Carlo Levi - Rosaria Gaeta
Nel segno di Carlo Levi: il Sud tra memoria e futuro
Le riflessioni della presidente della Fondazione “Luigi Gaeta – Centro Studi Carlo Levi”, Rosaria Gaeta, sull’attualità del pensiero leviano, a cinquant’anni da Cristo si è fermato a Eboli e nel centenario della nascita dell’autore.
di Stefano Pignataro
Medico, pittore e senatore, nato a Torino il 29 novembre 1902, si spegneva a Roma il 4 gennaio 1975. Dissidente, dopo un periodo di detenzione nel capoluogo piemontese, nel 1935 venne mandato dal regime fascista al confino in Lucania, prima a Grassano e poi ad Aliano. Questa esperienza fu di notevole importanza per Carlo Levi, che venne a contatto con l’arretratezza e la grande anima del Sud, la lontananza dello Stato dai contadini meridionali e la necessità di richiamare l’attenzione su quella questione meridionale mai pienamente affrontata e su quel Mezzogiorno condannato a un destino di miseria e di arretratezza. Dalla vita vissuta da confinato nacque il libro Cristo si è fermato a Eboli, di cui, quest’anno, ricorre anche il cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione per la casa editrice Einaudi.
Attiva nella valorizzazione del patrimonio leviano e su molteplici fronti culturali e istituzionali, la Fondazione “Luigi Gaeta – Centro Studi Carlo Levi”, presieduta dalla Dott.ssa Rosaria Gaeta, con un eminente Direttivo e Comitato scientifico, si appresta, quest’anno, a organizzare momenti di studio e di ricerca per arricchire la conoscenza e la produzione di pensiero sull’opera dello scrittore e intellettuale.

– Dott.ssa Gaeta, in quest’anno dedicato a Carlo Levi, tematiche quali la questione meridionale, il rapporto tra individuo, identità e nazione, la condizione storica degli italiani nel tempo occupano un primo posto nella produzione di pensiero e di iniziative.
Come la Fondazione intende promuovere questi studi?
Le tematiche che il cosiddetto “anno leviano” pone all’attenzione generale sono in realtà la traccia culturale e storica che la Fondazione che rappresento segue fin dall’inizio delle sue attività. Abbiamo sempre ritenuto che portare il messaggio di Carlo Levi, riprendere le ansie del meridionalismo che ha tanti volti e tante speranze, rilanciare con forza le ragioni del riscatto del Sud siano momenti da indicare alle giovani generazioni. E non a caso siamo impegnati quotidianamente nel rapporto con le scuole e nella possibilità di mettere faccia a faccia giovani e istituzioni.
La nostra mission corrisponde alla voglia di rivalsa che ha sempre contraddistinto le masse meridionali e che proprio in Carlo Levi ha trovato una sintesi perfetta.
– La sua esperienza di confino in Basilicata, descritta in Cristo si è fermato a Eboli, è fondamentale per comprendere queste tematiche.
Che metodo adopererà la Fondazione per coniugare tradizione ed innovazione e, elemento cardine, attualizzare il pensiero di Carlo Levi in questo nostro tempo?
Il vero obiettivo è adeguare il messaggio leviano alle nuove esigenze del Meridione. Se non ci sono più le grandi masse di diseredati, quelle rappresentate in Cristo si è fermato a Eboli, è anche perché il disagio e l’emarginazione periferica si sono trasformati. Oggi, come allora, nel Meridione rimane evidente il gap in termini di strutture, servizi e vie di comunicazione con la parte settentrionale del Paese; ecco perché pensiamo che rilanciare il messaggio leviano sia esso stesso un momento per coniugare la tradizione e la storia di qualche decennio fa con la storia di oggi e con le moderne esigenze delle popolazioni meridionali.
Anzi… oggi che lo sforzo di ridurre le distanze tra Nord e Sud è portato avanti in maniera più consapevole, i temi leviani diventano ancora più importanti perché rendono storico un tentativo di sviluppo possibile.
– Quale aspetto del pensiero di Carlo Levi, in questi anni, ha personalmente attirato la Sua attenzione in relazione alle tematiche del territorio che in questi anni ha visto svilupparsi?
Io credo che il merito maggiore di Carlo Levi, nel campo del suo impegno in favore delle popolazioni meridionali, sia stato l’avere regalato a tutti noi un’analisi del fenomeno portata avanti in maniera lucida. Non a caso il suo libro è stato scritto dopo circa sette anni dal rientro dal confino: in questo modo Levi ha avuto la possibilità di mettere nero su bianco non le sensazioni del momento, ma un’analisi storica e sociologica di quanto aveva potuto vedere.
Tutto questo ha contribuito a dare a tutti noi un quadro più reale della situazione, richiamando ancora di più la necessità di intervento nella parte più debole del Paese dal punto di vista dello sviluppo.
– Uscito nel 1950, L’Orologio, di cui è esposta la prima edizione, a Roma il suo sguardo è destinato ad abbracciare il mondo delle borgate e le trasformazioni di una città che ormai sembra aver rotto l’antico rapporto con la campagna e con la civiltà contadina, come emerge dall’articolo in mostra Vita delle «borgate»: dai pastori ai sottoproletari di Roma, apparso su «La Stampa» il 17 aprile 1962.
Sono gli anni in cui Levi stringerà rapporti anche con Pasolini, di cui curerà la prefazione della sceneggiatura Accattone.
Levi aveva stretti rapporti con gli scrittori a lui contemporanei; la comparatistica letteraria è fondamentale per creare sinergie letterarie e storiche.
In questo centenario leviano, quali spunti e quali mezzi la Fondazione adopererà per far sì che la circolazione delle idee ed il confronto letterario arrivi sempre a più persone?
Negli ultimi due anni, nell’ambito del programma Le Giornate della Questione Meridionale, la Fondazione ha trattato il tema dei rapporti tra Carlo Levi e gli autori e intellettuali del suo tempo. In particolare, ha attirato l’attenzione generale il rapporto tra Levi e Pier Paolo Pasolini, visti come due facce della stessa medaglia, poiché Levi ha raccontato l’emarginazione contadina, Pasolini è stato il cantore dell’emarginazione metropolitana, seppure declinata attraverso la periferia.
Levi, nel suo rapporto con altri intellettuali, spesso intrecciava anche rapporti di collaborazione lavorativa. Ancora nel caso dell’amicizia con Pasolini, l’autore di Cristo si è fermato a Eboli ha partecipato alla preparazione del film Accattone, addirittura disegnando la locandina del film, così come Pasolini ha messo nero su bianco la presentazione critica di mostre pittoriche di Carlo Levi.
– Come intende la Fondazione continuare un rapporto fecondo con le Scuole e l’Università?
Il rapporto con le istituzioni e con l’Università si fonda, sostanzialmente, sul loro coinvolgimento.
Da anni la Fondazione “Luigi Gaeta – Centro Studi Carlo Levi” opera sul territorio in stretta sinergia con esponenti di primo piano del mondo istituzionale ed accademico. Lo stesso Premio Internazionale Carlo Levi – Cristo si è fermato a Eboli, che assegniamo ogni anno, prevede la presenza di quanti hanno responsabilità nelle Università e nelle Istituzioni.
Questo stretto rapporto ci consente giorno dopo giorno di mettere in campo attività in stretta collaborazione con chi rappresenta il territorio sotto qualsiasi profilo, una collaborazione che coltiviamo con pazienza e attenzione, consapevoli che solo in sinergia si possano raggiungere determinati traguardi.
Stefano Pignataro

