Mar. Lug 8th, 2025

Domenico Quaquero, la maschera e l’uomo

Il sorriso di una comunità. L’eredità artistica e umana del “Govi” tabarchino

Di Salvatore Volpe

In occasione del trentesimo anniversario della morte, il Gruppo Teatrale Don Ignazio Garau-Linetto Leone, rende omaggio a Domenico Quaquero, il “Govi” tabarchino, con la commedia dialettale in tre atti di Luigi Orengo “Sotto a chi tocca”, tratta da repertorio dello stesso Gilberto Govi, con la regia di Antonella Leone.
La prima rappresentazione è prevista sabato 5 aprile, alle 20.30, al Cine Teatro Cavallera con replica il 9 e 12 alle 20.

Come è tradizione del Gruppo Teatrale parte dell’incasso andrà all’Associazione di volontariato San Rafael per i progetti solidali in favore dei bambini dell’Honduras


Cosa è stato Domenico Quaquero per questo gruppo teatrale? Certamente il mattatore di tutte le commedie dialettali e brillanti portate in scena con la regia di Linetto Leone, indimenticabile regista, co-fondatore della stessa compagnia e scopritore del talento naturale di Domenico, che già aveva avuto alcune esperienze di carattere folkloristico con la compagnia del Sig. Ninetto Rivano.
Da subito fu chiaro a tutti che la sua comicità spontanea avrebbe catturato la simpatia di tutto il pubblico carlofortino e che, per questa giovane compagnia teatrale, la presenza di Domenico nei lavori brillanti avrebbe rappresentato un sicuro lasciapassare per i grandi e meritati successi a Carloforte, Cagliari e in terra ligure.


La sua esperienza nel Gruppo parte dal 1972 con il primo lavoro “Il Malato Immaginario” di Moliere, nel quale interpretò il personaggio di Tomaso Diafoirus, pretendente della mano di Angelica.

Cineteatro Cavallera “Il malato immaginario“1972


Ma le sue doti di comico di razza si manifestarono in tutta la loro ricchezza nel lavoro successivo “La zia di Carlo”, rappresentata al Cavallera l’8 settembre 1973, un’opera brillante dell’autore inglese Brandon Thomas nella parte di Federico Barbeley, trasformato nella finta ed esilarante Zia di Carlo “Donna Lucia de Alvadorez”.

Cinetatro Cavallera la compagnia in: “La zia di Carlo” 1973
Domenico Quaquro: in piedi, terzo da destra


Seguì nel 1975 un’altra commedia brillante di A.Durù e H. Chivot, “Lo Strattagemma d’Arturo” con Domenico protagonista nelle vesti di Leopoldo di Pontbrisé.
La consacrazione di Domenico, maschera popolare di tabarchinità, ci fu nel 1976, al cinema Mutua, con la prima commedia dialettale “Aua Cumandu mi” un’opera dell’autore genovese Mario Zucca.
Domenico alias Steva Pittaluga, offri una interpretazione travolgente mettendo in mostra tutte le sue capacità recitative, le sue infinite capacità espressive, le sue movenze, la padronanza della scena, ben coadiuvato da tutto il cast.

Domenico Quaquero, primo a destra, in “La zia di Carlo” 1973


Capacità recitative che si esaltavano con l’uso magistrale della lingua tabarchina, i modi dire popolari, i personaggi vari della cultura carolina dei carruggi citati qua e là in una galleria di situazioni e figure che strappavano applausi e risate a scana aperta, modificando perfino parti dello stesso copione per adattarle alle varie battute che Domenico, spesso spontaneamente, li per li, tirava fuori.
La grande qualità artistica di Domenico era semplicemente la sua naturale capacità di far coincidere la “maschera” con l’uomo.


E in questo possiamo ben dire che esiste una somiglianza col grande Giberto Govi, fors’anche con la maschera delle maschere il principe Antonio De curtis in arte Totò
Si perché il Domenico che recitava era lo stesso Domenico della vita di tutti i giorni, del Domenico allegro e burlone, del Domenico figlio di “Nicuccia”, la simpaticissima madre, del Domenico padre e marito, del Domenico amico di tutti e, in particolare, di tutti i suoi amici del Gruppo Teatrale.
Domenico insomma portava in scena l’anima allegra di Carloforte, quella più bella, quella tabarchinità fatta di dialetto, di rapporti umani pronti alla battuta ironica, di ciattezzi, di combricole, di caxiandre.
Dopo “Aua Cumandu mi” altri lavori confermarono il suo grande talento e per il Gruppo teatrale, successi e consensi da parte del vasto pubblico di Carloforte.

Domenico Quaquero in “U fre de lete” 1978


Lo ricordiamo in altri lavori sempre protagonista principale come “U frè de lete” (1978), ancora “La Zia di Carlo (1979), “Quel grand’uomo di papà” (1982), “Donne, danni, cèti e malanni (1984), “U matrimonniu diffissile” (1986), “Pittaluga o Sciaccaluga ?(1987), “Pesci Rusci” (1989), nuovamente “Aua Cumandu mi” (1991), e nel 1993 un altro grande successo “Quellu bunanima” in coppia con la bravissima Franca Salomone.

“Donne danni cèti e malanni” 1984


Nel 1994, il 4 ottobre, un lampo attraversò la vita di tutti gli amici di Domenico, la sua famiglia, tutto il suo pubblico; Domenico ci lasciava d’improvviso.
Scrive l’amico Mario Curcio nel libro “Anni di Teatro”: “Ma un destino crudele, assurdo, imprevedibile, ci riservava un’amarissima sorpresa: la morte di Domenico!….Rimanemmo esterrefatti, non riuscimmo a renderci conto, era troppo doloroso, inconcepibile. Domenico era per noi al di sopra del tempo, delle cose terrene, e, quindi, della morte……..Ci stringemmo attorno alla sua famiglia…..Ora li sentivamo come se fossero nostri figli. E loro avrebbero visto in noi, sempre in mezzo a noi il loro grande papà”.

Domenico Quaquero (secondo da destra) accanto all’amico di sempre
Mario Curcio (terzo da destra)

E così è stato. La parabola umana di Domenico si è conclusa quel giorno, ma la sua parabola artistica continua fulgida per tutti i ragazzi del Gruppo teatrale Don Ignazio Garau-Linetto Leone, ma, di più, per tutta Carloforte che mantiene nei confronti del nostro “Govi” una ammirazione immutata a oltre trent’anni dalla sua dipartita.

Al centro il figlio di Domenico Quaquero, Carlo, in una recente rappresentazione

Una parabola che oltre al ricordo vivo e presente, cammina sulle gambe di Carlo il figlio che ne ha preso, per così dire, il testimone umano e la verve comica. Domenico lo viviamo e lo sentiamo attraverso lui. Il suo modo di recitare, il suo timbro di voce ci portano a pensare che Domenico vive in lui, che continua a calcare le scene attraverso lui.

Domenico Quaquero in una scena tratta da: “PITTALUGA O SCIACCALUGA?” (edizione 1987)

Domenico non ci abbandonerà mai. E allora “sotto a chi tocca” a farci due risate con la nuova commedia dialettale nel segno del nostro grande amico ed artista.

Salvatore Volpe


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