Festa a Monteverde Irpino(AV), per i 100 anni di “Zio” Antonio D’Annunzio
Grande festa, lo scorso 15 marzo, nell’accogliente; ameno; ridente borgo di Monteverde Irpino (in provincia di Avellino)
[Di Anna Noia]
Grande festa, lo scorso 15 marzo, nell’accogliente; ameno; ridente borgo di Monteverde Irpino (in provincia di Avellino)
Una tranquilla comunità di circa 800 anime, situata lungo verdeggianti montagne. Il paesello è tra i borghi più belli d’Italia – di certo, si tratta di un vero luogo “del cuore”. È anche il paese più accessibile ai portatori di handicap, per l’assenza di barriere architettoniche ad escludere le persone differentemente abili. È il paese dei principi di Monaco (la famiglia Grimaldi) e dei parenti dell’ex premier Mario Draghi. Che qui detenevano un’accorsata farmacia.
Attorniato dalla sua splendida famiglia, unita e compatta – numerosa (comprende – infatti – ben sei figlie, coi rispettivi mariti e quattordici nipoti, oltre a svariati pronipoti) – ha spento, in tal data, 100 candeline l’arguto e lucidissimo “zio” Antonio D’Annunzio. Illustre rappresentante della collettività monteverdese. Dall’alto del suo secolo di vita, con mille e più esperienze; dopo una vita dedicata alla “fatica” e alla famiglia, ecco il simpatico “nonnino” al centro delle celebrazioni per questa giornata, così speciale. Condita dall’affetto di familiari, parenti, amici e conoscenti. Il momento clou è stato il taglio della torta, alla presenza del primo cittadino Antonio Vella – giunto a casa del festeggiato nel pomeriggio – ma anche il pranzo, consumato proprio in famiglia (secondo la volontà di “zio” Antonio stesso), ha costituito un bel momento. Una bella occasione, per riunirsi in una lieta ricorrenza – tutti insieme, a rinsaldare i valori “autentici” della condivisione e a cementare i rapporti – peraltro ottimi, da sempre – tra i congiunti. Accorsi a Monteverde finanche da Torino. La festa si è protratta a lungo, fino al pomeriggio inoltrato. Il sindaco è stato accompagnato anche da una nipote del centenario; entrambi vestivano una fascia tricolore – a simboleggiare l’autorità comunale. Una storia particolare, quella dell’umile e modesto – sempre nel senso più nobile dei termini – Antonio D’Annunzio; una storia d’impegno e volontà. Narrata proprio sulle colonne di tale nostro magazine – negli anni scorsi. Nessuna “dieta” o regime alimentare/dietetico particolare – a spiegare la sua “formula magica” dell’esser giunto non solo alla veneranda età dei cent’anni, ma pure essendo così in gamba, attento, partecipe, curioso. Il segreto per la longevità di zio Antonio è costituito da aria pura, acqua dissetante (che viene condotta dalle condotte dell’Ofantina fin alla Puglia), buon cibo, vino schietto (il nonnino non disdegna di assaporarne un sorso, durante il pranzo), affetti sinceri. Nonché dal bel paesaggio di Monteverde: una bella vista; un senso dell’esistenza poco frenetico e le rilassanti sensazioni, nell’ammirare le colline attorno alle quali è incastonato il borgo.
Abbiamo avuto l’opportunità di conoscere e, anche, frequentare l’arzillo centenario. È una persona degnissima, con tutti i familiari e i parenti. Persone squisite e distinte, con alle spalle un percorso di vita improntato alla laboriosità e all’onestà. Doti e doni “di famiglia”, per l’appunto. Riguardo, specificamente, all’intrepido vecchietto, vogliamo qui ricordare un nostro articolo (apparso proprio sul nostro giornale) sulla sua esistenza – molto particolare. Il servizio fu da noi vergato un anno fa. Attraverso le nostre parole, abbiamo dato voce alle parole – miti e gentili, poetiche – di Antonio D’Annunzio. Il quale ha cominciato a scrivere pregevoli liriche, nonché a ideare profondissimi pensieri e ragionamenti colti, alla bella età di 80-85 anni. Il cosiddetto “pallino” dell’istruzione e della cultura, in realtà, il Nostro lo ha sempre avuto. Fin da piccolo. Ma – ed è questa la storia “particolare” (come abbiamo accennato in precedenza) – non ha potuto che frequentare – soltanto – le scuole elementari, fino alla terza classe. Fino ai 7 anni. Perché doveva aiutare i genitori, contadini, nei campi. Tuttavia, la sete di sapere e la curiosità hanno fatto sì che zio Antonio ascoltasse i discorsi degli altri, più istruiti (dal punto di vista “scolastico”) di lui, serbandone i concetti a mo’ di tesoro. Infine, in età avanzata; col passare degli anni, non ha deciso di pubblicare un meraviglioso e simpatico libro – di cui abbiamo parlato nel 2022 qui su Istituto Galante Oliva Polis Sviluppo Azione. Il testo s’intitola: “Un commento universale”; è denso di insegnamenti di vita e di nozioni precisissime e pregnanti, degne di una grande mente ma, soprattutto, di un grande uomo. Dalla superba volontà – nel senso buono del vocabolo. Abbiamo rivolto, durante la festa – preceduta da un allegro vai e vieni, di persone che stimano il Nostro; da uno squisito pranzo, preparato dalle bravissime figlie (in particolare Gioiella e Poetica); dalle attestazioni di stima ed affetto, tributate ad Antonio – alcune domande al festeggiato e ai familiari stessi. Che son stati molto gentili e disponibili, nel rispondere. Come lo è stato l’anziano capofamiglia. Da questa piccola “intervista”, molto ideale – più che reale – sono emerse parecchie curiosità e bei ragionamenti. Di una mente fervida di cultura, per il caro nonnetto.
