LOURDES: Utopia realizzata
Un racconto di fede e servizio
Di G.Walter Cavallo
In questo scritto vi racconto il “vissuto” della mia prima volta a Lourdes (26 giugno-2 luglio 2024)
Frequentando la Parrocchia dell’Immacolata di Genova – Pegli, in compagnia dell’amica Sandra dell’Opera Federativa Ammalati Lourdes (OFTAL), nel mese di aprile e maggio, ho proposto alle persone che frequentavano la messa principale della domenica le opportunità che offriva l’Associazione per raggiungere Lourdes. Tre le persone interessate: Armanda, Maria Grazia e Don Corrado. Così è stato fatto da parte di altre persone e, nel luogo convenuto per la partenza, ci sono voluti ben sei pullman per trasferirci: presenti oltre 300 persone con circa settanta ammalati. Qualche giorno dopo, il 28 giugno, dall’Aeroporto Cristoforo Colombo di Genova, sono volati a Lourdes un centinaio di pellegrini che ci hanno raggiunto. Il viaggio non è stato degno di nota e per questa ragione tralascio di raccontarvelo.
A Lourdes, dopo avere preso possesso delle nostre camere in albergo, ci mettiamo a disposizione dei nostri malati ricoverati al secondo piano dell’Ospital Saint Free, fornendo turni di lavoro ben organizzati dal coordinamento accueil-coorsal; nel mentre il direttivo OFTAL si occupa di organizzare il programma delle celebrazioni.
Con noi un nutrito numero di giovani, alcuni già con esperienza pluriennale, che danno un impulso vitale a tutta la compagine, portatori di allegria, con la forza necessaria per trasportare certi malati. Tutto questo crea un ambiente accogliente, disponibile verso il più fragile, il più bisognoso. Assieme a Paolo e Giancarlo affronto il mio primo impegno da “barelliere”: trasferire un’ammalata in barella nel suo letto. Molti i problemi fisici della persona e quindi tanto l’impegno per non fare danni. Sentirsi dire, alla fine del trasloco, “grazie” è una gioia immensa perché vuole dire avere fatto bene il lavoro.
Eccoci pronti per la prima messa di inizio pellegrinaggio. Ci sono da tirare le carrozzine, in buona parte già sistemate dai ragazzi, i maggiorenni davanti, dietro i più giovani. Ed è lì che incontro Ema (Emanuele) e la sua mamma. Il barelliere Franco mi racconta la loro storia: si tratta di una situazione struggente che bene mi fa ben capire la fortuna che ho avuto nella vita. Arrivati alla basilica di Santa Bernadette, la carrozzina di Ema viene sistemata, con tante altre, nello spazio tra l’altare e le panche, dove io trovo posto.
E lì un altro momento emozionante. Vicino a me riconosco un collega di lavoro, Angelo, che, pur se rimasti in contatto tramite i soci, non ci si parlava a voce da ben quarantotto anni. Io, da poco assunto dall’allora Istituto Bancario San Paolo di Torino, e lui già vice direttore della Filiale, Angelo fu testimone di due momenti intensi della mia vita: i funerali per la morte del mio papà (l’autista Carletto), a cui partecipò, e il mio matrimonio. Invitato al tavolo di noi pegliesi (Sandra, Maria Grazia, Armanda, don Corrado ed io) ci siamo raccontati quanto accaduto nelle reciproche vite, con momenti dolorosi per entrambe, come la vedovanza, convinti entrambi di volerci incontrare ancora.
A Genova, una geriatra di una RSA cittadina, soprano in un coro dove io canto come basso, saputo del mio pellegrinaggio a Lourdes, mi ha chiesto di salutargli due suoi assistiti, Ciro e Antonio, presenti anche loro a Lourdes in quel momento. Messomi subito alla loro ricerca, una volta incontrati abbiamo fatto una foto insieme e abbiamo telefonato alla dottoressa. Ciro, da quel momento, essendo su una carrozzina a rotelle, ha chiesto anche il mio aiuto per i suoi spostamenti: insieme al gruppo io e Ciro siamo andati a vedere il mulino di Boly dove è nata Bernadette, il suo fonte battesimale e la casa dove ha vissuto, le CACHOT.
