“Parole pubbliche e memorie private – L’antifascismo militante a Roma negli anni Settanta”
“Parole pubbliche e memorie private – L’antifascismo militante a Roma negli anni Settanta” è un libro di Jessica Matteo, edito nel 2020 da Polis SA Edizioni ad iniziativa dell’Istituto Galante Oliva, con prefazione di Francesca Socrate.
Recensione di Nicoletta Lamberti
“Questo libro è la pubblicazione della tesi magistrale dell’autrice, Jessica Matteo, che risale al 2013, aggiornata qui solo nella bibliografia: a distanza di sette anni da allora, Parole pubbliche e memorie private conserva tutto il suo senso storiografico proprio per la capacità con cui circoscrive il fenomeno dell’antifascismo militante, ne definisce i confini, e ricostruisce le specificità e le dinamiche temporali delle sue pratiche e delle sue motivazioni ideologiche, i suoi richiami al mito resistenziale e la sua determinante connotazione territoriale.”
Jessica Matteo ha vinto la I EDIZIONEdel “PREMIO GALANTE OLIVA” alla “Sezione Tesi” con la tesi di Laurea in Storia Contemporanea “L’antifascismo militante a Roma, 1970 – 1976: parole pubbliche e memorie private” redatta nell’anno accademico 2012/2013.
“La tesi magistrale è stata l’occasione per continuare l’indagine sul tema dell’antifascismo, infatti mi interessava addentrarmi in un decennio di cui non sapevo nulla e che all’università non veniva quasi mai trattato: gli anni Settanta, appunto!”
L’autrice tratta l’“antifascismo militante” limitando l’analisi agli anni fra il 1970 e il 1976 e cioè il periodo intercorrente tra le bombe di piazza Fontana e l’entrata in scena del Movimento del ’77. La pratica antifascista, certamente, non è circoscritta a questo arco temporale!
Nel giornale “Lotta Continua”, infatti, l’espressione “antifascismo militante” compare la prima volta in un numero del novembre 1970; dopo il 1976, le organizzazioni della sinistra extraparlamentare continuano a scontrarsi con quelle neofasciste, ma – con i cambiamenti dei gruppi – la lotta antifascista si carica di altri significati.
Jessica Matteo ha utilizzato quale fonte “scritta” della ricerca a Roma, negli anni compresi tra il 1970 ed il 1976, il giornale “Lotta Continua” (prima quindicinale, poi quotidiano, dalla cui consultazione emerge “una forma di ossessione, quasi, nei confronti del problema fascista”) ed “un corpus di fonti orali” costituite da 13 interviste a persone nate tra il 1943 ed il 1958.
“Per provare ad affrontare questa questione ho interrogato fonti storiche di natura diversa: la fonte scritta, il giornale “Lotta Continua”, dà una narrazione coeva agli avvenimenti studiati; la fonte orale, il corpus di interviste agli ex militanti, mette in gioco due tempi della narrazione, quello degli avvenimenti (gli anni Settanta) e quello del racconto (il 2013, l’anno in cui ho condotto le interviste). L’incrocio di queste due fonti è stato prezioso ed ha reso possibile l’emergere di alcune caratteristiche proprie dell’“antifascismo militante”: il ruolo centrale del territorio, l’uso del paradigma partigiano nella costruzione dell’identità antifascista e il complesso racconto della violenza agita.”
Il giornale “Lotta Continua” dedicava ampio spazio alla lotta antifascista, alla “teorizzazione della violenza” ed alla narrazione degli scontri con gli squadristi! “Lotta Continua” era anche un’organizzazione che ha avuto un ruolo essenziale nell’evoluzione – anche verso la violenza – dell’antifascismo militante.