Di amore mutuo e reciproco, per ciò che attiene al nucleo familiare. D’Annunzio ne ha viste di cotte e di crude, nella vita. Ha superato “indenne” il secondo conflitto mondiale e anche la pandemia del 2019-2020. Nonostante tanti lutti, dolori, momenti difficili. Ma – cosa importante ed esempio per le nuove generazioni – non ha mai perso la fede o la speranza; ha sempre combattuto e sperato, lavorando (nei campi, duramente; alacremente) fino a pochissimi anni fa. Casa e lavoro. Egli ha attuato molti sacrifici, per portar avanti la famiglia – cui è legatissimo. Ed è per questo che – nelle sue parole, espresse sollecitato dal primo cittadino Vella; il quale ha dialogato con il vecchiettino – auspica per i giovani d’oggi lo stesso attaccamento. Ma anche – zio Antonio – invoca un’idea di futuro, per le giovani generazioni. A volte sbandate e prive di valori. Onestà, umiltà, fede, speranza, ottimismo, lavoro “pratico” e non solo. Inoltre: Dio (sempre al primo posto, per lui); famiglia; lavoro. Ecco, son questi i… “must” che egli – dall’alto della sua canizie – consiglia a tutti, in special modo ai ragazzi di oggi – in formazione. “Ringrazio Dio e la mia famiglia – ha asserito quando è stato da noi “pungolato”, dopopranzo; nell’attesa dell’arrivo del sindaco Vella – perché mi sono stati “regalati” salute, momenti felici, affetto e benevolenza”. Tutto questo considerando tanti lutti, da lui sopportati insieme ai cari. Per esempio, la perdita della moglie – Rosaria Maddalena – alla quale era molto affezionato. Ciò nel 2008. Poi, recentissimamente – un paio di anni fa – egli ha, purtroppo, dovuto affrontare la scomparsa di una delle sue sei figlie. In realtà, egli ebbe anche un figlio maschio che – però – è deceduto dopo pochi mesi dalla nascita. Ecco, per la cronaca, i nomi delle figlie e degli altri componenti della D’Annunzio family: le figlie sono (od erano) Caterina – come la nonna, Caterina Roberti. Il padre era Michele D’Annunzio. Poi, abbiamo Maria (Michelina); Sara; Gioiella; Poetica, Carmela. La ricchezza valoriale delle figlie ha ripagato, anche con l’arrivo di tanti nipoti, i sacrifici e gli stenti di nonno Antonio D’Annunzio. Una vita difficile, in salita – lo abbiamo già detto – ma anche un’esistenza alla luce della preghiera e della convivialità. Attaccatissimo al suo paese, è Antonio. Anche se le campagne degli avi sono state aspre e irte. La sua famiglia di origine era di origini contadine, ma tutti erano e sono dignitosissimi. Egli ci ha narrato di come ha iniziato a studiare – come è maggiormente espresso nell’articolo del 2022, a nostra cura, su di lui. Egli lavorava la terra di un nobile, un medico: Francesco Spirito. Costui apprezzò le doti (innate) di curiosità e fame di sapere di Antonio e lo incoraggiò negli studi. Da cui – purtroppo – fu “allontanato”: servivano braccia forti e giovani, in campagna. Nelle “sue” terre dure. Zone bellissime ma selvagge, all’epoca; depresse: campagne. Tra campi da coltivare, animali da pascere, da portare sui prati il tempo non bastava mai. Eppure, il Nostro non mancava di ascoltare chi ne sapeva più di lui. È tuttora amante della cultura. Dopo aver abbandonato gli studi (ma ha sempre letto tanti libri – pur lavorando in campagna), molto tempo dopo, ha sentito nascere in lui l’esigenza di comporre poemi e/o di scrivere acuti aforismi e pensieri. Tutti confluiti in qualche pubblicazione, come la succitata “Un commento universale”. Nella quale ricorda l’unità dei nuclei di una volta, con il sedersi accanto al fuoco (in inverno) o all’aperto (nella bella stagione) e recitare il Santo Rosario con i parenti e i vicini. In un mondo campestre forse scomparso per sempre. E veniamo alla simpatica e cara famiglia: la figlia Carmela si è sposata con Michele Cappiello. Due i figli: Antonella e Dino. Ingegnere aereonautico, lui, è stato ad Oxford. Caterina era sposata con Michele Pandiscia – scomparso prematuramente, per un incidente sul lavoro: si è ribaltato con la mietitrebbiatrice. Tre i figli: Antonio, Nicola, Bruno. Maria Michelina (deceduta), sposata con Carlo