A spasso per Monteverde Irpino (Avellino)
Oltre che uno dei più bei borghi d’Italia, scrigno di tesori naturali e architettonici inenarrabili, Monteverde Irpino (Avellino, Campania) è un paesino caloroso, accogliente, ospitale e con un occhio di riguardo in più per i disabili.
di Anna Maria Noia
Il borgo è anche tra i più sostenibili – oltre che green – riguardo i differentemente abili: pare sia il paese con meno barriere architettoniche, a livello regionale e forse anche nazionale.
Aria pura, gente cordiale. Una cittadina vivibile, a misura d’uomo e con tanta pulizia tra le stradine. Le viuzze con scorci caratteristici, balconcini e fiori alle finestre. Tutto molto bello, romantico. Lussureggiante. Famiglie simpatiche e appunto cordiali, empatiche, interessate agli altri. Dominato da una fortificazione castellare, un maniero molto ben ricostruito – appartenente all’epoca aragonese (dicono alcune fonti, ma le origini del castrum sono attestate già intorno al IX secolo) – Monteverde conquista i visitatori con la quiete, la gentilezza e con panorami mozzafiato – davvero incredibili. Popolato da circa 800 anime, di cui 200 solo nel borgo, è abbarbicato per i declivi e le valli della verde Irpinia. Si raggiunge, dopo due ore abbondanti di auto da Mercato San Severino – Salerno, dove chi scrive risiede – tramite l’autostrada detta Ofantina oppure da Lacedonia. È una cittadina quasi più vicina alla Puglia che alla Campania – potremmo dire. Ma gode di tutte le caratteristiche della Campania, sebbene il curioso dialetto dei Monteverdesi appaia differente dal “comune” vernacolo partenopeo.
È un sito affascinante, pulito e lindo, ricco di spunti verdeggianti. Lì, chi scrive ha potuto sperimentare l’ospitalità e la cortesia di una zona davvero “selvaggia” (nel senso buono del termine, naturalmente) – nel senso di intatta, vergine. Abbiamo dunque conosciuto le famiglie D’Annunzio e Cavuoti. Tra le più note del paesello, ricche di storia, tradizioni, aneddoti. Come non ricordare i simpatici Alessandro e Rocchina Cavuoti – appunto? Alessandro – uomo gioviale e molto generoso – è deceduto da qualche anno. A rinnovare la prodigalità dei Cavuoti, ecco la forte, temprata e combattiva; determinata Rocchina. Abile in cucina, al ricamo e in mille altri campi dell’economia domestica. Tramite Rocchina ed altri suoi amici (soprattutto al femminile, amiche) chi sta scrivendo ha avuto l’opportunità di conoscere la volitiva cronista Rai (collaboratrice del programma tv “Chi l’ha visto?”) Filomena Rorro. Anch’ella molto disponibile. Ma parliamo di “zio” Antonio D’Annunzio – parente del più celebre letterato, scrittore, poeta Gabriele – un arzillo “giovanotto” di ben 99 anni (compiuti a marzo 2022), autore di bellissime e significative liriche da autodidatta. “Zio” Antonio, padre di ben sei figlie femmine, vanta una storia molto toccante – fulgido esempio di passione, volontà, tenacia e… poesia. Sì, perché il nonnino – molto lucido e autonomo, alla sua veneranda età – aveva una grande voglia di studiare e di conoscere il mondo, le cose. Grazie a un filantropo, ebbe appena l’opportunità di frequentare fino alla terza elementare. Poi dovette lavorare, la sua famiglia era di origini contadine.
