
“Slogan machines. La comunicazione politica nell’era del populismo”, presentato a Mercato San Severino (SA)
Libro sulla comunicazione presentato a Mercato San Severino il 4 dicembre scorso. Grande successo; tra gli autori e i relatori, la salernitana Anna Ferrentino
Grande ed opportuno successo, per la presentazione del volume: “Slogan machines. La comunicazione politica nell’era del populismo”. Classica “buona la prima”, per l’ente di formazione professionale “Ceform” – in Mercato San Severino (Salerno, Valle Irno)
di Anna Maria Noia
Il libro è uscito per i tipi di “Rubbettino” editore. È stata proprio l’alacre realtà, leader nel campo delle professioni sanitarie (soprattutto, ma non soltanto), a ospitare la kermesse incentrata sulla comunicazione istituzionale – ai nostri tempi. Questo volume, che consta di 208 pagine – molto dense e appassionate – raccoglie diversi saggi di altrettanti studiosi di questa meravigliosa disciplina (per l’appunto, la scienza della comunicazione).

Il testo è stato curato dagli esperti sociologi e/o cultori di materie afferenti alla pubblica amministrazione Giorgio Ridolfi (università di Pisa) e Stefano Sepe (docente di Comunicazione Pubblica). Gli elaborati all’interno del libro, invece, sono stati affrontati – tra gli altri – da Francesco Tibursi (direttamente dall’ateneo “Niccolò Cusano”) e dalla consulente di Comunicazione Istituzionale Anna Ferrentino. Una valente e simpatica studiosa di Bracigliano (in provincia di Salerno), con un ricco e articolato curriculum all’attivo: oltre ad aver lavorato in Rai e/o vissuto a Roma e anche all’estero (in America o in altri Paesi), la Ferrentino ha scritto saggi di critica cinematografica – compiendo, contestualmente, studi nei settori artistico; giornalistico nonché socio-pedagogico. Ha conseguito diversi titoli accademici e master, inerenti proprio alla comunicazione politica. Ha inoltre creato dei format nell’ambito della socialità (come l’evento “La bellezza nell’imperfezione” – vissuto a S. Severino svariati anni fa; in questo format la Ferrentino sottolinea la sua “diversità”; l’essere differente dai cliché consueti della “società dell’immagine perfetta”). Anche il lavoro che emerge dal libro fa parte di un progetto, condiviso poi con gli altri scrittori e studiosi, su tematiche molto attuali; cogenti e sviluppate verso il futuro.

Il 4 dicembre ultimo scorso, ecco dunque la presentazione di tale opera. Tenutasi proprio presso i locali del “Ceform” – a San Severino. Infatti ha espresso i propri indirizzi di saluto un’emozionata e soddisfatta Giovanna Ammaturo – direttrice dell’ente sanseverinese. Ente che nel tempo ha anche prodotto pubblicazioni… “in proprio”, grazie anche alla lungimiranza del padre di Giovanna Ammaturo – il compianto professore universitario (campus di Fisciano/Salerno) Natale – e della madre, la dottoressa Luciana Greco. Occorre ricordare che la Ferrentino è stata collega e anche amica di Giovanna Ammaturo. Hanno condiviso moltissimi momenti di gioia, ma anche di rabbia e delusione a causa della precarietà del mondo del lavoro, oggigiorno. Adesso il “momento” sembra più sereno – se così possiamo affermare. Saluti istituzionali da parte dell’avvocato Vincenzo Scarano, vicesindaco – in rappresentanza dell’amministrazione comunale sanseverinese. A moderare, il rettore dell’università “Giustino Fortunato” – il salernitano Giuseppe Acocella, apprezzato intellettuale delle nostre zone. Quale book review (recensitrice), l’amica e collega della Ferrentino Anna Maria Noia. L’incontro, dal ritmo incalzante e puntuale, si è tenuto metà “in presenza” e metà on line – tramite il collegamento su un’apposita piattaforma web. Sono intervenuti, mediante questa modalità, gli autori dei saggi. Interessante e acuta, ironica, la moderazione da parte dello stimato prof Acocella. Che ha provocato, pungolato, tutti gli astanti (il meeting si è tenuto secondo le più recenti normative anti-contagio da Covid 19, con tanto di green pass; possesso di mascherina facciale e controllo istantaneo della temperatura corporea – all’ingresso) con opportune domande “retoriche” (interrogativi) concentrati sulla vastissima materia della comunicazione pubblica e/o istituzionale – intesa in questo XXI secolo “liquido”, denso di social network e portali web… “populistici”.

