Ven. Apr 19th, 2024

“Mi chiamo Thiago” – l’adattamento teatrale

Venerdì 26 maggio al Teatro Comunale Diana di Nocera Inferiore, una platea di spettatori per la pièce teatrale tratta dal libro di Mimmo Oliva e Peppe Sorrentino “Mi chiamo Thiago”. Breve Storia di un viaggio senza fine edito da Polis SA Edizioni, prodotta dall’Istituto Galante Oliva, dall’associazione Polis Sviluppo e Azione e dal Collettivo Acca. Un libro, la cui prefazione è di Pietro Folena, e le cui illustrazioni sono di Marianna Battipaglia.

L’adattamento teatrale e la regia sono di Carmine Califano, regista – fondatore del Collettivo ACCA – che ha avuto l’arduo e difficile compito nell’adattare le tematiche sociali e politiche e gli spunti di riflessione del libro a un lavoro teatrale.

Il protagonista, Thiago, interpretato da Pierfrancesco Califano, ripercorre come in una “macchina del tempo” i frammenti di storia di una generazione, di una terra malsana e disincantata, le mille sfaccettature dei sistemi di potere, di un Sistema e di più sistemi accanto ai quali ci muoviamo «quotidianamente, e nel quale vengono prese le decisioni che, quotidianamente, subiamo da cittadini-spettatori ignari», la corruzione che pervade tutte le istituzioni, i partiti, i sindacati… e la rappresentazione della fine della sinistra intesa quale comunità di intenti e di valori.

«L’indignazione per i soprusi, il rifiuto della corruzione e dei favoritismi, la voglia di riscatto dei giovani del Mezzogiorno, la ricerca di valori condivisi più alti oggi sono passato, remoto più che prossimo».

«Mi chiamo Thiago, e questa è la mia vita».

Thiago ritrova nella vecchia soffitta una scatola in cui sono riposti oggetti insoliti: un piccolo cubo dagli angoli molto smussati, in cui erano riposti un frammento di terracotta, un piccolissimo sacchetto di stoffa legato con un filo rosso, con cui erano stati conservati meno di una dozzina di semi, una piccola pietra nera, un minuscolo vetro riflettente e un panno che nascondeva un libretto al portatore intestato a Casa del Popolo, alcuni nastri avvolti in una carta oleata, e un registratore.

«Un rumore sordo ne rivelò la presenza, e liberarla dalla terra, fu tutt’uno di meraviglia e fatica. Piccoli oggetti che il tempo aveva sepolto, sul quale erano impressi segni di storie dimenticate. La Chica prese tra le mani un cubo di legno, dagli angoli smussati, che custodiva un frammento di terracotta». «Tanto che vorresti buttarla, la scatola. A me hanno suggerito di distruggerla. Ma si può distruggere un’eredità?».

Ogni attore sul palcoscenico incarna una riflessione, un concetto, una tematica, un pensiero, una storia.

Thiago continua il suo viaggio metafisico ambientato in Sudamerica ripercorrendo frammenti di storia di un’intera generazione e della nostra terra nel cosiddetto “Sistema”, rappresentato da Lo Scuro, sapientemente interpretato da Ciro Scherzo, che sintetizza un mondo corrotto e malsano dove non devi assolutamente dimostrare né competenza, né autonomia di pensiero. «Perché non con l’onestà, né con la lealtà, o con il lavoro, si poteva stare nel Sistema, Neppure con i risultati. Non occorreva essere brillante. Potevi essere mediocre, anzi era necessario. Servile e, se possibile, ricattabile. Questi i requisiti per stare dentro e fare carriera». «La fiera della vanità era servita. I controlli? I controllori erano metà tra i corrotti e metà tra i controllati».

Le ballerine del gruppo “XIII Groans dalla Movin’up” ripercorrono con la loro danza, i luoghi sudamericani ed esotici che Thiago ha solcato nel suo “lungo” viaggio, partendo da Tijuana a Ouvèa.

Vanna De Prisco, La Hembra e Nancy Pepe, l’Operaia, interpretano categorie di donne dominate e sfruttate dal Sistema, alcune delle quali utilizzano esse stesse il Sistema ricevendone favoritismi e privilegi.

Nina, simile a una ninfa, vestita di bianco, interpretata da Gabriella Gaudiosi, rappresenta la speranza e la voglia di riscatto di un popolo che vuole emergere dal fango e dalla melma in cui è affondato.

Schizzo, alias Riccardo Sorrentino, interpreta la voce dei Giovani, intrappolati nelle maglie di questa società malsana, ma che cercano un riscatto nei confronti della generazione precedente che con il suo egoismo ha distrutto il loro futuro e quello delle prossime generazioni.

«Cos’è accaduto? La fabbrica avrebbe portato ricchezza, dicevano. Erano migliaia le persone che già vi lavoravano, e altrettante sarebbero entrate non appena avessero ampliato gli stabilimenti. L’euforia era incontenibile, ovunque non si parla d’altro. D’un tratto il mondo tutto passava da lì, e tutti pensarono che fosse una cosa buona».

«L’intangibilità al Sistema. Il resto sarebbe venuto appresso, col tempo e con gli usi, cambiando le persone e trasformandolo in ogni sua componente, nel giro di una generazione».

«Poi, una a una, come erano arrivate, anche le sirene tacquero».

E, nel vecchio, interpretato da Giuseppe De Felice, colpisce il candore dei capelli bianchi, rappresentazione della saggezza e del passaggio di testimone alla nuova generazione. «Il vecchio si voltò e m’invitò a seguirlo con un cenno del capo: “domani – mi disse – ti aspetto. Ora sono stanco. Domani saprai dove trovarmi”».
Il percorso di Thiago – intriso di malinconia e solitudine – che rifiuta il Sistema, i soprusi, la corruzione e i favoritismi e cerca di costruire un mondo diverso, si chiude con la metafora degli “Alberi” che affondano le radici sulla nostra Terra… Sono i Giovani che rifiutano il Sistema e cercano di costruire «un nuovo possibile agire collettivo, una comu- nità di intenti e di valori che faccia dell’uguaglianza e dell’onestà i propri fondamenti».

Thiago aveva «trovato la scatola sotto l’albero, vicino alla fontana. Era un posto isolato, dietro la fattoria. Sapevo che lì, un tempo passava un fiume. Poi la città era cambiata, le fabbriche avevano popolato la pianura, poi le persone, e le case…Volevo piantarne un altro di albero, lì, dai frutti più saporiti. Ma ogni volta che ci provavo, la pianta moriva. Avevo provato a fare spazio tra le radici che riaffioravano dal terreno, e scavando trovammo la scatola. Sepolta non lontano da dove un tempo scorreva il fiume».

«Mi chiamo Thiago, e sono un uomo, libero».

Nicoletta Lamberti

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