Gio. Dic 5th, 2024

“Business to Human (B2H) is impossible without business to worker”

“Business To Human” significa creare un format aziendale che tenga conto della natura umana, delle attitudini e dei desideri del cliente. Ma, nella catena di montaggio, chi ha rapporti con il cliente è il lavoratore subordinato: sarebbe troppo chiedersi perché il “Business” non possa essere anche “To Worker”?

Larry Ellison disse: «I due più importanti impieghi in un’azienda moderna sono la Gestione del Capitale Umano (HCM) e il Servizio Clienti», l’ingrediente segreto per l’industria di successo è una lunga e duratura relazione con il cliente. Una teoria vera e propria: oggi i clienti di ogni età sono la “Generazione X”; la comparazione non avviene più tra competitor, bensì con ogni esperienza possibile (per usare le parole di Joseph Coughlin, director of MIT AgeLab). Lo sa bene anche l’agenzia di promozione pubblicitaria Proforma, che attualmente sta curando la campagna referendaria: non esiste neanche un social, piazza virtuale in cui il “cliente” passa gran parte della sua giornata, in cui non appaia almeno un video di propaganda del Sì. Ma i “Big Data”, gli algoritmi che riescono a predire le volontà del cittadino dell’era digitale in base alle sue ricerche, non possono comunque sostituire la creatività e le “Big Ideas”, così come, anche i prodotti devono incarnare i valori del cliente (“Think of marketing like a product: it has to have inherent value to the customer,” Jeff Wright, vp of strategy and marketing at Autodesk).

L’elemento umano è la chiave di volta di tutte le società. Zach Ferres elenca alcuni principi fondamentali in un suo contributo su Entrepreneur: al punto 3 ammette «I’ve found that my employees perform better when wellness and work-life balance are prioritized». Alcuni mestieri più di altri permettono di avere un contatto diretto con il cliente. Questo avvantaggia l’azienda e contribuisce a un feedback quotidiano, positivo o negativo che sia. Un caso italiano da prendere in considerazione è il mestiere degli animatori, visto a tutti i livelli come un lavoro atipico, e che ha –per sua natura – un rapporto costante con il cliente, ma che non riceve gratificazioni in termini di diritti (soprattutto sul versante del rispetto della dignità del lavoratore in quanto tale).

«I giovani animatori devono tenere gli occhi aperti anche per districarsi tra i vari cavilli contrattuali per evitare brutte sorprese», dice Fabio Ceteroni, Anaturs, e non sbaglia. Questi giovani sono: studenti per lo più universitari, neodiplomati o neet in cerca di occupazione stabile (le ragazze trovano una possibilità di lavoro a tempo determinato in qualche ludoteca, con stipendio mensile medio di 400 euro per 7 giorni su 7. L’età media è di 24 anni: si inizia tra i 17 e i 18 anni e si appende la maglietta al chiodo intorno ai 30, per poi dedicarsi ad altro (sono i famosi “millennials”, nati tra il 1980 e il 2000). La gestione previdenziale viene gestita in parte dall’Inps, in parte dall’Enpals e l’unico sindacato che si occupa, in minima parte, della condizione lavorativa degli animatori è la Filcams-Cgil, anche se la maggior parte dei ragazzi che si avvicina a questo genere di attività viene pagata tramite voucher o in nero e non ha un contratto vero e proprio. Gli unici che godono di qualche garanzia sono gli animatori turistici, che hanno effettivamente un contratto scritto, anche se lavorano 24 ore su 24 (altro che minimo sindacale!) per sei mesi o un anno. Stessa sorte tocca a chi lavora nel mondo della ristorazione: è del 2012 l’articolo di denuncia apparso su “Il Fatto Quotidiano” e che raccontava la condizione di camerieri, lavapiatti, baristi e aiuto cuochi e la nascita di Bologna del lavoro.

5 ottobre 2016, Strasburgo – L’Europa, forse, risponde al nostro quesito iniziale: serve un’Europa sociale. Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, in occasione della plenaria del Parlamento Europeo, esordisce dicendo: «Abbiamo bisogno di un’Europa sociale attenta a coloro che hanno sofferto di più a causa delle dinamiche della globalizzazione che la politica non è riuscita a governare. La globalizzazione finanziaria s’imporrà sempre di più nelle dinamiche economiche globali se non realizziamo un’alleanza e una solidarietà per lo sviluppo dell’economia reale e per l’occupazione. Dobbiamo riscoprire l’economia sociale di mercato sicuramente aggiornata e modellata sulla base dei tempi e delle dinamiche che cambiano: ma l’obiettivo primario è difendere un’Europa sociale».

Sara Santoriello

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