
L’umanizzazione dell’economia secondo Papa Francesco
Jorge Mario Bergoglio e il suo lascito per la sfida di un’economia con l’anima
[Di Massimo Bramante]
Chi è l’economista? J. M. Keynes (1883-1946) risponderà così: “È colui che studia il presente alla luce del passato in vista del futuro… Nessuna parte della natura e dell’uomo o delle sue istituzioni deve sfuggire alla sua attenzione”.
Per Keynes, dunque, l’economista non è solo un abile tecnico conoscitore/dominatore di statistiche, matematica, storia, diritto, ma uno studioso sempre attento alle dimensioni ed implicazioni delle scelte economiche operate oggi, in vista del futuro, da istituzioni, governi, nonché singoli individui (imprenditori e/o lavoratori/consumatori).
Amartya Sen – anch’egli economista, insignito del premio Nobel nel 1998 – andrà oltre l’icastica definizione di Keynes, dimostrando ad esempio che (come storicamente avvenuto nel Bengala nel 1974) le carestie che provocano milioni di morti non derivano tanto – come sostenuto da molti economisti – da oggettiva mancanza di cibo, bensì da rapporti sociali spezzati, atavica disoccupazione, comunicazione inadeguata, eclissi della solidarietà tra individui.
Ormai da anni, inoltre, esiste una larga e robusta evidenza empirica che mostra come, anche in economia, una costruttiva “vita relazionale” (passare dalla fredda razionalità dell’io alla feconda reciprocità del noi) permette il raggiungimento sia del benessere soggettivo (l’eudaimonia di Aristotele, fioritura umana) che di quello oggettivo (ne parla con estremo acume Luigino Bruni in Reciprocità – Dinamiche di cooperazione, economia e società civile, 2006).
Così come esiste una larga e robusta evidenza empirica che dimostra la fallacia del pensiero economico neoconservatore secondo cui “una marea che sale solleva tutte le barche” (trickle-down effect): nella realtà non è per nulla assodato che della ricchezza prodotta, prima o poi, ne beneficino tutti, anche i poveri, anche il Sud del mondo.
Papa Francesco non è stato un economista ma il suo incessante invito ad umanizzare l’economia, a rendere realmente vivibile per tutti quella “casa comune” chiamata Terra, è risultato dirompente. Nessuna parte dell’uomo, della natura, delle istituzioni è sfuggita alla sua attenzione.
A partire dalle encicliche Evangelii gaudium, Laudato si’, Fratelli tutti, fino ad arrivare ad Assisi 2020: il video-messaggio ai giovani di Economy of Francesco. Un accorato invito che è proseguito con gli incessanti richiami a combattere la teoria/pratica dello “scarto” degli esseri umani e delle cose prodotte.
Un messaggio straordinario e, sotto più aspetti, “rivoluzionario”. Papa Bergoglio, sulle orme tracciate secoli prima da Francesco, il poverello di Assisi, dirà: “Ogni sforzo per curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di combattere gli stili di vita, i modi di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono la società”.
Questa la sua “rivoluzionaria” proposta: anche in economia e finanza formare nuove e più responsabili coscienze e competenze, ripensare ed umanizzare sistemi e processi economici ignari del “bene comune”, chiudere con la vecchia economia e “dare un’anima a quella futura”.
L’economia, una certa economia, è purtroppo malata da sempre. Ha smarrito le sagge preoccupazioni delle origini (già Aristotele, nella Politica, aveva stigmatizzato come “gli uomini si preoccupano di vivere ma non di vivere bene; e siccome i loro desideri si stendono all’infinito, anche all’infinito bramano mezzi per appagarli”).
Papa Francesco avverte e ci avverte con estrema determinazione, nei suoi scritti, nelle sue parole e non certo da ultimo nel suo agire quotidiano tra e con la gente, che l’uomo non è solo bisogni materiali, costi, consumi, ricchezza prodotta e consumata egoisticamente…
Nell’Economy of Francesco l’obiettivo esplicito e con mirabile chiarezza esplicitato è questo: “Avviarsi a quel processo di cambiamento globale dell’economia che veda in comunione di intenti non solo quanti hanno il dono della fede, ma tutti gli uomini di buona volontà, al di là delle differenze di credo e nazionalità”.
È il concetto salvifico di kerigma richiamato nella Evangelii gaudium. Se vogliamo – è l’accorato grido del pontefice – todos, todos, todos; nessuno va escluso. Discernimento. Integrazione. Papa Francesco la chiamerà “lotta alla globalizzazione dell’indifferenza”.
Lotta a un’economia priva di anima, che ha smarrito le sue originali funzioni di servizio a uomini e donne, e dove uomini e donne sono ridotti spesso, troppo spesso, a effimeri bisogni, costi per l’impresa, schiavi nei campi, e dove il denaro è adorato come un feticcio.
Un’economia spesso, troppo spesso, fredda razionalità e troppo poco relazionalità.
Superare l’ottusa e nefasta cultura dell’usa-e-getta. Una ottusa e nefasta cultura che vede (dati FAO) gettare in un anno nella spazzatura 931 milioni di tonnellate di cibo, il 39% della produzione agricola dispersa così nel nulla (lo documenta con estrema chiarezza l’economista Alessandra Smerilli in Il nostro pane quotidiano – Per un’economia solidale e sostenibile, 2021).
Una ottusa e nefasta cultura che vede (dati Save the Children e UNICEF Int.) 160 milioni di minori tra i 5 e 17 anni nelle maglie dello sfruttamento lavorativo, di cui 79 milioni che svolgono lavori letali per la loro salute e sopravvivenza.
Umanizzare l’economia e umanizzare il lavoro: uno dei numerosi e luminosi lasciti del nostro Papa Francesco.
Massimo Bramante