Mar. Apr 16th, 2024

Le aree interne tra abbandoni e riconquiste

… e dopo il Covid che fare?

di Maria Rosaria Anna Onorato

Non è la prima volta che in Italia si riflette con inchieste e ricerche, che si indaga sulle relazioni tra le aree produttive e urbanizzate – la pianura-polpa – e le aree più interne; quelle aree che, paradossalmente, sul piano geografico esprimono invece proprio la spina dorsale interna dell’Italia, appunto quell’osso che a partire dagli anni Venti del Novecento inizia a prosciugarsi, a seccarsi con lento e continuo movimento fino ad oggi, con un’accelerazione negli anni del Secondo dopoguerra, del boom economico. 

Poi, poi negli anni a seguire, ancora molte altre inchieste sono state condotte in tutta la penisola. Piani, misure, azioni e politiche, dibattiti tra Nord e Sud che hanno cercato di studiare e contrastare lo svuotamento di quelle migliaia di piccoli e piccolissimi comuni conseguente a politiche che hanno marginalizzato i piccoli centri che non potevano adeguarsi al modello urbano, sottraendo servizi (scuole, presìdi sanitari, etc.);  dove la riconversione al turismo ha fatto più vittime (abbandono delle antiche attività produttive) che vincitori.

TARGA-ALBERGO-CONCORDIA
TARGA-ALBERGO-CONCORDIA

Tuttavia non è stato sempre così: nel secolo spensierato ed illuminato del Gran Tour in una prospettiva che dedicava ampi spazi alla cultura materiale, gli intellettuali europei non si fermavano davanti ad itinerari inconsueti (le asperità dei percorsi è nota), spesso procedendo a piedi, accettando ospitalità, chiedendola a tutti, ospiti dunque di una Certosa o di una sperduta canonica accettavano ‘quel che passava la casa’ (acciughe uova lampascioni cipolle, pane, pasta fatta a mano e foglie selvatiche). A questa magra refezione abbiamo, poi, ma molto poi, dato il nome di ‘Dieta mediterranea’. In realtà è ciò che passa la terra dura della dorsale appenninica, insomma ‘assittete e magn’ (per dirla in soldoni).

Françoise Lenormant racconta nelle sue ‘Memorie’ di un pranzo avvenuto nella Certosa di Padula, nella quale si accamparono dopo la faticosa salita dello ’Scorzo’ ( nei pressi di Sicignano degli Alburni). ‘Vediamo incedere una processione di donne dall’aspetto quanto mai pittoresco, che portano sul capo i nostri bagagli e in grandi ceste, coperte di panni bianchi, il necessario per un pranzo d’addio che i signori romano e i loro amici ci offrono in una delle sale dell’antico apartamento del Priore.

Atanasio Mozzillo, Viaggiatori stranieri nel Sud, Edizioni di Comunità
Atanasio Mozzillo, Viaggiatori stranieri nel Sud, Edizioni di Comunità

Benché senta fortemente del colore locale, si tratta di una buona tavola e, soprattutto, i vini sono squisiti’ ( cfr. Atanasio Mozzillo, Viaggiatori stranieri nel Sud, Edizioni di Comunità). Il nostro archeologo sarebbe rimasto volentieri a contemplare lo spettacolo strano e maestoso della notte che allungava le sue ombre nell’ampio porticato della Certosa di Padula; ma vinse la stanchezza, e si addormenta nella cella fredda accompagnato dal vento che entra, liberamente, dalle finestre senza vetri.

Perché diciamo questo? Le aree interne, se non incontaminate, sono certamente meno gravate dall’inquinamento chimico rispetto alle terre di pianura. Al loro interno si possono sperimentare sintesi di sapere contadino e nuova scienza agronomica. Queste terre interne del Mediterraneo offrono un habitat che per clima, soleggiamento e suolo, rendono possibili culture di notevole varietà e qualità. Oggi, com’è noto, una nuova consapevolezza alimentare spinge i consumatori a privilegiare sempre di più prodotti di agricoltura non convenzionale. E, dunque, esiste la possibilità di aprire o incrementare un mercato culturalmente più evoluto, suscitando un inedito rapporto tra consumatore, cibo e ambiente.

Nel caso del Mezzogiorno tali legami coinvolgono le cucine locali, i piatti  tradizionali, le identità, dando vita a fenomeni culturali capaci di plasmare le attività economiche. In che misura prospettive di questo genere potrebbero generare slancio e capacità di iniziativa tra i tanti giovani diplomati e laureati del nostro Sud? Ebbene, le aree interne del Mezzogiorno sono in genere poco distanti dalle coste.

Fiera di agosto con panorama di Padula.codafotografi
Fiera di agosto con panorama di Padula.codafotografi

Esse potrebbero rifornire quotidianamente di prodotti di qualità i consumatori urbani, muovere concorrenza ai prodotti ormai sempre più standardizzati dell’agricoltura di pianura. Il Sud interno non è fatto solo di campagne e di boschi,  ospita paesi e borghi, grandi e piccoli, che testimoniano una storia demografica, culturale, degna di grande interesse. I suoi manufatti, compongono una geografia monumentale sicuramente «minore» rispetto a quella dei grandi itinerari turistici, ma non priva, per questo, di fascino, soprattutto per i visitatori interessati alla storia del territorio. È tutto un mondo dal fascino remoto e, in gran parte, inesplorato.

Pier Paolo Pasolini scrisse, anni e anni fa, che le lucciole erano scomparse, vittime dei veleni dell’industria. Mario Soldati, pur ammirandolo, si prese il puntiglio di smentirlo: a cercare bene, diceva, è ancora possibile scoprire un ‘Italia’ dal sapore antico, di osti ostesse e di cantinieri; l’importante, diceva, è accostarsi a questa archeologia del gusto non negandosi emozioni. Nel 1957, a tre anni dalla nascita della televisione italiana, Soldati girò per la RAI il primo “reportage enogastronomico“; fu, infatti,  l’ideatore, regista e conduttore dell’inchiesta televisiva  Alla ricerca dei cibi genuini – Viaggio nella valle del Po, una delle trasmissioni più fortunate della televisione italiana; considerata un documento d’importanza antropologica. Soldati è stato un appassionato interprete dell’identità italiana e, con il pretesto del cibo e del vino, ha contribuito a far conoscere l’Italia agli italiani.

Si potrebbe e  si dovrebbero immaginare le De.Co ( Denominazioni comunali d’origine, riconoscimento ad un prodotto delle nostre tradizioni contadine) come recupero valoriale delle  tradizioni storiche artistiche ed enogastronomiche dei nostri territori, un’ ipotesi che, in tempi oscuri e confusi, aprirebbe una strada ai nostri giovani e rallenterebbe lo svuotamento delle aree interne.

A presto con la storia della ‘polpetta della mietitura’ (Padula).

di Maria Rosaria Anna Onorato

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