
Oltre gli ostacoli: L’infanzia difficile di Anne Sullivan
Tra miseria, perdita e cecità: il coraggio silenzioso di una bambina destinata a cambiare il destino di un’altra

‘Oltre gli ostacoli‘ è una rubrica che racconta storie di chi ha trasformato una condizione inizialmente limitante in una forza. Persone che non si sono fermate davanti alle difficoltà, ma le hanno affrontate con coraggio, trovando modi nuovi per esprimersi, lavorare, vivere. Un viaggio tra vite che ispirano, capaci di andare oltre ciò che sembrava un confine invalicabile…
L’infanzia difficile di Anne Sullivan
Di Sara Piccardo
In molti, sicuramente, conoscono la storia di Helen Keller, scrittrice, insegnante e conferenziera sordocieca americana, la prima persona affetta da tale disabilità a conquistare una laurea negli Stati Uniti. Se la sua è senza dubbio una storia di abnegazione e resilienza, ancora più d’ispirazione è la biografia della sua mentore, Anne Sullivan, soprattutto per quanto riguarda i primi anni della sua esistenza.
Anne, infatti, a differenza di Helen, non poté contare sul benessere economico e sull’accudimento.
Nacque all’interno di una famiglia molto povera, i genitori erano immigrati dall’Irlanda a causa di quella che, a ragione, è passata alla storia come Grande Carestia. Era la prima di cinque fratelli, dei quali due morirono poco dopo la nascita.
Furono proprio le condizioni di indigenza della famiglia a causare la cecità di Anne, che a cinque anni contrasse il tracoma e a sette perse quasi del tutto la vista. Come se non bastasse, la madre, Alice, morì un anno dopo, lasciando Anne e i fratelli nelle mani di un padre irascibile e manesco. Questa difficile convivenza durò per circa due anni, poi il padre si disfece dei tre figli, affidando Mary a una zia e lasciando Anne e Jimmy in una sorta di ospizio in cui convivevano orfani, anziani, persone affette da disturbi mentali, insomma, un campionario di quelli che oggi chiameremmo “gli ultimi”. In tale struttura Jimmy perse la vita a causa delle squallide condizioni in cui gli “ospiti” venivano tenuti.
L’ospizio finì all’attenzione delle autorità a causa dei molteplici abusi che vi si perpetravano e in quella occasione Anne ebbe l’opportunità di svoltare. Sebbene non avesse mai imparato a leggere, sapeva dell’esistenza di scuole dedicate alle persone con deficit visivi e aveva capito che solo lo studio avrebbe potuto emendarla dalla condizione in cui aveva vissuto fino a quel momento. Grazie alla sua determinazione, intercettò Franklin Sanborn, la persona che dirigeva le ispezioni nell’ospizio, e tanto disse e tanto fece che lo convinse a farla ammettere alla Perkins School, il primo istituto votato all’istruzione di non vedenti e ipovedenti.
Naturalmente, neanche alla Perkins mancarono le sfide e i problemi, soprattutto a causa del carattere forte di Anne e della sua insofferenza verso le regole. Ma dal momento del suo ingresso nella scuola la sua vita ricevette l’impulso di cui aveva bisogno per sviluppare le molte doti che possedeva e che fino a quel momento non avevano potuto fiorire. Ce lo dimostra il fatto che, pur avendo iniziato la scuola a un’età relativamente avanzata (circa quattordici anni), fu proprio lei a risultare la migliore della sua classe nell’anno del diploma e a tenere il discorso di fine anno.
Da qui in poi la vicenda è nota: alla giovane Anne Sullivan viene affidata l’istruzione di Helen Keller, che grazie a questa insegnante tenace e mai rinunciataria otterrà risultati a dir poco strabilianti.
A mio parere, però, è sulla prima parte della vita di Anne che si deve puntare il faro, proprio per le condizioni di partenza che definire sfavorevoli è alquanto riduttivo. Eppure, un carattere bello tosto e un’occasione da cogliere sono bastati a questa giovane irlandese trapiantata in America per diventare “Anna dei miracoli”, per dirla con il titolo del film che racconta la sua biografia.
Sara Piccardo