Altro momento intenso l’ho avuto quando Sandra ha proposto di fare la Via Crucis. Abbiamo risposto all’appello Armanda ed io. Sensazione unica: un percorso in salita dove ogni stazione è rappresentata da un gruppo di statue in bronzo dorato che ben rappresentano le quindici stazioni. All’inizio una scala santa da salire in ginocchio, pregando, per chi è in grado di poterlo e volerlo fare. Un percorso frequentato da moltissimi altri pellegrini, e da noi vissuto con preghiere e letture a ogni stazione, tanto da avere la sensazione di essere arrivati anche noi al Golgota, al momento in cui Gesù grida a gran voce “Eloi, Eloi, lamà sabacthani”. La mia commozione è stata forte: mi sembrava di sentirlo gridare. Alla quattordicesima stazione (Gesù viene deposto nel sepolcro) ci soffermiamo un po’ di più: è la stazione finanziata dall’Italia.
Altro momento magico l’ho avuto quando ho partecipato alla processione Flambeaux alle ore 21 del sabato, ancora con Sandra e Angelo, le persone più vicine, ma con centinaia di altri pellegrini. Su tutta l’esplanade una luce di candela continua accompagna la statua della Madonna che ritorna nella Basilica inferiore. Canti e preghiere accompagnano il suo rientro. Inoltre, nell’ultimo tratto della processione si muove a zig-zag, rendendo più emozionante il percorso. Sensazione emozionante, per me, sino alle lacrime.
Eccoci arrivati alla Santa Messa Internazionale della Domenica, celebrata nella chiesa sotterranea che contiene sino a venticinquemila pellegrini. Al centro della chiesa un altare quadrato con alla destra i sacerdoti che concelebrano (in questa occasione almeno cento) e alla sua sinistra lo spazio per il coro formato da pellegrini provenienti da tutte le nazioni, diretti da un maestro e cantante e da un organista, due professionisti sempre presenti. Sono riuscito, insieme ad Armanda, a fare parte del coro. Essere al fianco di spagnoli, inglesi e americani in un luogo gremito all’inverosimile, con la musica che migliorava l’atmosfera del luogo, mi sono emozionato tanto da preoccuparmi per la mia salute. Grandissima emozione!
Siamo alla sera della domenica, dove in un grande salone, chiamato “sala della Gioia”, tutto il pellegrinaggio italiano si incontra per qualche ora di intrattenimento, alla presenza dell’Arcivescovo di Genova. I giovani ragazzi e ragazze si mascherano e cominciano ad intrattenerci. Di seguito si chiede la partecipazione di tutti i presenti, compreso l’arcivescovo. Nascono girotondi, canti corali, filastrocche che vedono i nostri malati al centro dell’attenzione. In questa occasione ho sentito Ema cantare e Ciro recitare poesie. Un particolare momento di gioia condivisa.
E siamo così giunti al lunedì 1 luglio, giorno della partenza. Dopo la Santa Messa di chiusura del pellegrinaggio arriviamo al momento di passaggio sotto la grotta tutti insieme. Sì, perché sotto la grotta ci si passa quotidianamente ma tutti insieme è un’altra cosa. Io mi trovo davanti a Renzo, in seggiola a rotelle spinta dalla gemella Rossi che mi chiede di fotografarla con Renzo per un ricordo: questa volta non vengo rimproverato.
Ritornati ai nostri alberghi, si preparano le valigie, dandoci appuntamento per il prossimo anno.
A chiusura di questa mia settimana che definisco “meravigliosa” voglio argomentare il mio stupore.
Massimo Baldini ne “La storia delle Utopie”, nell’incipit del suo saggio ci dice che “i viaggi nelle terre dell’Utopia sono iniziati venticinque secoli fa e con regolare frequenza, almeno a partire dal Rinascimento, l’umanità ha desiderato di raggiungere una qualche società perfetta”. Io mi sono convinto che solo nel modo come si vive a Lourdes si può realizzare l’utopia: mettersi a disposizione dei più bisognosi, considerare le persone che incontri come fratelli, percepire l’altro come “parte di te”. Una città dove l’amore rende possibile ogni cosa. Certo, il mondo è molto diverso ma sapere che esiste almeno una città dell’AMORE di DIO mi è di conforto.
Genova, 3 luglio 2024
G. Walter Cavallo