Vittorio Jannuzzi: La foto è un fuoco che tiene viva la memoria”
Pisciotta (SA), borgo natio del fotografo, nelle immagini di volti, vicoli e frammenti di memoria
di Stefano Pignataro
Con vivo interesse e con emozione la popolazione pisciottana ha visitato, lo scorso 16 agosto, la mostra fotografica “Pisciotta-volti e risvolti” del Maestro Vittorio Jannuzzi presso il Palazzo Marchesale.
Con Vittorio, che vive al Nord e che è originario di Pisciotta, durante l’estate (spero sempre non soltanto in questo periodo) è una gioia ritrovarsi.
I suoi scatti sono stati e sono destinati alle copertine dei maggiori settimanali di spettacolo, da “Chi” a “Gente“, da “Diva e Donna” a “Novella 2000“, e si può dire che davanti al suo obiettivo sono passati i grandi dello spettacolo e di tantissimi altri settori.
“Cerco l’anima attraverso lo scatto“, suole affermare; un fine che ha attuato anche per questa mostra, che ha omaggiato il suo senso di appartenenza e le sue origini al borgo, un borgo che, secondo l’introduzione scritta di sua mano che apre il volume, ha la sua storia “scritta senza penna ma dalle azioni delle persone che lo abitano“. Ed è così che “la foto è un fuoco che tiene viva la memoria per chi è rimasto e per le generazioni future“.


La mostra ha avuto il successo che meritava e ha destato vivo interesse tra i pisciottani, sempre famelici della loro storia.
– Ogni suo scatto presuppone una conoscenza del soggetto tale, forse, da consegnare allo spettatore una peculiare caratteristica. È giusto? Come un fotografo professionista cattura l’attimo?
Proprio così! È il mio modo di approcciarmi alla fotografia. Se non conosco personalmente il soggetto, sia esso famoso o anonimo, organizzo un incontro preliminare prima di realizzare le immagini, affinché io possa conoscerlo privatamente e trasferire nelle foto non solo le caratteristiche del personaggio o della persona, ma qualcosa del suo intimo. Sono solito ripetere: una foto, seppure tecnicamente perfetta, ma che non suscita emozioni, è una foto sbagliata. L’attimo giusto per cogliere l’immagine giusta è questione di tecnica, di tempi e di sensibilità.
– Una mostra fotografica dedicata a un paese sottintende una conoscenza diretta, filiale, direi quasi antropologica. Pisciotta come è cambiata negli anni? Riscontra una certa continuità negli usi e costumi tra generazioni o vi è stata una cesura dovuta al normale scorrere degli eventi?
Una mostra fotografica, in questo caso la mia interamente dedicata al mio borgo natio e ai miei compaesani, sottintende prima di tutto un grande dispendio di energie e di tempo. Poi la conoscenza dei luoghi e dei suoi abitanti mi ha incoraggiato a realizzarla, perché la mostra va oltre le foto, va diretta al cuore.
Mi chiede se trovo attinenze e continuità tra questa generazione e coloro che l’hanno preceduta: rispondo che è impresa ardua trovarne. Con l’andare del tempo, e soprattutto negli ultimi due decenni, le differenze e le distanze sono diventate abissali; nel linguaggio, nella comunicazione, nel modo di vivere e di essere.
Trovo che sia una generazione omologata, ciclostilata: sono tutti uguali, fanno tutti la stessa cosa, usano tutti gli stessi mezzi, disconnessi dalla realtà e immersi in quel falso mondo denominato virtuale. Sembra che stiano al mondo senza una ragione apparente, a subire gli ordini e vivere senza nessuna rivolta verso un sistema che li sta inghiottendo e renderli proni e ubbidienti. In sintesi, non vedo quello spirito libero e rivoluzionario che animava le generazioni precedenti e la mia.


– Protagonisti degli scatti sono anche i vicoli, caratteristici e suggestivi. Ve ne è uno preferito e, in generale, un luogo “del cuore” in cui fotografa con maggiore trasporto?
I vicoli inseriti negli scatti della mostra sono una galleria di ricordi: era il parco giochi di noi bambini dell’epoca. Poi, io li trovo straordinari: una volta erano vita pulsante del borgo, ogni vicolo era abitato, ogni vicolo trasuda storia. Il mio preferito è il vicolo Praiano, stretto e lungo, taglia il paese in due; attraversandolo ti ritrovi dal lato opposto del borgo. Non ho un luogo preferito dove realizzare le mie immagini, sono un ritrattista e il soggetto principale è sempre la persona; il luogo mi fa da scenografia e lo scelgo in funzione dell’immagine che voglio realizzare.
– La scelta del bianco e nero ha una specifica ragione tecnica?
La scelta del bianco e nero è semplicemente una questione tecnica. Ci sono immagini, e quelle della mostra lo sono, che rendono l’idea realizzativa solo in quel modo. Il bianco e nero è più crudo e crudele, ed io volevo che i segni del tempo, le espressioni, il dolore sui volti fossero ben evidenti.

– L’Antropologo Vito Teti ha teorizzato la teoria della “Restanza”, volta e dedicata ai giovani che non emigrano e valorizzano i borghi natii. Come crede che si possa continuare a fare in modo che, nonostante le diverse esigenze, una nuova generazione e quelle che verranno non dimentichino le proprie origini e consegnino la loro professionalità ai borghi che li hanno formati? Una mostra come la sua, secondo Lei, può essere un contributo?
Se c’è una cosa che mi rode dentro e mi fa vivere col rimorso del peccatore, nonostante i miei successi professionali, è non aver vissuto il mio borgo in proporzione all’amore che io nutro per esso.
Io penso ci siano due tipi di immigrati: quelli come me, che sognano il successo inseguendo il sogno di una professione, e quelli che devono inseguire il lavoro per sostenere se stessi e le proprie famiglie. I primi, per ragioni obiettive e ovvi motivi di opportunità, partiranno sempre; i secondi, invece, si deve fare di tutto per trattenerli nel luogo natio.
Investire nel futuro dei nostri giovani non è più un dovere, ma un obbligo: il nostro Cilento è ricco di bellezze e di ricchezze e potrebbe offrire opportunità di lavoro e un futuro senza problemi. La politica deve essere in grado di valorizzare il territorio, programmare un turismo su larga scala, dare sostegno e valore alla pesca e investire sull’agricoltura. Penso siano sufficienti per incrementare il lavoro e dare ai nostri giovani la possibilità di restare.
Stefano Pignataro

