Sab. Apr 20th, 2024

Corridoio interno della reggia nuragica di Santu Antine Torralba

C’era una volta

Scartare la porzione fantastica e per certi versi onirica ed attraente delle vicende storiche è insensato poiché il mito e la realtà storica sono complementari, e l’una cosa non deve escludere l’altra


In collaborazione con
Di Giorgio Valdès


A Stonehenge, un circolo di pietre buona parte delle quali risistemate “a sentimento” nel corso della prima metà del secolo scorso (lo dichiara apertamente l’English Heritage, la Sovrintendenza britannica alle antichità), viene serenamente assimilato ad un calendario solare; mentre nel corso del solstizio d’estate il sito ospita anche riti pagani, con variopinti personaggi, compresi quelli addobbati con abiti da “druido”.

Dicono anche che la vicinanza alle pietre abbia effetti benefici, e sicuramente chi ne approfitta di più sono i gestori del sito e più in generale la comunità inglese, visto che quattro pietre ben disposte attirano milioni di visitatori.

Stonehenge

Il fatto è che in Inghilterra hanno rispetto e per certi versi venerazione per le testimonianze del loro passato e ci tengono ugualmente ai loro miti ed ai racconti leggendari che ebbero per spot la loro terra.

Che vogliano sempre vincere ed avere ragione lo hanno dimostrato pure nel corso della recente finale del campionato europeo di calcio (football come lo chiamano gli inglesi); e infatti guai a dir loro che il calendario solare di Stonehenge, il mago Merlino o “la spada nella roccia” sono semplici fole inventate per i turisti.

O meglio, magari sanno che si tratta di leggende, ma certamente non le criminalizzano, sapendo che in tutto il mondo, chi visita un sito particolare e i suoi monumenti, apprezza l’alone di mistero e i racconti spesso fantastici che lo circondano.

L’isola di Pasqua, inospitale e lontanissima dalle coste cilene, è gettonatissima grazie alle sue statue Mohai e alle leggende degli “uomini uccello” che le accompagnano; mentre nella fredda e umida Loch Ness, un mostro inesistente attrae milioni di visitatori.

Noi viviamo in un’isola molto più piccola dell’Inghilterra, ma con un patrimonio archeologico infinitamente più grande, e sicuramente non abbiamo mai avuto bisogno di spostare alcuna pietra né di inventarci “mostri di lago” o uccelli geneticamente modificati.

Complesso nuragico di Barumini

Casomai sarebbe stato più opportuno avviare campagne di scavo adeguate e valorizzare lo sterminato patrimonio archeologico che ricopre l’intera nostra regione.

Purtroppo per noi, ci si è appiattiti sulle presunte colonizzazioni “fenicie” e sulle dominazioni successive, relegando per decenni, in un angolo buio della soffitta, le testimonianze della nostra più lontana civiltà.

Prova ne sia che siamo ancora circondati da un negazionismo diffuso, alimentato da chi, pur essendo sardo, profonde il suo costante impegno per dimostrare che i nostri antichi progenitori non sarebbero stati mai capaci, per definizione, di erigere un nuraghe se non ci fosse stato l’apporto di qualche colonizzatore o invasore levantino; che magari, in cambio di qualche perlina o altra chincaglieria orientale, a quei tempi poté appropriarsi senza colpo ferire dei migliori tratti costieri presenti nella nostra isola.

D’altro canto a cosa sarebbero serviti gli approdi a quegli antichi nostri conterranei, bassi, brutti e cattivi, sempre impegnati a randellarsi vicendevolmente?

I negazionisti a tutto tondo non ammetteranno mai che i sardi di quei tempi avessero confidenza con il mare e men che meno che gli Shardana provenissero dalla Sardegna, come sostenuto da quei  “fantarcheologi” che non accettano caparbiamente la “verità vera” professata dai detentori della scienza infusa.

Peggio ancora se si accenna a miti e leggende: fantasticherie da creduloni inglesi!

Chi sarà mai, a questo proposito, tale Louis Godart che dall’alto del suo titolo, sicuramente usurpato, di Accademico di Francia e consigliere del Governo Italiano, ha osato affermare che “le vecchie leggende affondano le loro radici nella Storia ed è certo che alla base di qualunque mito narrato dagli Antichi vi è una verità storica che la critica moderna deve tentare di ritrovare e di spiegare”?

Di conseguenza le vicende di Ercole che in pochi balzi arriva in Sardegna, ma anche del mitologico Forco, dio del mare e re di Sardegna e Corsica, di sua figlia Medusa decapitata da Perseo venuto dall’Oriente, delle ninfe Esperidi e di tanti altri personaggi che incauti scrittori del lontano passato hanno incomprensibilmente domiciliato in Sardegna, sono da esorcizzare perché “non fanno cultura” ma servono solo ad imbambolare gli sprovveduti.

E non parliamo di Tartesso e della terra di Atlante che gli spagnoli, altro popolo di ingenui, va inutilmente cercando da decenni lungo le coste atlantiche, poco al di là dello stretto di Gibilterra.

Ne sa qualcosa il giornalista e scrittore Sergio Frau, che quando provò a spostare le Colonne d’Ercole proprio da Gibilterra per trasferirle ai lati del Canale di Sicilia, fu vittima di ampia scomunica da parte di chi sapeva “per certo” che Platone, nel descrivere quell’isola straordinaria posta al di là di tali Colonne, aveva lavorato solo di fantasia.

E se a qualcuno fosse sorto il dubbio che magari il filosofo ateniese aveva in testa un luogo reale, quindi idealizzato e mitizzato dalla sua mente fervida? “Anatema”, subito dietro la lavagna, per tornare domani accompagnato e con il capo cosparso di cenere!

L’altare prenuragico di Monte d’Accoddi.

Sta di fatto che i miti sono sempre andati a braccetto con la storia e alzi la mano chi di noi può negare che, sin dalla scuola dell’obbligo, siano state proprio le beghe degli dei e degli eroi, le vicende di Giove, Minerva e Marte, gli Orazi e Curiazi o il racconto della lupa che allattava i pargoletti, a rendere più “digeribili” le defatiganti date di inizio e fine delle battaglie, o quelle della nascita e morte di Giulio Cesare o dei sette re di Roma (che poi, non me ne vogliano i Romani, ma quando Romolo fondò la città eterna la Sardegna aveva alle sue spalle secoli di civiltà).

A volte ho sentito dire che in Sardegna non abbiamo bisogno di miti, perché disponiamo già di un patrimonio archeologico reale che basta e avanza.

Ma chi più di noi può essere assolutamente consapevole ed orgoglioso del valore e dell’unicità dei lasciti monumentali della nostra preistoria e protostoria?

Se otto anni orsono abbiamo costituito la Fondazione Nurnet, lo abbiamo fatto proprio allo scopo di far conoscere e valorizzare, a livello globale, le sterminate testimonianze ereditate da una storia infinita, che per numero ed originalità costituiscono la certificazione materiale di una portentosa ed antichissima Civiltà.

Tuttavia, non per questo dobbiamo rifuggire dalle leggende, proprio per le ragioni espresse da Louis Godart e citate in un precedente capoverso di questo post.

Scartare la porzione fantastica e per certi versi onirica ed attraente delle vicende storiche è insensato poiché, come già accennato, il mito e la realtà storica sono complementari, e l’una cosa non deve escludere l’altra.

Mi viene in mente, al proposito, la storiella di quel tale che voleva regalare un libro ad un conoscente, per poi abbandonare l’idea quando era venuto a sapere che la persona a cui voleva donarlo ne possedeva già uno.

Giorgio Valdès

Articolo presente anche su nurnet.net

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