Ma l’amore per la cultura, il sapere e l’erudizione ha avuto sempre un posto; un ruolo rilevante – nella costruzione della propria personalità da dotto autodidatta. Per questo, Antonio ha pubblicato – da pochi anni a questa parte – libri di poemi talmente intensi e pieni di significato e di emozioni, da suscitare il plauso e l’attenzione di molti. Anche chi sta scrivendo ha avuto modo di poter apprezzare la mansueta bontà e – soprattutto – la bravura e la perizia del vecchietto. Molto educato e umile, modesto, nel senso più nobile del vocabolo. Ci ha onorati di farci entrare nella sua bellissima casa. Piccola ma arredata con gusto. Soprattutto siamo stati ospiti del pergolato del suo orto. Tra magnifici regali ed onorificenze, per riconoscenza. Monteverde è ameno, dolce, immalinconente. Alcuni storici sostengono che anticamente si chiamasse Mons Aureus, Monte d’Oro. Altri propendono per Mons Viridis. Questo borgo (nido della cicogna nera; patroni: S. Michele arcangelo e Santa Caterina Alessandrina o d’Alessandria – quest’ultima è anche patrona della Schola Medica Salernitana) è ricco di storia. Già a partire dall’età post preistorica e/o sannitica. Sull’esaustivo e completo, dettagliato sito web de “I borghi più belli d’Italia” – dalla grafica accattivante – si legge: “La presenza romana [a Monteverde] è documentata dai resti del ponte sul fiume Ofanto – chiamato “Pietra dell’Oglio” [forse petrolio? Petrae Oleum? – Non dimentichiamo che sono zone ricche di giacimenti, queste. Nonché di vento. A tal proposito, ecco le immancabili pale eoliche]”. Tra altre ricche attestazioni e testimonianze storiche, abbiamo una pergamena longobarda risalente all’anno 897. Dal 1049 al 1531, il paese diviene sede vescovile. Nel 1059, Monteverde assume la dominazione normanna – con Roberto il Guiscardo, principe di Salerno. Al cui seguito, ecco Troisio e Angèrio de Rota – poi de Sancto Severino: i condottieri di Mercato San Severino! Quindi una sorta di “gemellaggio” ideale, molto ideale, tra il comune di Mercato San Severino e Monteverde. Tra gli altri conquistatori – sempre di Monteverde, ricordiamo i Grimaldi di Monaco (1532-1641); i Caracciolo (1662); i baroni calabresi Sangermano. E giù, fino ai tempi nostri. In una parentesi storica, ricordiamo anche la presenza del noto brigante Crocco – a saccheggiar le abitazioni della gente quieta di tal luogo. Certamente da visitare, dunque.
Il paese, e concludiamo, offre anche delizie gastronomiche – per il palato di anziani e di giovani – di tutte le età; per tutti i gusti e tutte le tasche. In particolare abbiamo avuto modo di apprezzare i gustosissimi, squisiti formaggi (caciocavalli davvero super). Dalle mani esperte della tuttofare Rocchina Cavuoti, ecco invece scaturire orecchiette; fusilli avellinesi (al ferretto); cavatelli. Ma soprattutto il piatto, la pietanza di pasta fresca detta “maccaronàra”. Ovvero i troccoli pugliesi. Sono specialità molto amate, qui. Tutto è genuino. E non parliamo della bontà dell’olio di oliva, sempre tra i beni e i prodotti di tale zona. Che aggiungere in più a questo nostro servizio giornalistico? Che vale la pena fermarsi a Monteverde Irpino. Come una volta (prima del Covid), quando c’erano gli spettacoli in onore di San Gerardo Maiella – presso la diga del paese. Venivano denominati: “I giochi di San Gerardo” oppure, anche: “Gli spettacoli dell’Acqua”. Associati anche a spettacoli di falconeria, ossia “dell’aria”.
Ricordiamo – infine – che a Monteverde i parenti del già presidente del consiglio Mario Draghi possedevano un’accorsata attività farmaceutica. Tutti a Monteverde, perciò. A valutare e ad apprezzare meglio le nostre terre meridionali. Le terre “del rimorso”, studiate dall’etnografo di origini napoletane Ernesto De Martino. Qui, tra le bellezze (antropiche e naturali) “di casa nostra”.