Lun. Apr 29th, 2024

Un pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo e San

Un pellegrinaggio davvero piacevole, “bagnato” di pioggia – ma con un romantico e solenne, divino arcobaleno

Un pellegrinaggio davvero piacevole, “bagnato” di pioggia – ma con un romantico e solenne, divino arcobaleno. Un viaggio accanto a tante persone piacevoli, con cui condividere i momenti più intensi e toccanti, rilevanti. Nel nome di San Michele e di San Pio. E in amicizia, con la massima libertà di esplorare siti densi di spiritualità – autonomamente. Si tratta (si è trattato) della visita al santuario di S. Michele arcangelo – nella cittadina pugliese di Monte S. Angelo – contestualmente alla visita nei luoghi cari a San Pio. In quel di San Giovanni Rotondo. Il pellegrinaggio è stato compiuto lo scorso 24 settembre – domenica. A bordo del pullman di linea guidato, magistralmente, da Valentino Ruggiero. Una garanzia, per la sua conduzione accorta e sicura. Tutto è stato organizzato sapientemente, da Gerardo Iannone – sacrestano nella chiesa di S. Giovanni in Parco (in Mercato San Severino) – dalla moglie Elena Fasolino e da Agata Sessa. Una fedele della chiesa succitata, che ha – in pratica – raccolto il testimone della signora Giordano-Abbadessa, nell’organizzare (da qualche tempo) itinerari religiosi. Non certo scevri di divertimento. La signora Abbadessa si occupava – prima della sua dipartita – di approntare eventi ecclesiastici “particolari”. Ad esempio, l’accorsata; seguitissima funzione eucaristica in onore di San Giuseppe Moscati. In novembre, con la partecipazione di medici ed operatori sanitari – in ogni campo. Proprio perché Moscati protegge tali categorie di lavoratori. Una vera e propria mission, per tutti i livelli sanitari – appunto: dai dottori al personale paramedico, non tralasciando infermieri; operatori Oss; inservienti e volontari in tali ambiti. Dopo la signora Giordano, ecco la simpatica Agata Sessa a volersi prodigare, per creare momenti di aggregazione tra i partecipanti alla vita della parrocchia. Retta da don Peppino Iannone. Ed Agata, latrice/creatrice di un apposito gruppo WhatsApp, per tale itinerario, riesce a curare i vari aspetti di questi viaggi. Tutto perfetto, grazie a Dio, per il viaggio del 24 settembre scorso. In mattinata – alle 10.30 – i quaranta pellegrini (iscrittisi all’evento) hanno potuto partecipare alla S. Messa nella grotta di San Michele (celebrazione affollatissima). Un appuntamento con l’eucarestia, davvero importante. Fondamentale. Subito dopo, ecco anche un’apposita guida. Un uomo dai modi energici, ma molto preparato – sia dal punto di vista religioso che per le sue spiegazioni sull’arte e sulla simbologia del santuario dedicato all’arcangelo. Principe delle milizie celesti, pare al posto di Lucifero/Satana. Quelli di S. Michele sono i culti più complessi e misterici di tutti gli altri miti etnografici e antropologici. Delle tradizioni popolari.

