Dom. Ott 13th, 2024

La Meglio Gioventù. Jacopo Guedado Mele: “La più grande risorsa sono le persone”

Che il digitale sia diventato una porta, attraverso cui estendere la nostra percezione del termine “reale”, è ormai assodato. Cosa è realtà e cosa è virtuale? Giovanni Vacca dice: «Internet offre una ricchezza inestimabile di informazioni, conoscenza, contatti umani. È così grande che ha gli stessi pregi e gli stessi difetti del mondo reale: pieno di cose meravigliose e anche di porcherie e cose inutili». Anche la percezione del “sé” è cambiata, grazie o a causa degli estremismi incubati nel mondo dell’informazione, del web 24h, dei social network che indirizzano simpatie, curiosità, timori, insomma sentimenti d’ogni tipo, verso un soggetto. Così nascono nuove professioni e i giovani – consci della mutevolezza del mondo e dell’essere umano, del nuovo habitat in cui vivono e lavorano (compreso il mondo della rete) – cercano di disegnare prospettive altre, sia nel campo lavorativo che relazionale: tra le figure più interessanti, il digital-life coach. Il quasi 23enne Jacopo Guedado Mele è considerato, a livello internazionale, un guru della materia. Si è inventato un lavoro, lui nativo digitale, con la curiosità di comprendere/apprendere il linguaggio delle macchine per migliorare la vita dell’uomo (basti ricordare la sua tecnofilantropica Fondazione Homo Ex Machina). Sempre di corsa, ultimamente, tra Italia e Inghilterra, Jacopo – originario di Fisciano, piccola cittadina in provincia di Salerno – è uno dei geni italiani più apprezzati dalle aziende di mezzo mondo e mantiene l’obiettivo prezioso di valorizzare le persone.

Jacopo, qual è stata la tua escalation nel mondo digital, da amatore a professionista?

«A 7 anni ho iniziato a scrivere le prime righe di codice. A 12 anni implementavo siti web per alcune aziende del mio paese e limitrofi, sino ad arrivare a Napoli. Da adolescente sono entrato a far parte di un team che realizzava app per dispositivi Apple, diventando, in seguito, co-founder e manager di Uzenzu, un laboratorio per lo sviluppo app per i device mobili. Nel frattempo iniziavo ad approcciarmi al mondo del marketing».

Cos’è un digital-life coach?

«Il digital life coach, letteralmente un allenatore della vita digitale, è una figura strategica che affianca dirigenti nel fare azienda oggi, con un approccio digital».

Il lavoro digital, legato al mondo della rete e del nuovo marketing di matrice social, ha attecchito in Italia?

«Certo, ha attecchito. Non possiamo certo dire che prosperi in tutte quante le realtà, spesso si resta abbagliati dallo splendore dei nuovi media, ma per interiorizzarli nella nostra vita ci vuole consapevolezza».

Il web oggi può essere ancora ritenuto uno strumento di occupazione per i giovani? In quali settori?

«Oggi la tecnologia può sostituire il 45% dei lavori come li abbiamo sempre immaginati, è tempo di creare nuovi modelli economici e nuove figure».

Sei legato al concetto di entropia. Il motivo?

«Sento il concetto di entropia molto vicino a me, perché sono convinto che il caos sia il presupposto di qualsiasi processo».

Sei ancora a Londra? Perché hai deciso di spostarti lontano dall’Italia?

«Londra è il luogo ideale per sentirsi al centro d’Europa, è un crocevia di connessioni internazionali e per un networker come me è una città molto stimolante. Mi sono trasferito a Londra con l’obiettivo di conoscere almeno una persona nuova al giorno, ma non sento di essermi spostato lontano da nessun luogo, perché viaggio di continuo e dappertutto».

A 12 anni già programmavi. Quanto è importante approcciarsi da piccoli alla tecnologia?

«Nel mio caso è stato un approccio naturale e spontaneo, ritengo che la cosa importante sia assecondare le proprie inclinazioni. Per il resto, è necessario fare molta attenzione al giorno d’oggi, affinché i più piccoli non vengano traslati direttamente in un mondo che sia solo e soltanto digitale senza passare prima per il reale».

Quanto ha influito sulla tua vita, iniziare a lavorare da ragazzino? Lo consiglieresti ai più giovani di te?

«Per me non era lavorare, era coltivare una passione. Ed è qualcosa che consiglierei a qualsiasi età. Sono convinto che la più grande risorsa siano le persone, dobbiamo dare fiducia guidata agli under 18, per far sì che loro siano il nostro petrolio. Gli under18 sono quelli più vicini al futuro, dobbiamo accompagnarli a creare il mondo che dovranno andar a vivere, smettendo di offrirgli un mondo legato a modelli obsoleti».

Umano e cyborg? Quali i confini necessari e quali le opportunità?

«Pochi giorni fa è uscito sul trimestrale “Linc” un mio articolo che tratta proprio di questo, ne cito qui un piccolo passaggio: “Oggi le macchine dovrebbero sostituire l’uomo in quelle attività che gli impediscono di coltivare la propria dimensione etica e spirituale, e restituire al concetto di libertà la legittima influenza sulla sfera delle virtù”»

Il valore della rete sociale e del networking?

«Per me è un valore incommensurabile. Come ho sempre detto, la mia rete è la mia forza».

Davide Speranza

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