Mar. Lug 8th, 2025

Femminicidi: Il ‘possesso’ mascherato da ‘amore’ e l’incultura del rifiuto

Sconfiggere la violenza di genere richiede un cambio culturale profondo, che parta dall’educazione al rispetto reciproco e alla gestione del rifiuto.

Ogni anno, il nostro paese è testimone di tragedie che non possiamo più ignorare. La violenza di genere, con il femminicidio come sua espressione più cruenta, continua a mietere vittime innocenti, spesso giovanissime, e in un silenzio che non possiamo più permetterci. Nel 2025, solo nei primi mesi dell’anno, sono già undici le donne uccise, e i loro nomi si aggiungono a una lunga lista che non sembra arrestarsi. La morte di Sara Campanella e Ilaria Sula, due ragazze piene di vita, spezzate dalla violenza di uomini che avevano scelto di sfogare su di loro il loro senso di possesso, è solo l’ultimo, tragico esempio.

Questi omicidi non sono episodi isolati, ma la manifestazione più estrema di una mentalità che considera l’altro come un oggetto da possedere, piuttosto che un individuo da rispettare. Il femminicidio non nasce da un impulso improvviso o da una crisi passeggera, ma da un percorso di disumanizzazione, dove l’amore diventa pretesto per giustificare un dominio sull’altro. Un uomo che uccide una donna non la ama, la annienta, la cancella, e lo fa con il pretesto che, in qualche modo, le appartenga. Questo atteggiamento pericoloso nasce dal mancato rispetto per la persona, da un’idea distorta di possesso che è culturalmente radicata in una parte della società.

A alimentare questa piaga non è solo la solitudine di chi soffre in silenzio, ma la cultura del rifiuto che viene sistematicamente trascurata. Non siamo abituati a educare i giovani – uomini e donne – al concetto di “rifiuto”. Il rifiuto, soprattutto in ambito amoroso, è un atto naturale e legittimo, ma troppo spesso viene vissuto come un affronto, come un’offesa che va vendicata, piuttosto che un semplice momento di crescita e di comprensione reciproca. Le difficoltà e i rifiuti fanno parte della vita, ma quando non si impara a gestirli, si genera frustrazione, rabbia, e spesso, violenza.

Non è un caso che spesso, dietro a storie di femminicidi, si nascondano situazioni in cui la donna ha cercato di interrompere una relazione, di separarsi, di fuggire da un legame che non la rappresentava più. Questi uomini, incapaci di accettare il rifiuto, non vedono nell’altra persona una pari, ma un bene da non perdere, e reagiscono in modo estremo, perché il loro concetto di amore è, appunto, un possesso malato.

Se vogliamo davvero fermare questa piaga, dobbiamo partire dall’educazione. Dobbiamo insegnare fin da giovani che l’amore non è possesso, che il rispetto reciproco è la base di ogni relazione, e che il rifiuto non è un crimine, ma una parte naturale e sana della vita. Non possiamo più chiudere gli occhi davanti a queste tragedie, non possiamo più permetterci di accettare che un uomo creda di poter “legittimare” la sua rabbia con un gesto estremo.

La violenza sulle donne non è solo una questione di giustizia, ma un problema culturale, sociale, e educativo. È il momento di agire, di insegnare il rispetto, e di abbattere la cultura del possesso mascherata da amore. Ogni donna ha il diritto di vivere liberamente, senza paura, e ogni uomo ha il dovere di imparare a vivere questa libertà nel rispetto dell’altro.

Antonello Rivano

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