Patrono delle acque termali, delle falde acquifere; raffigurato con la bilancia in mano – simbolo della “pesatura delle anime”, che ricorda la figura e l’effigie di Anubi – il dio egizio, dal volto di sciacallo – il santo è molto conosciuto non solo in Puglia, ma anche nelle zone dell’Irpinia; del Beneventano; del Salernitano. Ove esiste, ancora, il cosiddetto “tratturo di San Michele”. Un percorso di transumanza che è anche un viaggio da pellegrini. Dall’Abruzzo fino in Puglia e al Sud Italia. Anche in Lucania: il famoso “iter brundisinium” del poeta latino Orazio. Questo tratturo è stato ri-percorso – nel 1991/1992 – a bordo (ovviamente) di un’auto, da Gino e Anna Maria Noia (esperti di storia locale, nonché di tradizioni etnografiche, risiedenti a San Severino) e dagli amici Sandrino D’Arco e Alfonso Pisano. Anch’essi “ricercatori” di storia e toponomastica territoriali. Mi-ka-el, Quis ut deus: Chi (è) come Dio? Ecco cosa significa il nome Michele. Venerato, secondo il calendario più recente, il 29 settembre – assieme agli altri arcangeli Raffaele (la guida) e Gabriele (l’annunciatore). Nonché Uriele, l’angelo della morte. Anche se la guida, molto preparata, ha asserito che gli arcangeli siano sette e i cori angelici – invece – nove. Come, sempre secondo la guida, le dita di Dio. La grotta (ipogeo) dove si celebrano le Messe, cui accedono anche diversi indemoniati, veniva detta Mitreo. In onore del dio Mitra – al cui culto; alla cui devozione accedevano i Longobardi, prima della loro conversione al Cristianesimo. Prima che l’angelo santo apparisse – per ben tre volte – al vescovo Lorenzo. E a svariati suoi “luogotenenti”. Questo, seguendo le parole e il discorso della guida. Tre – allora – le apparizioni da parte del guerriero Michele – a cavallo, soprattutto, del 490 dopo Cristo. Quasi due secoli dopo l’editto di Costantino. Che promulgò, in seguito alle avventurose e guerresche vicende della battaglia di Ponte Milvio, la libertà di religione cristiana. In nome del motto: “In hoc signo vinces”. Sotto il segno della croce, vittoriosa. Tre momenti da stigmatizzare. Oltre all’apporto di San Michele, anche, nel corso dell’epidemia di peste del 1600. Ecco quando si sono verificate le visioni: a maggio (l’8 o anche il 15), il 22 settembre e il 29 – sempre di settembre. Anche tra Mercato San Severino; Fisciano; Carpineto e l’irpina cittadina di Solofra vi sono tante manifestazioni, a cavallo tra l’8 e il 15 di maggio. Oltre, naturalmente, alle manifestazioni ed iniziative per il 29 settembre. In particolare, si festeggia a Carpineto di Fisciano e sul santuario (Fisciano) di San Michele di Mezzo. Ma esiste anche un santuario su San Michele di Cima. In queste zone, avviene l’incubatio. La veglia, in onore del santo. Con dei giri attorno alla chiesa, nell’area detta “vuoccolo”. La gola. Con il “divieto” – espresso su un’epigrafe – di consumare “cibi pascali” (pasquali), come carne, salami e uova. Affinché il santo sia “amante”, non “vindice” (vendicativo). Il sito di San Michele sul Gargano, costruito attorno alla grotta/mitreo – dove, secondo la tradizione, si sacrificava il sangue di un toro (ma il “toro”, il “tuoro”, “Torello di Castel San Giorgio” e “Torello di Carifi”, è il “luogo elevato” per eccellenza) – indossa l’architettura romanica e quella gotica. Tante le popolazioni – ha spiegato (anche) la guida – giunte fin a tal sito: dai Longobardi ai Normanni, agli Svevi, agli Angioini. Per parecchi secoli. Le opere d’arte, nella grotta e negli ambienti attorno costruiti, sono d’incommensurabile valore – sia appunto artistico/manifatturale (quindici secoli di affreschi e dipinti, alcuni antichissimi) – sia dal lato simbolico e spirituale.

