Ven. Apr 19th, 2024
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Cosa succede alla Liguria ed alle sue aziende?

La mancanza di attenzione ai processi culturali ed economici che ha fatto si che molte aziende non trovassero le condizioni ideali per rimanere sul territorio ligure

Di Antonio Marani e Marco Maltesu

Cosa sta succedendo alle aziende liguri o forse ancora meglio, cosa sta succedendo alla Liguria incapace di tenersi le sue imprese, di sostenerle, di coccolarle ed offrirgli tutto quanto è necessario per consentirgli di produrre e possibilmente procreare con tante piccole nuove aziende?

La realtà invece parla di grandi Ditte che hanno delocalizzato le proprie strutture produttive in cerca di condizioni “migliori” per la produzione.

L’elenco seguente è solo una piccola parte delle occasioni che questa Regione ha perduto nel passato con le conseguenze in termini di posti di lavoro:

1-SAIWA fondata nel 1900  Dipendenti 500/1000-Spostata a Capriata d’Orta (AL)
2-ELAH DUFOUR  fondata nel 1829 Dipendenti 240- Spostata a NOVI LIGURE (AL)
3-Omp Mongiardino fondata nel 1968 Dipendenti 40- Spostata a CARBONARA SCRIVIA (AL)
4-BOERO Vernici fondata nel 1840-Dipendenti 70- Spostata a RIVALTA SCRIVIA (AL).

E come non pensare alle industrie pubbliche che riempivano nel passato la regione di lavoratori, Italsider, Italimpianti, Ansaldo, Finmecanica, Fincantieri, Eridania IP, ecc, alla quantità di posti di lavoro persi, alle occasioni mancate.

Sicuramente esistono a Genova ed in Liguria dei problemi di superficie disponibile che precludono la possibilità di espansione delle aziende in termini di spazio e questo è sicuramente un dato oggettivo, ma è evidente ad esempio che la regione è passata da una incredibile modernità infrastrutturale degli anni 70, ad un totale ritardo infrastrutturale a partire dagli anni 90 per diventare un quasi totale isolamento ai giorni nostri.

La carenza di infrastrutture ha condizionato la scelta di molte aziende che hanno preferito istallarsi in posti in cui le amministrazioni hanno, a differenza di quelle liguri, investito per portare queste imprese sul proprio territorio. Un esempio su tutti è la cosiddetta “gronda genovese”, un’opera di cui si parla da più di vent’anni, che dovrebbe liberare la città dalla morsa del traffico e ristabilire una corretta mobilità sul territorio separando i flussi di traffico in attraversamento del territorio genovese, con quelli destinati o provenienti dalla città. Per capire meglio, il traffico interno alla città, ad esempio da Voltri per il centro città, continuerebbe a percorrere l’attuale tracciato autostradale che verrebbe declassato e diventerebbe parte della viabilità ordinaria cittadina, mentre invece il flusso non destinato a Genova proseguirebbe su di un nuovo tracciato, a monte dell’attuale, che libererebbe quasi interamente l’attuale tratto cittadino autostradale. Questa opera è fondamentale nella gestione dei collegamenti nell’area di Genova ristabilendo condizioni minime di vivibilità e certezze  nella tempistica di trasporto.

Un dato costante, purtroppo, quello della mancanza di attenzione ai processi culturali ed economici che ha fatto si che molte aziende non trovassero le condizioni ideali per rimanere sul territorio ligure e trasferissero la produzione ed i relativi posti di lavoro in altri territori dando vita nel tempo a quell’emorragia di persone, in particolare i giovani alla ricerca di occupazione, che ha decretato un vero crollo di Genova dal punto di vista economico e di conseguenza sociale e demografico. Un depauperamento che tutta la collettività si trova poi a pagare perché quei posti di lavoro sono famiglie che si spostano, scuole che chiudono, case che si svuotano, negozi che non vendono, nuove famiglie che non si formano.

Meno male che almeno non sono finite in Cina queste aziende, si stima che siano almeno 730 quelle italiane che hanno già fatto questa scelta, ma questa è ancora un’altra storia di cui vi parleremo in un prossimo articolo.

Antonio Marani 
Marco Maltesu

Fonte: ilponentino.it

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