Il Malato immaginario riletto da Antonello De Rosa
Andato in scena lo scorso 29 e 30 gennaio presso il Teatro La Mennola, “Il Malato immaginario “ di Moliere, commedia andata in scena per la prima volta presso il Palais Royale il 10 Febbraio 1673, rivive attraverso la rilettura arguta, scientifica ed elegante, adattata ad un riuscito vernacolo, a cura del regista ed attore teatrale Antonello De Rosa.
Di Stefano Pignataro
“Il Malato Immaginario “ in rilettura salernitana ha visto tra i protagonisti che tre secoli fa furono, tra i molteplici interpreti, anche di Alberto Sordi nell’omonimo adattamento cinematografico firmato da Tonino Cervi o di Paolo Bonacelli per la regia di Marco Bernardi, tutti gli allievi di “Scena Teatro” quali Carlo Simeoni, Teresa Massaro, Gennaro Rosa, Renato Rescigno, Rosanna De Bonis, Mario Vietri, Rosalia De Blasio, Franca Guarino e Maria Mazziotti.Organizzazione di Pasquale Petrosino
Una regia che segna anche una volontà ferrea e professionale di voler ritornare alla propria arte ed alla propria passione nonostante una nuova incombente forzata decisione di annullamento di ogni attività nel campo della cultura dato la preoccupante crescita dei contagi della Pandemia da Coronavirus durante le festività pre e post natalizie: “Il teatro continua! Si adatta” chiosa il regista “consapevoli del fatto che il teatro non si può fare con la mascherina, ma il tempo che viviamo ci impone, ancora cautela. Ma in questo cautelarci dobbiamo comunque vivere e lavorare. Per questo, in questo spazio così piccolo ho voluto cautelare i miei attori (io ho la responsabilità di quasi 300 persone che fanno parte della famiglia di Scena Teatro e non posso essere leggero) e al contempo proteggere il pubblico. Ripeto io vivo di Teatro e non posso fermarmi più”” ha dichiarato il regista alla testata “a.salerno.it”. L’entusiasmo del pubblico e l’ottima riuscita della riscrittura di un grande classico è stato il miglior appagamento del lavoro e di ogni preoccupazione logistica.
Attingere dalla tradizione per porgerla elegantemente trasfigurata allo spettatore tenendo presente i canoni classici della commedia napoletana; un bel titolo per un certo tipo di costruzione scenica e di riscrittura dialogica che conta nell’aver presente una trama lunga e strutturata (anche se non dispersiva a livello scenico concentrandosi la scena in un unico ambiente chiuso) del classico di Moliere con un adattamento lieto e caratteristico che cerca, riuscendoci, di analizzare, canzonare e mettere in primo piano valori, condizioni e punti cardini di vita borghese che si confrontano prepotentemente con altri tipi del proprio prossimo. Nonostante un palcoscenico ridotto per spazio, gli attori di “Scena Teatro”, oltre al naturale talento professionistico, offrono allo spettatore una sapiente presente scenica ed una caratterizzazione davvero interessante degli stereotipi: Argante, Angelica, Tonietta, Belinda..se tutti i classici protagonisti hanno calcato i palcoscenici di tutto il Mondo in quattro secoli di classiche rappresentazioni, nella rilettura di De Rosa ogni nuovo personaggio aggiunto non stona mai, bensì sapientemente inserito nell’economia della trama che anche se adattato non perde il concetto paideutico su cui ci si soffermerà in seguito. Altro protagonista invisibile ma primo ad entrare in scena è proprio quella tanto adoperata “quarta parete” che viene infranta con una narrazione lieta e ridanciana degli eventi e con un altro personaggio totalmente inserito dal regista di sua volontà; il personaggio di Pulcinella, difatti, simbolo del teatro napoletano, del doppio, del personaggio misterioso che crea e disfa una sua trama con la complicità ora di uno , ora dell’altro protagonista, è una sapiente spalla del protagonista Argante che asseconda ed allo stesso tempo tormenta con le sue verità che un servitore non può ardire di osare di riferire.Complice della figlia, della moglie e di tutti i protagonisti, forse è proprio lui il terzo occhio del regista che attraverso Pulcinella compie la sua scrittura e la sua rilettura.
De Rosa, raffinato ed erudito lettore del teatro classico napoletano e della critica del teatro napoletano, scrivendo la sua versione del “Malato immaginario” certamente vuol perseguire la linea di fondo di giudizio di costume che il commediografo parigino persegue con la sua opera quale la satira del costume, la quasi ridicolizzazione della figura del medico all’epoca tenuta in massima considerazione tanto da preferire in sposa da parte del padre, nella commedia ma chissà in quante occasioni nella vita reale un pretendente bislacco ed a dir poco tardo rispetto ad un onesto musicista, ma tutto questo lo fa attraverso l’occhio vispo, vivace e a tratti impertinente di un Pulcinella voce di popolo. Argante, la cui ipocondria si fonde con la sua auto commiserazione ed il suo male del mondo coincide con una sua convinta sfiducia verso la società che gli sta intorno, è personaggio si accecato dal suo incoscio sconnesso, ma non incapace di provare autentici sentimenti come quelli provati per la figlia prediletta per cui la volontà genitoriale, anche se incomprensibile e crudel, è la prima prova di amore e di rispetto. Se l’illusione della malattia porta il vecchio ed “ammalato” Argante alla tragicità della vita, sarà proprio il rompersi della caverna platonica ad un ritorno di un lieto finale festeggiato rompendo le linee quasi in un simbolico attaccamento alla gioia da parte dei protagonisti.
Una rilettura, quella di De Rosa, che porta interessanti contributi alle riletture dei classici.
Foto di Copertina tratta da asalerno.it
Stefano Pignataro
Vicecoordinatore Nazionale di redazione/Coordinatore Sud Italia e Sicilia