Un posto magico e di grande impatto emotivo; un paesello medievale (Monte Sant’Angelo) ma aperto a pellegrini, visitatori, curiosi di ogni zona del mondo. Un po’ come Assisi, in Umbria. Ed eccoci, finalmente, a San Giovanni Rotondo. Dove il gruppo, davvero coeso e disciplinato, è giunto per pranzo (davvero luculliano e gustoso) e poi, di pomeriggio, per respirare l’aria di bellezza e di santità del burbero e severo frate. Proveniente dalla caratteristica cittadina campana di Pietrelcina. Luogo frugale, com’era anche San Giovanni Rotondo fino a pochi anni fa. Quando il turismo di massa è incrementato, portando a far progettare – al valido architetto Renzo Piano – una chiesa molto ampia. Forse, però, un po’ lontana dall’umiltà di padre Pio. Al secolo, Francesco Forgione. La sua storia è ben nota a moltissimi – se non a tutti. Chi non ne ha sentito, ormai, parlare? Il suo personaggio è famoso per il carattere burbero, però aderentissimo ai dettami della santa romana Chiesa. Tra il serio e il faceto, il santo del Gargano – terra selvaggia, brulla, dove prima di San Pio c’era povertà e semplicità; adesso pullula di alberghi per turisti, di ristoranti, nonché di bancarelle (ed è anche giusto per i commercianti e i dipendenti di strutture varie) – indicava la via per giungere al Cristo. E alla Mamma Celeste, di cui era devotissimo. Per quanto riguarda lui, invece, oltre ad essere umile e obbediente nei confronti dei superiori e di padre Agostino Gemelli (che non credeva nella natura divina, delle sue dolorose stimmate), non esitava a dire che avrebbe fatto più rumore da morto che da vivo. Un carattere energico, però. Scuoteva gli animi, poiché poteva guardar dentro la spiritualità delle persone. Riprendeva, cristianamente; fraternamente; paternalisticamente, coloro che – in confessione – sembravano essere tiepidi e lontani, oppure testardi, nei confronti dei dettami evangelici. Non esitava ad arrabbiarsi con chi voleva “prendere in giro” la Chiesa, rigorosamente. Però, grazie alla sua intercessione, ha fatto sì che Dio e Cristo – nonché la Madonna – operassero grandissimi miracoli. Come quello del giovanissimo Matteo Pio Colella – sorprendentemente guarito da una meningite fulminante. Un ragazzo (allora era un bambino) come tanti, amante del divertimento e degli amici. Oppure come l’intercessione della salernitana Consiglia De Martino, sofferente per una tumefazione mediastinica, con litri di linfa scomparsi improvvisamente. Sono i due eventi, inspiegabili, che hanno accelerato le pratiche per la canonizzazione di padre Pio. Di San Pio diciamo, ancora, soltanto che amava molto i genitori – Grazio e Maria Giuseppa – in particolare la madre. E poi che, quand’era piccino e correva per i campi, sentiva delle voci. Secondo alcuni, erano voci angeliche – che sussurravano: “Eccolo, il santarello!”. Ma molti altri hanno ravvisato fossero voci diaboliche. Infatti, lo stimmatizzato (indegnamente, secondo quanto affermava lui stesso) era in perenne lotta col demonio. Una battaglia spirituale, ma anche veramente e propriamente fisica. Con tremende aggressioni. E il santo, con pazienza, tutto sopportava – oltre alle stigmate già, di per sé, lancinanti. Oltre a quelli del santo beneventano/pugliese, straordinari carismi erano posseduti anche dall’umile e buona, dolce veggente Natuzza (Fortunata) Evolo. Modesta donna della Calabria più “profonda”. Ma questa è un’altra storia. Per adesso, ricordiamo solo che il pellegrinaggio a Monte S. Angelo e a San Pio è andato nel migliore dei modi – in totale tranquillità. Tutto è, per fortuna – o, meglio, grazie a Dio e ai santi Michele e Pio – è proceduto bene. Da ripetere, sicuramente, è stata tale esperienza. Grazie al Signore, certamente, ma anche alla buona organizzazione di Gerardo, Agata, Valentino Ruggiero e tanti altri. Ricordiamo, infine, che – in questo mese di settembre – accanto al corpo di padre Pio (a San Giovanni Rotondo) è stato esposto il suo dolcissimo cuore.

Anna Maria Noia

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