“Certamente il gruppo “Lotta Continua” ha avuto un ruolo nell’affermazione dell’“antifascismo militante”, non solo con gli articoli del suo giornale, ma anche e soprattutto con la sua forte presenza e attività politica sul territorio. Una parte delle persone che ho intervistato militava in “Lotta Continua” e mi ha raccontato che la lotta antifascista era centrale per l’organizzazione. “
“Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, il territorio, in ogni quartiere, da quello borghese a quello proletario, si copre di sedi della sinistra extraparlamentare, da un lato, e del Movimento Sociale Italiano, che raccoglie gli elementi dell’estrema destra, dall’altro.”
“Non è un caso che due episodi, una sorta di prologo ed epilogo della storia della guerra civile tra antifascisti e neofascisti a Roma, siano avvenuti proprio nell’università La Sapienza.”
L’autrice ha analizzato l’antifascismo militante, fenomeno comunque nazionale, ed il quotidiano scontro tra neofascisti e antifascisti militanti, nella città di Roma, in particolare nell’area Nord! Tale situazione viene riportata sul giornale “Lotta Continua”, poiché la maggior parte degli articoli sulle azioni dei militanti rivoluzionari, o da questi subite, sono relativi a Roma.
Le città erano i teatri dello scontro e Roma era uno dei principali: nel corso degli anni Settanta si sono susseguiti una serie di episodi chiave e periodizzanti per la storia dell’“antifascismo militante”, come l’incendio della casa del segretario della sezione missina del quartiere di Primavalle, Mario Mattei (conseguenza di un’azione di militanti di Potere Operaio, incendio che portò alla morte di due dei suoi figli, uno dei quali aveva otto anni) o l’uccisione di Walter Rossi (entrambi avvenuti nell’area Nord della capitale).
“Un primo gruppo riguarda i nati tra il 1943 e il 1951, che negli anni considerati frequenta già l’università, e seconda generazione quella degli intervistati – dieci – nati tra il 1953 e il 1958, che, invece, vive l’esperienza antifascista principalmente durante gli anni di scuola superiore.”
Ciascun gruppo di militanti di Lotta Continua, Autonomia Operaia e Potere Operaio attribuivano all’antifascismo un significato differente! Le interviste ai giovani, di allora, militanti nella sinistra extraparlamentare cittadina – diversamente dal giornale scritto – che hanno praticato l’antifascismo hanno consentito di proporre una narrazione diversa rispetto al giornale “Lotta Continua”.
“Inoltre, la fonte orale ha una natura intersoggettiva: il racconto che si costruisce durante l’intervista, momento unico e irripetibile, non esiste prima del dialogo fra intervistato e intervistatore che in quell’incontro mettono in gioco le proprie soggettività.”
“La conseguenza di tale atteggiamento informativo, che era alla base del lavoro di controinchiesta di “Lotta Continua”, è la teorizzazione della necessità dell’uso della forza, quindi la sua legittimazione, in quanto unica risposta considerata efficace contro la violenza dello Stato.”
“Contrariamente allo squadrismo appena descritto e con cui gli antifascisti si scontrano materialmente, i fascisti protagonisti della ‘strage di stato’ sono di un altro livello, non hanno una presenza fisica, in generale, nei luoghi della pratica antifascista della nuova sinistra, e, in particolare, a Roma. Le cellule neofasciste che hanno partecipato alla strage di piazza Fontana sono identificate, conosciute, per questo denunciate dal giornale, ma non sono un bersaglio da poter colpire con la propria azione militante perché sono assenti dal terreno di scontro.”
Nel libro di Jessica Matteo l’analisi delle “stragi di Stato” – che hanno avuto un ruolo importante sia per l’opinione pubblica che per i militanti antifascisti e neofascisti – lascia spazio all’indagine sugli scontri “territoriali” che riguardavano più che altro la difesa degli spazi e dell’incolumità fisica ed avvenivano fra militanti politici di schieramenti opposti, non contro gli apparati dello stato o contro i civili.
Nicoletta Lamberti
Informazioni e ordini presso il sito dell’editore: https://www.edizionipolis.it/index.php?id_product=38&controller=product&id_lang=2
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