
Denaro: i centesimi di Euro
Il valore nascosto della moneta più piccola nell’era della digitalizzazione economica
Di Massimo Bramante
Il capitalismo moderno sta dirigendosi verso una progressiva estinzione del denaro contante. A ricordarcelo anche un economista-teologo, Etienne Perrot (“Civiltà Cattolica”, n.4118/2022). Assistiamo, con qualche afflizione, alla scomparsa di fatto di “banconote e moneta di piccolo taglio in metallo (detta moneta divisionale) che gonfiano i portafogli e appesantiscono le tasche”.
Si fa di tutto, nelle economie ipertecnologiche moderne, per dematerializzare il denaro ed indirizzarsi a passi veloci – fa notare Perrot – verso una società senza contanti. Una società e un’economia quanto più possibile prive di questi “mezzi materiali pesanti e costosi…per far posto a strumenti digitali: carte di credito, carte di pagamento, internet o applicazioni informatiche integrate nei telefoni cellulari”.
Ma attenzione, il denaro (cartaceo, metallico, telematico) è nei fatti e nella morale nulla più che uno “scambiatore universale” – secondo la splendida definizione dello psicoanalista Serge Viderman (“Il denaro – In psicoanalisi e al di là”, 1992) – “Ha la facoltà di convertire e di far proprie tutte le merci esistenti sul mercato, ma non potrà mai rappresentare veramente tutti i valori”.
La metafora che utilizza Viderman è assai pregnante e suggestiva: “Il denaro è come l’acqua, che non ha forma, ma solo per aderire meglio a tutte le forme dei recipienti che la contengono. Il denaro è una pura astrazione che può prendere la forma di tutte le cose concrete possibili”. Ma prendere la forma delle cose non significa rappresentarne il valore.
Il denaro non è (non dovrebbe essere), nelle forme astratte e simboliche che ha assunto nel corso dei secoli e che assume oggi, un valore; al più – l’espressione è sempre di Viderman – “è lo specchio in cui l’insieme dei valori si riflette” (pag. 86, op.cit.).
Uno specchio che riflette, una pura astrazione, uno scambiatore e, per qualcuno, anche un “livellatore”: entità astratta, frutto di invenzione creativa degli umani, in grado di ridurre (“livellare”, appunto) qualsiasi valore quantitativo ad una dimensione fisica, quantitativa.
Uno dei padri della ricerca sociologica moderna, Georg Simmel (1858-1918), in un’opera spesso citata ma altrettanto spesso trascurata, “La filosofia del denaro” (1900), coglieva un aspetto essenziale del denaro che circola più o meno abbondantemente nelle tasche e nei portafogli degli umani e ne determina spesso la sorte: un simbolo. Un simbolo, astratto ma di immediata visibilità e concretezza, tanto del potere individuale quanto dei complessi rapporti politico-economici tra i singoli Stati nell’economia-mondo (pensiamo oggi al tema dell’indebitamento dei paesi del Terzo Mondo).
Sarà un altro padre della sociologia moderna, Max Weber (1864-1920), a far notare come un indiscutibile merito di Simmel è stato proprio quello di aver colto nel denaro il primo esempio storico concreto di un mezzo che spesso diventa, si trasforma in fine.
Ma quando un mezzo precipita e si tramuta in un fine, la commedia umana può trasformarsi in tragedia. Come non ricordare quella meravigliosa piéce teatrale di Pierre de Marivaux, “Il Trionfo del Dio Denaro”: il denaro che corrompe, il denaro che inganna.
Il denaro vince tutte le virtù (l’aretè) e diventa purtroppo esso stesso l’unica aretè… Ammoniva Teognide (VI sec. a.C.) nelle sue “Elegie”:
“Ecco la sola qualità che vale
per la massa degli uomini: il denaro.
A niente servirebbe tutto il resto.
Ecco la verità, e tutti quanti fatene tesoro.
Solo il denaro, a questo mondo, importa.”
