Sab. Dic 7th, 2024

LETTERE ALL’ ITALIA: FESTE IN ROSSO.

Spett.le Sig.ra Italia,

anche questa volta le feste sono andate e tutto ritorna nella norma, anche se è tanto difficile parlare di normalità in questi tempi bui.

 Nelle sue città, per le sue strade, vengono spente le luminarie e tolte luci e addobbi dalle vetrine, vetrine che in molti casi verranno ricoperte da una saracinesca che non si rialzerà. 

Cara signora, purtroppo come da qualche tempo, alla fine dell’anno fiscale, molti piccoli negozi chiuderanno perché soffocati dalla grande distribuzione, da internet, da troppe tasse e cavilli vari, molti non ce la faranno a sostenere i loro conti in rosso. Già, il rosso, un rosso che ha caratterizzato queste feste passate da poco, non il rosso bello del Natale, dei fiocchi dei pacchi regalo, delle palle degli alberi nelle case, non il rosso degli abiti femminili da sera o dei papillon maschili, dei cenoni di capodanno o quello scaramantico dell’intimo di fine anno.

No mia bellissima signora! Il rosso di cui parlo è quello del sangue delle vittime di assurdi incidenti stradali ma anche quello dei suoi ghiacciai, dove i detriti hanno preso il posto del ghiaccio, ghiacciai che si sono ritirati sempre più in alto, come a voler fuggire alla follia autodistruttiva dell’uomo. 

Rosso come il cielo inquinato di Taranto, che deve barattare posti di lavoro con la salute di bambini e adulti, o il rosso dei fanghi industriali di una discarica vicino al mio paese natale, discarica che è già bomba ecologica ma che vogliono ampliare, per far ripartire un’industria che tanti danni ha fatto, anche qua “per non perdere ulteriori posti di lavoro” in una delle provincie più povere del suo territorio…mia cara Signora.

Rosso come il disavanzo di Alitalia che non si sa ancora che destino avrà e in quanti perderanno il posto di lavoro.

Intanto piovono bombe al di là di suoi confini, ma non tanto lontano, e allora ecco altro rosso, altro sangue che probabilmente ne richiamerà altro.

Rosso è il cielo dell’Australia, rosso fuoco questa volta, distante ma parte di questo martoriato pianeta.

Ma siamo un popolo gioioso, il suo popolo mia magnifica Signora, perciò non ci disperiamo, facciamo finta che tutto vada bene, che tutto questo “rosso” non ci riguardi, e discutiamo sul fatto che l’ultimo film di Zalone sia politicamente corretto e faccia ridere oppure no. Ci interroghiamo su chi sia giusto vada al Festival di San Remo e se sia ancora il “Festival della canzone Italiana”. E intanto cantiamo una canzone del passato, senza renderci conto che il passato non esiste più e il futuro potrebbe non esserci mai.

Con rispetto e infinito affetto Suo

ANTONELLO.

Antonello Rivano

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