Dom. Mar 16th, 2025

OL. N°8

Spazi aperti alla poesia e alla narrativa


IN QUESTO NUMERO

Poesie

Racconti

Redazione


Poesia

“La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve” Mario Ruoppolo (Massimo Troisi) in Il postino

Guerra

Guerra, rumorosa e catastrofica distruzione,
rifiuto dell’intelligenza umana,
avventura senza ritorno,
spirale di lutti e disgrazie.

Uomo, non fare la guerra!
Non autodistruggerti!
Perché sempre la guerra?


Orrenda e tetra fine dell’uomo
causa di tragedie e disgrazie!

Uomo, non fare la guerra!

È più bello e sereno l’amore.
il dedicamento alla persona malata,
l’aiuto al prossimo tuo!

La guerra è solo una lotta,
che distrugge l’uomo,
la sua anima, la sua ragione,
la sua cristianità.

Nicolina Lamberti (1995 ©Tutti i diritti riservati)

[Torna al sommario]


Elysir di vendetta amorosa

Taccio, muta, d’orizzonti sereni,
verso il bel gioco dell’amore;
mimando il sesso – con allegra malizia!

Tu, sole; tu sale;
tu male!

Ferisci il cuore nell’agonia
dell’ardore.

Latito passioni e incontri, lotte;
impazzire fa l’ombra di te,
che fuggi, lungo la scia che conduce
ai sentieri delle coltri arcane. L’archi
delle corti fan trasparire
lucide candele, a scintillare astri e lumi.

Sola sola, pian pianino, mi accosto
ai margini erbosi
del mio monogamo cammino. Verrà
madame Alba antica:
allora verrò da te.

Verrò nel sogno, nel cuore, nel letto…


E tu, come strano folletto, alfine dirai: “Perdono!” – lo ansimerai…

Volterò le spalle ai tuoi trascorsi inganni,
per bere l’amara vendetta
nella goccia d’un palpito – qual rancore assetato –
fortemente desiderato,
avverato.

Anna Maria Noia (Inedita ©Tutti i diritti riservati)

[Torna al sommario]


Narrativa

Va’ là fuori, trova una storia che ami e poi raccontala” Ron Howard

Il passato che resta

La musica rimbombava dalle casse dello stereo, un mixtape registrato con pazienza dalla radio, mentre le risate riempivano l’aria della piazzetta. Erano gli anni Ottanta, quelli delle Vespe rombanti, delle giacche di jeans scolorite e delle serate infinite sotto i lampioni.

Fabio, Marco e Silvia erano inseparabili. Passavano le giornate tra partite di pallone improvvisate, corse in motorino e sogni raccontati tra un sorso di gazzosa e l’altro. Le mattinate si perdevano tra i banchi di scuola, mentre i pomeriggi erano fatti di sfide a calcio balilla, interminabili attese davanti alla sala giochi e incursioni al bar per una lattina di Chinotto e un pacchetto di caramelle alla menta.

Le sere d’estate erano una promessa di libertà. Si incontravano sempre al muretto, quel piccolo angolo del quartiere che era diventato il loro regno. Lì si parlava di tutto: di musica, di film visti di nascosto in VHS, di cotte segrete e di progetti per il futuro che sembrava sempre lontano.

“Stasera ci vediamo al muretto?” chiese Silvia, facendo roteare le chiavi della sua Vespa con un sorriso furbo.

“Ovvio!” rispose Fabio, mentre Marco annuiva con un cenno del capo.

Il tempo trascorreva senza fretta, tra sorsi di birra rubata ai fratelli maggiori e la radio che trasmetteva le hit del momento. I lampioni proiettavano ombre allungate sull’asfalto, mentre il vento portava con sé l’eco di voci e risate spensierate. Qualcuno tirava fuori un mazzo di carte e iniziava una partita improvvisata, qualcun altro raccontava storie di avventure immaginarie, di fughe notturne e di baci rubati sotto le stelle.

La notte scese lenta, accendendo le luci della città e i sogni della loro meglio gioventù. La musica riempiva le strade, le chiacchiere si intrecciavano come i loro destini. Non c’erano cellulari, solo sguardi complici e parole dette sottovoce. La vita era tutta lì, nel calore di una compagnia che sembrava eterna.

Le biciclette cigolavano sulle strade deserte mentre tornavano a casa, ancora con il sapore della libertà sulle labbra. Il tempo sembrava non passare mai, ma in fondo lo sapevano: prima o poi sarebbero cresciuti. Però quella sera, con il vento nei capelli e il mondo davanti a loro, erano certi che niente sarebbe mai cambiato.

Era una sera come tante, ma il tempo aveva fatto il suo corso. Oggi, Fabio e Marco si ritrovarono di nuovo davanti al vecchio muretto. Le Vespe erano state sostituite da auto parcheggiate frettolosamente, le giacche di jeans avevano lasciato posto a cappotti eleganti o felpe scolorite.

“Incredibile quanto sia cambiato tutto,” disse Fabio, guardando il vuoto dove un tempo si trovava il piccolo angolo del loro mondo.

Marco non rispose subito. Si accese una sigaretta, le dita tremanti mentre tirava il fumo, e lasciò che il silenzio li avvolgesse. Poi, finalmente, parlò.

“Non è solo quello,” disse con un sorriso triste, “è che Silvia non c’è più.”

Fabio lo guardò senza dire nulla per un momento, come se quelle parole non avessero bisogno di commenti. Le cose erano cambiate. Silvia, la ragazza che un tempo condivideva ogni risata, ogni sogno, ogni promessa di un futuro che non si sarebbe mai realizzato, non era più lì. Da qualche anno una malattia inesorabile se l’era portata via. Lei aveva sposato Fabio, aveva scelto lui, anche se Marco le aveva dichiarato il suo amore. Per questo i due ragazzi avevano smesso di parlarsi, il legame che un tempo sembrava indissolubile si era spezzato, lasciando un vuoto che nessuno dei due era riuscito a colmare.

Marco e Fabio non si erano più visti dopo la rottura, eppure, quella sera, senza neanche un vero motivo, si erano ritrovati nel posto dove tutto era cominciato. Dove avevano costruito il loro mondo, un mondo che sembrava eterno. Ma nulla è eterno, e lo sapevano bene.

“In qualche modo, penso che il tempo abbia fatto più danni di quanto ci rendiamo conto,” continuò Marco, guardando il fumo della sigaretta salire nel cielo notturno. “Ci ha separati tutti. Anche Silvia… Non so se avrebbe voluto che andasse così.”

Fabio abbassò lo sguardo, sentendo un peso sul petto che non riusciva a scrollarsi di dosso. “Abbiamo fatto dei bei ricordi, vero?” disse, la voce tremante. “Ma alla fine… nulla è mai davvero come prima.”

Marco annuì, e i due amici rimasero lì, a fissare il muretto che, in un modo o nell’altro, continuava a essere il simbolo di un tempo che non sarebbe mai tornato. E anche Silvia, quella sera, era di nuovo li con loro.

Antonello Rivano (Inedito ©Tutti i diritti riservati)

[Torna al sommario]


Modalità di Partecipazione


Per inviare i vostri contributi, sia di poesia che di narrativa, scrivete a 
redazione.polissamagazine@edizionipolis.it.
Gli elaborati devono essere allegati come file in formato Word.

.

image_printDownload in PDF