Savinelli – appuntato dei carabinieri in pensione. Figli: Carmela e Fabrizio – maresciallo dei carabinieri. Sara, invece, è sposata a Vincenzo Cristiani. I nomi dei figli: Angela, Pasquale, Rosaria. Quest’ultima ingegnere informatico. Ancora, ecco Gioiella – sposata a Vincenzo Padula (falegname). Due i figli: Antonio e Michele. Poetica è la moglie di Rocco Sciretta, ed hanno due rampolli: Danilo e Davide. Il secondo dei due studia all’ateneo di Salerno (campus di Fisciano): gli mancano pochissimi esami per laurearsi in Ingegneria Gestionale. Insomma, un nucleo fatto di tante esperienze lavorative e/o professionali: dal lavoro nei campi si passa all’ingegneria e agli studi “tecnici”; universitari. Rosaria ha addirittura già due lauree: una, come detto, in Ingegneria Informatica e l’altra in Ingegneria Gestionale. Conseguite all’università “Federico II” di Napoli. Inoltre, una pronipote studia a Napoli – polo universitario “L’Orientale”. Dove prosegue gli studi in Lingue. Erano presenti all’happening (avvenimento) tanti altri parenti: Siria, Tania, Giuseppe, Antonio, Stefano, Michele, Sara, Carmen, Amira, Vincenzo, Niccolò e così via. Rocco Sciretta ha preso la parola rappresentando tutti, per esprimere il valore di nonno Antonio in seno ai propri cari: “Ci ha insegnato la dedizione al lavoro, l’attaccamento alla famiglia. È stato un grande uomo, un imprenditore vero: ha fatto di tutto e in ogni campo. Non ha fatto mai mancare nulla ai parenti. Riguardo il nostro rapporto con la fede, ci ha sempre lasciati liberi di credere o meno in Dio – ma il suo spirito è sempre stato molto ardente. Industrioso, è stato zio Antonio. Espertissimo del mondo agricolo, si applicava anche in altre branche del sapere “pratico” oppure teorico”. Bella tale testimonianza, da parte di un parente così vicino al nonnino. Infine, il dialogo con il sindaco. Che ha punzecchiato l’anziano, ma egli ha risposto in maniera davvero adeguata e sorniona; simpatica. Con la battuta sempre pronta, ricca di arguzia. Egli ha stupito e sempre stupisce gli astanti con la serenità e la dolcezza della mente, sempre lucida. Il momento di festa ha evidenziato ancor di più la coesione e l’unione della collettività monteverdese. Fulgida, luminosa, esemplare la figura di tale arzillo vecchino.
Da parte dell’amministrazione comunale, diversi regali od omaggi: fiori e due targhe. Una, recante impressa una poesia di zio Antonio – ispirata da un detto di S Giuseppe Moscati. L’altra, con su inciso un suo documento all’anagrafe. In più, delle foto tratte dagli antichi atti comunali relativi alla nascita dell’anziano. Tra questi: le ristampe del documento di identità e l’atto di nascita, siglato 15 marzo 1923. Prima del taglio della torta augurale, la nipote ha espresso belle parole. Constatando che “Zio Antonio ha attraversato cento anni, ha superato la seconda guerra mondiale [doveva partire per Cremona, come militare, ma fu “graziato” – diciamo così – per l’armistizio dell’8 settembre 1943] e ha visto ascese e declini di regimi politici. Come non essere sfiduciato da tutto ciò che è avvenuto?” Si è domandata la giovane – emozionatissima e commossa come tutti quanti. Invece Antonio D’Annunzio, che vanta probabilmente anche una parentela con lo scrittore e vate edonista Gabriele, ha sempre mostrato ottimismo – in tutto ciò che ha realizzato. Ma aborre la guerra: “La guerra è distruzione, è morte – ammonisce. Per questo, in molti suoi scritti – vergati da una calligrafia ammirevole – evoca le pagine della Bibbia e del Vangelo, sugli ultimi tempi. Stigmatizzando, appunto, negativamente le cattiverie e le violenze umane. Un grande esempio “concreto” per tantissimi. Soprattutto per i ragazzi di oggi, che egli ammonisce come un padre o un nonno. Sebbene egli lamenti che “Tanti giovanissimi sono indisciplinati, oggi”. Vogliamo dimostrare che non è vero? Bellissima e buonissima la torta, degustata anche dal sindaco stesso – a conclusione dell’occasione di gaudio e tripudio. Fra l’altro, era anche il cinquantesimo genetliaco (compleanno) di una nipote dell’anziano.