Ven. Apr 19th, 2024

L’arte del presepe

La rievocazione della Natività dalle religiose origini all’artigianato napoletano.

di Francesco Bartiromo

Il presepe, ovvero la rievocazione della nascita di Gesù, tra tutti i simboli della festività natalizia è sicuramente l’elemento più “spirituale”, quello che ne conserva il vero significato religioso.

L’idea del presepe (dal latino praesaepe: greppia, mangiatoia) la si deve a San Francesco d’Assisi, anche se già secoli addietro si possono ritrovare antiche tracce pittoriche di rappresentazioni della Natività nelle catacombe della Roma pre-cristiana, in un periodo in cui il cristianesimo veniva ancora praticato in clandestinità.

San Francesco trovò l’ispirazione durante un viaggio in Palestina ove ebbe occasione di visitare il presunto luogo della nascita di Gesù a Betlemme, così, su autorizzazione del Papa Onorio III, ritornato in Italia organizzò una rievocazione della Natività a Greccio, in provincia di Rieti, nella notte di Natale del 1223.

Presepe-Monumentale-Santuario-Francescano-di-Cava-de-Tirreni
Presepe-Monumentale-Santuario-Francescano-di-Cava-de-Tirreni

Secondo alcune leggende, durante il rituale, nella culla sarebbe apparso miracolosamente dal nulla un bambino in carne e ossa che il Santo prese tra le sue braccia. Da allora il rituale della rievocazione della Natività si diffuse nel resto d’Italia e nell’Europa occidentale.

Fu nel Quattrocento che cominciarono a diffondersi delle prime versioni “inanimate” della rappresentazione della nascita di Gesù: in occasione del Natale, nelle chiese dell’Italia centrale, comparivano con sempre maggior frequenza dei presepi con statuine raffiguranti i protagonisti della Natività. Nel secolo successivo questa tradizione si diffuse progressivamente a Napoli e nel resto del Sud Italia. Così il presepe divenne una vera e propria istituzione del mondo cristiano.

Durante il Seicento le raffigurazioni del presepe cominciarono a fare le loro apparizioni anche nelle case nobiliari sottoforma di soprammobili che ne adornavano i salotti in occasione del Natale. Ma fu nel Settecento che il presepe conobbe il suo periodo di massima espansione per merito delle splendide opere artigianali genovesi, bolognesi, siciliane e, soprattutto, napoletane.

Fu proprio per merito degli abili artigiani napoletani che il presepe, dalla capitale del regno borbonico, si diffuse progressivamente nel resto d’Europa. La rappresentazione della Natività divenne una vera e propria arte, la lavorazione del presepe si faceva sempre più complessa e accurata, addirittura tra le famiglie nobiliari napoletane si scatenò una vera e propria competizione tra chi sfoggiava il presepe più sfarzoso. Le “statuine” fabbricate in terracotta o in argilla venivano rivestite con tessuti pregiati e talvolta ricoperte di gioielli veri.

Tale tradizione è durata nei secoli successivi senza risentire della crescente diffusione nell’Ottocento dell’albero di Natale.

Nel presepe sono presenti tutte le figure fondamentali della rappresentazione della Natività: il Bambin Gesù accudito dalla Maria vergine e da San Giuseppe, il bue e l’asinello, gli angeli che vegliano sulla Sacra Famiglia, i pastori giunti per l’adorazione, la stella cometa e i re magi (che secondo la tradizione andrebbero inseriti nel giorno dell’Epifania). Ma col tempo la fantasia degli artigiani napoletani ha aggiunto elementi nuovi estendendo il presepe ben oltre la classica “stalla”, andando a raffigurare anche tutto il mondo “profano” intorno, in uno scenario che cominciava ad assumere sempre più le sembianze del capoluogo campano con tutti i suoi elementi tipici:  osterie, vinai, pizzaioli e artigiani di vario genere (falegnami, calzolai, ecc.). Così, in questo processo di “delocalizzazione” della Natività, la Betlemme descritta dai vangeli viene trasportata nella Napoli del Settecento.

In questo scenario, a fare compagnia ai protagonisti classici del presepe, compaiono altre figure tipiche cariche di particolari significati simbolici, come quella di Benino (o Benito) giovane pastorello addormentato che fa riferimento ai pastori dormienti di Betlemme, che secondo le Sacre Scritture vennero risvegliati dagli angeli in occasione dell’avvento del Messia. Secondo una leggenda partenopea Benino è colui che sogna il presepe, dunque guai a svegliarlo, altrimenti il presepe svanirebbe!

Poi c’è Cicci Bacco rappresentato col fiasco di vino in mano (spesso accompagnato dal panettiere), figura che in un certo senso anticipa simbolicamente l’Eucarestia di Gesù (poiché proprio il “pane” e il “vino” erano gli elementi attraverso i quali il Messia donava metaforicamente agli apostoli il suo corpo e il suo sangue durante l’ultima cena), ma che allo stesso tempo ricorda anche la figura pagana di Bacco, il dio del vino. Inoltre non mancano mai le figure del monaco (simbolo di unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano), dei zampognari e del pescatore (sottile riferimento alla figura di San Pietro apostolo pescatore).

Presepe-napoletano

Durante il Novecento gli elementi profani si sono moltiplicati in maniera esponenziale, il presepe napoletano non é più una semplice opera d’arte raffigurante la Natività di Gesù, ma anche la rappresentazione della realtà sociale contemporanea. Ad affiancare i classici pastorelli sono comparse, così, delle figure decisamente anacronistiche raffiguranti personaggi come Diego Armando Maradona, Totò, Eduardo De Filippo, le diverse figure politiche italiane ed estere fino ad arrivare ai più attuali calciatori del Napoli.

Questa particolare caratteristica ha reso il presepe napoletano unico nel suo genere, la sua fama, che ha fatto il giro del mondo, attira ogni anno numerosi visitatori che si affollano lungo la storica via San Gregorio Armeno, giunti per ammirare le originali creazioni degli artigiani napoletani.

Francesco Bartiromo

Foto di copertna Gerd Altmann 

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