Sab. Dic 7th, 2024

Femminicidi in Italia: giovani sempre più coinvolti

I media spesso omettono di etichettare come femminicidi gli episodi che coinvolgono i giovani, oscurando una grave crisi sociale

Nel 2024, il tema dei femminicidi in Italia resta drammaticamente attuale, con una media inquietante di circa una donna uccisa ogni tre giorni in contesti di violenza di genere. Nonostante un leggero calo nei numeri rispetto al 2023, il fenomeno rivela un preoccupante abbassamento dell’età media coinvolta: sempre più giovani e adolescenti si trovano nel ruolo di vittime o di autori di violenza, a indicare una diffusione di dinamiche distruttive già in età adolescenziale.

Gli ultimi fatti di cronaca mostrano episodi di violenza che coinvolgono giovanissimi. Nella provincia di Brescia, un diciannovenne ha ucciso con delle forbici la vicina di casa di appena diciotto anni. In provincia di Piacenza, un quindicenne è sospettato di aver spinto giù da un tetto una ragazzina di 13 anni, che nei mesi precedenti aveva già segnalato ai servizi sociali il comportamento ossessivo del giovane. Questi tragici episodi dimostrano che la violenza di genere si manifesta sempre più tra i giovanissimi, portando devastanti conseguenze per le vittime e per la società.

Episodi che accendono i riflettori sul fenomeno del sessismo e della cultura del possesso tra i giovani. La giovane età degli aggressori riflette una cultura ancora incapace di accettare pienamente l’autonomia e il rispetto dell’altro, soprattutto in ambito relazionale. Secondo gli esperti, l’accesso precoce ai media e l’esposizione a modelli comportamentali negativi contribuiscono a formare, tra i ragazzi, idee distorte su gelosia e possesso, esacerbando comportamenti pericolosi già durante l’adolescenza.

Nonostante la gravità della situazione, i media spesso evitano di utilizzare il termine “femminicidio” per descrivere questi casi, specialmente quando coinvolgono giovanissimi. Limitarsi a parlarne solo nei casi di cronaca più eclatanti riduce questi eventi a episodi isolati, senza mettere in luce il contesto sociale e culturale che li alimenta. In questo modo, si perde l’occasione di far emergere il quadro complessivo della violenza di genere, contribuendo a una percezione riduttiva del fenomeno. I media hanno il dovere morale di non relegare il femminicidio a semplice notizia, ma di trattarlo come una crisi sociale da affrontare con costanza, informando e sensibilizzando il pubblico. Dare il giusto nome a questi crimini non è solo una scelta terminologica, ma un atto di responsabilità verso le vittime, le loro famiglie e la società intera, in modo che ognuno comprenda l’urgenza di un cambiamento.

L’età sempre più giovane delle persone coinvolte evidenzia l’urgenza di un intervento educativo. Programmi mirati di educazione al rispetto e alla gestione delle emozioni come la gelosia potrebbero aiutare a prevenire tali atti, aiutando i ragazzi a sviluppare relazioni sane e rispettose. Diverse associazioni richiedono interventi strutturati nelle scuole, con percorsi dedicati alla sensibilizzazione sulle dinamiche di genere e sul rispetto reciproco.

Il contrasto alla violenza di genere richiede dunque più di misure legislative: occorre un cambiamento culturale ampio, che parta dalle nuove generazioni, per una società fondata sul rispetto e sull’autenticità dei rapporti.

Antonello Rivano
Direttore di redazione/coordinatore nazionale Polis SA Magazine
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