A rendere ancora più personale e sintetico, stringato, “twittato” (tra slogan e selfie) il messaggio (politico, amministrativo, istituzionale) dei nostri giorni. Infatti nel volume si analizzano le più recenti frontiere del linguaggio (non soltanto verbale, anzi: particolarmente legato alla visibilità; senza preparazione culturale e/o competenze – generali o anche “specifiche” – da parte di figure pubbliche e di politici o amministrativi) rapportandosi alle tanto studiate e discusse “masse”. I populisti, appunto. Che si… “bevono” gli slogan: le slogan machines – calembour per slot machines. Le masse, dunque, come epigono della demagogia – e non più veicolo di democrazia. Il “ruolo” (vero o presunto, anche “passivo”) delle masse – molto care a studiosi quali Tarde e Le Bon, ma soprattutto agli esegeti delle scienze comunicative (dagli anni ’40 e ’50, dagli Usa e poi all’Europa e all’Italia) – è nella ricerca analizzato in tutta la sua interezza e distinta tra i momenti fondanti del Fascismo e del Nazismo ma portando il discorso su questi ultimissimi tempi. Tanti i concetti rilevanti sullo spinoso tema della comunicazione; sul rapporto tra il Paese “legale” e quello “reale” – come si suole sempre dire. Ora più che mai si “avverte” uno scollamento abissale, tra queste realtà. Il tema, ricco di implicazioni e di spunti è stato ben sceverato sia dai relatori “in presenza” che (particolarmente) da quelli collegati via web. Un incontro ben riuscito, davvero. Fondamentale il libro e opportuna la discussione, per coloro che siano appassionati di tale argomento. Non rivolto, è da sottolineare, ai soli “iniziati” che – magari – studiano all’università Scienze della Comunicazione. Si tratta di una tematica che – invece – coinvolge ciascun cittadino. Ciascun contribuente. Ognuno di noi, insomma. Infatti la serata ha visto anche tanti interventi “fuori dibattito”. A “scena aperta”. Ogni autore ha esposto un modo differente di trattare questa magmatica materia, veramente incandescente e aperta a mille interrogativi (non soltanto “retorici” – come nelle provocazioni di Acocella – di cui e su cui si è riflettuto e discusso). Termini ormai facenti parte del linguaggio comune e “di tutti i giorni” sono stati soppesati e sviscerati con competenza e perizia, con maestria – nel corso dell’incontro del 4 dicembre. Tra una relazione e l’altra. Cosa è emerso, quindi, di davvero rilevante dal convegno? Tante dissertazioni utili a comprendere tali scienze umane: ad esempio, la Ferrentino ha trattato l’uso e “abuso” delle parole (per l’appunto slogan, motti, logo, cose sintetiche e/o… “striminzite”; tweet o selfie ridotti all’osso). Di più, ella ha parlato della cosiddetta “disintermediazione” [sic!] nella comunicazione istituzionale odierna.

Ma che cos’è questa (benedetta – o “maledetta”) disintermediazione? Si tratta di un vocabolo mutuato dall’economia. Però assume una grande importanza nell’ambito comunicativo e/o informativo: secondo gli esperti, la disintermediazione verte sull’uso dei media “classici” (ma particolarmente degli attuali e modernissimi ritrovati tecnologici) o non essendo “in rete” (Internet) ma soli, self made men – o women. Tra connessioni e disconnessioni. Nel “villaggio globale” del “mezzo/messaggio”. Si ricordi il massmediologo Marshall Mc Luhan. E qui entra – anche – in gioco il populismo. Il qualunquismo. Che non è più l’ideologia del “Fronte dell’Uomo Qualunque” (o “Fuq”), fondato nel 1944 dal giornalista Guglielmo Giannini. Il qualunquismo “moderno” – o meglio, se vogliamo, “postmoderno” – si basa sulla sola “percezione” della realtà: ecco allora il nuovissimo e “pericoloso” concetto di “post verità” oppure “post truth”. La verità non più assoluta (in realtà non lo è mai stata, sempre è stata “putativa” – secondo i dettami del Diritto dell’Informazione e della Comunicazione). Il sentito dire al posto, in luogo della “testimonianza”. Tutto “condito” dalla personalizzazione ad ogni costo, dell’apparire, dell’apparenza. Perché – è emerso, tra molto altro, dal convegno: “la rete (Internet) dimentica, non ricorda”. Questo in quanto i politici un giorno dicono una cosa, il giorno dopo paiono negarla. L’evento, di notevole livello, ha inteso mostrare le opportunità ed i limiti – al contempo – delle moderne forme (istituzionalizzate o non) di comunicazione. A creare – sempre – consenso e consensi. Ancora tanti gli interrogativi ai quali rispondere, però. Un discorso complesso e articolato, che veicola la disinformazione e i comizi (se ne è parlato molto) “elettronici”. Non densi di cose come quelli di una volta, comizi “popolari”. All’ombra del “familismo amorale” e di tutte le altre criticità della modernissima tecnologia. Per la comunicazione, sempre in fieri e in divenire. Anche gli interventi on line sono stati esaurienti e ponderati, ragionati. Chi ha parlato del “sensazionalismo” e chi di altro; tutti a spiegare i motivi più reconditi (i bisogni indotti dalla pubblicità – sempre meno “advertising” o “policy”, sempre più “politics”) delle dinamiche informative. Tra le concettualizzazioni del “complottismo” e la disinformazione. Come quella relativa al Covid: la cosiddetta “infodemia” – l’overflow delle informazioni “fluttuanti” sulla pandemia. Il ruolo delle informazioni stesse, purtroppo, è stato ridotto (dagli amministratori della “cosa pubblica”) a qualcosa di strettamente individuale e individualistico/individualizzante. Non per niente, durante la dotta kermesse, si è parlato (come nel libro) di ciascun esponente politico nell’utilizzo e nella fruizione del “consenso” mediatico e mediale. Dal testo, ecco spuntare pagine e capitoli interi su Renzi; Berlusconi; Di Maio; la Meloni e Salvini. Visti appunto nella loro singolarità. Di ciò si è dissertato molto. Dopo circa due ore e mezza di meeting – sebbene gli interventi fossero “stringati” al massimo – il tutto è terminato con tante foto e omaggi floreali. In più, la simpatica idea di regalare piccoli “gadget” (dolciumi) artigianali – in tema natalizio – con fette di panettone e quant’altro, ha riscaldato maggiormente il cuore degli avventori. Già galvanizzati e “accesi” dall’interessante argomento. Si spera che – sempre nei locali del “Ceform” – possano essere organizzate altre meritevoli (altrettanto) iniziative e kermesse culturali, quanto prima possibile. Voci di corridoio “spifferano”, dicono che potrebbe essere organizzato – a breve – un incontro con un famoso romanziere dell’hinterland salernitano. Cos’altro dire? Stay tuned! Rimanete (e rimaniamo) sintonizzati…