magari si chiedono se sei proprio tu, quello che a volte negava il goal decisivo, dietro i capelli che non ci sono più e i chili di troppo.

Ogni tanto rivedo quello che mi diceva: “Tu sei un fenomeno, a volte sembri uscito dalla scuola calcio di Coverciano… e altre fai delle cagate pazzesche.” Come quando gli prendevo una palla destinata all’incrocio dei pali, e subito dopo subivo un gol da un suo compagno di squadra, che anche un bambino lo avrebbe parato. Forse è ancora così: non ho mai imparato a intercettare le palle facili.

Lui, medico da una vita, che dovrebbe essere già in pensione, e invece è ancora lì, nel suo ambulatorio o nelle case di pazienti allettati, perché non ci sono giovani medici a prendere il suo posto. Con la pancetta e i capelli grigi come i miei – se ancora li avessi – e la stessa schiettezza di un tempo. Io che scrivo per mestiere, raccontando storie e a volte inventando eroi che salvano vite, e lui che davvero cura e, a volte, salva persone, pur senza essere mai stato chiamato “eroe” – anche se, ammette, farebbe volentieri a meno di certe telefonate a tutte le ore..

Ci accomuna il fatto che facciamo entrambi il nostro mestiere con passione, e condividiamo i ricordi di quelle partite in cui abbiamo imparato che la vera vittoria non si misura solo nei goal segnati o nei tiri parati, ma soprattutto nelle relazioni che costruiamo e nelle vite che arricchiamo, sia sul campo che nella quotidianità.

Siamo entrambi stanchi di tante cose, di un mondo che a stento riconosciamo come nostro. Ma sono sicuro che se ci dessero un pallone e un campetto di calcetto, la voglia di farci una partita non ci mancherebbe. Avrei però un problema: dopo essermi tuffato per parare, magari un calcio di rigore… chi mi tirerebbe su?

Antonello Rivano

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