L’Economia – intesa un po’ arbitrariamente come scienza che spia nascita e trasformazione del denaro in cose – è entrata nelle case e nella mente di tutti noi, domina sterminate pagine web, riempie di parole cene e apericena…
Il denaro viene risparmiato, investito, tesaurizzato, perfino “azzardato” attraverso un “gratta e vinci” troppo spesso trasformato sotto i nostri speranzosi occhi in un “gratta e perdi”!
Il 1 maggio 1998 una Rivoluzione Monetaria ha scosso dalle fondamenta l’economia europea. Siamo anche noi italiani risultati rispettosi dei rigidi parametri di Maastricht, entrando così nell’Unione Monetaria Europea (UME). Nel gennaio del 2002 l’euro, la nuova moneta comune, ha sostituito la vecchia lira. Le nostre tasche si sono riempite di una valanga di dischetti metallici di nichel e ottone, di rame rivestito in acciaio, di lega Nordic Gold. Tutto è cambiato; o forse no?
Sono tempi, quelli odierni, di moneta appunto tecnologica, di criptovalute, bitcoin, ma – curiosamente – persino i modestissimi “centesimini” in nickel mantengono un loro significante (così direbbero i sociologi?) non trascurabile.
La moneta di 1 centesimo di euro (2,30 gr di peso – 16,25 mm il diametro) è l’equivalente di 19,3627 vecchie lire, eppure – a ben vedere – il dischetto delle vecchie 20 lire rappresentava, valeva qualcosa “in più” del microscopico e trascuratissimo centesimino, dietro a sé aveva le 10 e 5 lirette. Ma dire trascuratissimo è oggi madornale errore.
Un prodotto il cui prezzo di vendita, in offerta, è euro 99,99 risulta in grado di attirare un pubblico di potenziali acquirenti ben superiore a un prezzo pari a euro 100. Scientificamente e nei fatti dimostrato.
Chi scrive questa nota ha tra le mani alcuni dépliant pubblicitari. Una passata di pomodoro euro 1,99 (quindi 1 centesimo di resto per l’accorto e pignolo acquirente); 400 grammi di lasagne al sugo confezionate euro 5,99; 6 uova fresche 2,19; una confezione di salmone affumicato 9,99; per soli 9,90 euro uno zampone precotto; infine, uno spumantino prosecco a 4,99…
E quel magico 9, che “chiude” il prezzo di vendita/offerta, non coinvolge solo beni alimentari, prodotti per soddisfare il palato. Un’attivazione telefonica mensile offerta a euro 9,99; con uno sforzo economico aggiuntivo un iPhone di ultima generazione a 499,90.
Centesimi in più hanno avuto poi una loro non marginale rilevanza (almeno sul versante mediatico) financo per quanto riguarda gli arrotondamenti comunali sull’acconto TARI (raccolta rifiuti solidi urbani). Per legge arrotondati all’euro superiore o inferiore a seconda che le cifre decimali fossero superiori oppure inferiori/pari a 49 centesimi. Ma “dimenticato”, l’arrotondamento in questione, nel saldo TARI di fine anno. Se il prezzo arrotondato era stato in eccesso ci rimette il contribuente; se era stato in difetto ci rimette il bilancio del Comune di Genova.
Quisquilie, certo quisquilie, ma solo per sottolineare che i centesimi di euro sono anch’essi portatori di un’intrinseca “dignità”, ad esempio nei c.d. “prezzi civetta” o prezzi apparentemente bassi (low prices) – come visto – da tenere sempre in debito conto.
Denaro-astrazione: ecco che il centesimo di euro non cessa di stupirci. Chi detiene 1 centesimo di euro nel cui retro è raffigurata la Mole Antonelliana anziché Castel del Monte sappia che è ricercatissimo dai collezionisti e quotato su internet intorno a 7000 euro. 1 centesimo finlandese del 2003 vale circa 150/200 euro…
Davvero il centesimo di euro non cessa di stupirci.
Foto di Franz W. da Pixabay
Massimo Bramante
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